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Nonostante io fossi convinto del contrario.

«Ecco che cosa che mi piacerebbe sapere, Mike. Ti è apparso lo spettro della ragazza del Castello del Brivido? È stata lei a sistemarsi sul tuo letto?»

Il ragazzino sgranò gli occhi. «Oh, no di certo! Lei se ne è andata. Quando succede, non credo ritornino più. Era un uomo.»

Nel 1991, appena dopo aver compiuto sessantatré anni, mio padre fu vittima di un brutto infarto. Rimase una settimana all’ospedale centrale di Portsmouth e poi venne rispedito a casa. Gli fu intimato di rispettare un’alimentazione sana, di perdere dieci chili e di eliminare il suo adorato sigaro di fine serata. Papà si rivelò uno dei rari pazienti che seguono alla lettera i consigli dei medici, e mentre sto scrivendo è ancora vivo, ha ottantacinque anni ed è in buona salute, a parte la vista offuscata e un’anca che fa i capricci.

Nel 1973, le cose andavano diversamente. Secondo il mio assistente ricercatore, ovvero Google Chrome, a quei tempi il ricovero medio durava due settimane: la prima in terapia intensiva, la seconda nell’unità di riabilitazione cardiologica. Eddie Parks superò bene la fase iniziale e stava per essere trasferito al piano di sotto, mentre Mike si godeva il suo giro a Joyland del martedì. Proprio in quel momento, Parks fu colpito da un secondo infarto. Morì mentre veniva trasportato in ascensore.

«Che ti ha detto?» chiesi al ragazzino.

«Che dovevo svegliare la mamma e farla andare subito al parco, altrimenti un uomo cattivo ti avrebbe ammazzato.»

L’avvertimento era giunto a destinazione mentre ero ancora al telefono con Lane, nel salotto della signora Shoplaw? Non molto dopo, in ogni caso, o Annie non mi avrebbe mai raggiunto in tempo. Provai a domandarlo a Mike, che però non ne aveva idea. Non appena lo spettro se ne andò (lui usò esattamente quell’espressione; il fantasma non sparì, non attraversò la porta o non volò via dalla finestra, ma semplicemente se ne andò),il ragazzino schiacciò il pulsante dell’interfono di fianco al letto. Quando la madre rispose, lui esplose in urla.

«Basta così», intimò Annie con un tono che non ammetteva repliche. Era dritta davanti al lavello, le mani sui fianchi.

«Mamma, non mi dà fastidio, sul serio», replicò il figlio tra i colpi di tosse.

«Ha ragione lei», intervenni. «Finiamola qui.»

Quel vecchio burbero di Eddie era apparso a Mike perché gli avevo salvato la vita? Ne dubito, anche se è difficile capire le ragioni di Coloro Che Oltrepassano La Soglia. Era un’espressione di Rozzie: l’uso delle maiuscole si intuiva dal suo atteggiamento, con tanto di palmi sollevati all’insù. Eddie riuscì a resistere solo una settimana e sicuramente non passò i suoi ultimi giorni ai Caraibi, coccolato da bellezze in topless, però…

Però io ero andato a trovarlo; l’unico, forse al di là di Freddie Dean. Gli avevo persino portato una foto dell’ex moglie. Sicuro, lui l’aveva definita una brutta puttana traditrice solo brava a lamentarsi, e forse non aveva torto, ma almeno mi ero impegnato. Alla fine, anche lui aveva fatto un piccolo sforzo, chissà per quale motivo.

Mentre ci dirigevamo verso l’aeroporto, Mike fece capolino dal sedile posteriore. «Vuoi sapere un particolare buffo, Dev? Lo spettro dell’altra notte non ti ha mai chiamato per nome, ma sempre ‘bamboccio’. Probabilmente sapeva che ero in grado di capire a chi si riferisse.»

Già, probabilmente.

Quel gran coglione di Eddie Parks.

Tutto ciò accadeva tanto ma tanto tempo fa, in un anno magico quando il petrolio veniva ancora venduto per undici dollari al barile. L’anno in cui mi ritrovai con il cuore infranto. In cui persi la verginità. In cui salvai una bella bambina da morte sicura per soffocamento e un vecchiaccio sgradevole da un infarto… o almeno dal primo. L’anno in cui uno psicopatico quasi mi ammazzò in cima a una ruota panoramica. In cui volevo vedere un fantasma e non ce la feci… comunque uno spettro di sicuro si accorse di me. Quello fu anche l’anno in cui imparai a parlare una lingua misteriosa e a ballare l’hokey pokey travestito da cane. E in cui scoprii che esistono cose peggiori di venire scaricato da una ragazza.

L’anno in cui ero ancora un ventunenne e un completo pivello.

Non posso lamentarmi della vita che mi è toccata in sorte da allora, ma spesso mi accorgo di odiare il mondo. Dick Cheney, il prode sostenitore delle torture inflitte ai prigionieri di guerra e strenuo difensore del sacro assioma secondo cui «a contare sono solo i risultati», ha ricevuto in regalo un cuore nuovo di zecca proprio mentre sto scrivendo le righe che avete davanti. E dunque? E dunque lui continua a campare, mentre altri sono morti. Gente piena di talento tipo Clarence Clemons. Geniale come Steve Jobs. O semplicemente degna di rispetto come il mio vecchio amico Tom Kennedy. In genere ci si fa il callo. Ne siamo costretti. Come ha argutamente sottolineato W.H. Auden, la signora con la falce porta via con sé chi vive nell’agiatezza, chi ha un impagabile senso dell’umorismo e chi ce l’ha davvero lungo. Però, a essere precisi Auden inizia il suo elenco con chi possiede l’innocenza della fanciullezza.

Un particolare che ci riporta a Mike.

Quando tornai all’università per il semestre di primavera, andai ad abitare in una topaia fuori dal campus. Una sera gelida di fine marzo, mentre ero impegnato a cucinare un piatto cinese per me e la ragazza di cui allora ero innamorato perso, squillò il telefono. Scherzai come al solito: «Qui è Buckingham Palace, Devin Jones in linea».

«Dev? Sono Annie Ross.»

«Annie! Accidenti! Un attimo che abbasso la radio.»

Jennifer, la tipa di cui andavo matto, mi lanciò uno sguardo incuriosito. Io le strizzai l’occhio, le sorrisi e ripresi in mano il ricevitore. «Ti prometto che arriverò due giorni dopo l’inizio delle vacanze di Pasqua. Comprerò il biglietto il prossimo fine…»

«Dev, smettila.»

Colsi il suo tono tristemente rassegnato e la gioia di sentirla si trasformò in angoscia. Appoggiai il capo al muro, chiudendo gli occhi. In realtà avrei voluto tapparmi l’orecchio accostato alla cornetta.

«Mike è morto ieri sera, Dev. Lui…» Per un secondo le tremò la voce, ma poi si riprese. «Gli è salita la febbre due giorni fa e il medico ci ha consigliato di ricoverarlo in ospedale. Giusto per sicurezza, ha aggiunto. Ieri sembrava sentirsi meglio. Tossiva di meno. Guardava la televisione seduto nel letto. Chiacchierava di un importante torneo di pallacanestro. Poi, di sera…» Si fermò. Cercava di non perdere il controllo e le mancava il respiro. Anch’io mi sforzai, ma erano già partite le lacrime. Erano calde, quasi bollenti.

«È successo all’improvviso», continuò. Poi, in un sussurro che sentii appena: «Mi si sta spezzando il cuore».

Mi accorsi della mano sulla spalla. Era quella di Jennifer. Ci appoggiai sopra la mia. Mi chiesi chi ci fosse a Chicago per confortare Annie.

«Tuo padre è lì?»

«È a Phoenix per una delle sue solite crociate. Verrà domani.»

«E i tuoi fratelli?»

«George adesso è accanto a me. Phil dovrebbe arrivare con l’ultimo volo da Miami. George e io siamo… in quel posto… Sai, dove li… Non riesco a guardare. Anche se è stato lui a volerlo.» Era scoppiata a piangere. Non avevo idea di che diavolo stesse parlando.

«Annie, dimmi che posso fare. Qualsiasi cosa. Qualsiasi.»

E lei lo fece.

La mia storia si conclude in un giorno di sole dell’aprile del 1974, su quel breve tratto di spiaggia della Carolina del Nord che si stende tra la città di Heaven’s Bay e Joyland, un parco divertimenti che avrebbe chiuso due anni più tardi. I grandi colossi del divertimento lo costrinsero a fallire, nonostante gli sforzi per salvarlo di Fred Dean e Brenda Rafferty. Si conclude con una donna bellissima in un paio di jeans scoloriti e un ragazzo ormai cresciuto con una felpa dell’Università del New Hampshire. Lui stringe qualcosa in mano. Accucciato alla fine della passerella con il muso appoggiato sopra una zampa, un Jack Russell terrier che sembra avere perso la vivacità di un tempo. Sul tavolo da picnic, dove la donna una volta serviva deliziosi frullati di frutta, c’è un’urna di ceramica. Somiglia a un vaso senza un mazzo di fiori. La mia storia non si conclude lì dove è iniziata, ma all’incirca.