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«Mi hai salvato la vita», dichiarai. «Adesso assicuriamoci che non capiti niente a te o a Mike per quello che hai fatto. Ascoltami molto attentamente.»

Mi obbedì.

Una settimana dopo, il bel tempo ritornò a Heaven’s Bay per un ultimo saluto. Ideale per un pranzo alla fine della passerella della dimora vittoriana; peccato che fosse impraticabile. Cronisti e fotografi l’avevano cinta d’assedio, dato che la spiaggia non era proprietà privata, a differenza dell’ettaro di terreno che circondava la villa. La storia di come Annie avesse ucciso con un colpo solo Lane Hardy (ormai soprannominato per l’eternità il Killer Del Parco) aveva fatto il giro della nazione.

Non che i titoli dei giornali fossero tremendi. Tutto il contrario. Lo Star-News di Wilmington spianò la strada con LA FIGLIA DEL PASTORE BUDDY ROSS AMMAZZA IL KILLER DEL PARCO. Il New York Postfu più succinto: UNA MAMMA EROICA! Con tanto di foto d’archivio che ritraevano una giovanissima Annie non solo bella, ma addirittura rovente. Inside View,ai tempi il tabloid scandalistico più diffuso, uscì addirittura con un’edizione speciale. Avevano scovato un’immagine di Annie appena diciassettenne, scattata a Camp Perry dopo un torneo di tiro. In jeans aderenti, maglietta dell’NRA e stivaloni da cowboy, se ne stava fiera con una doppietta Purdey piegata sul braccio e un nastro azzurro stretto in mano. Di fianco a lei che sorrideva raggiante, una foto segnaletica di Lane Hardy a ventun anni, dopo essere stato arrestato a San Diego per esibizionismo sotto il suo vero nome, Leonard Hopgood.

Il contrasto tra le due immagini era stupefacente. Titolo: LA BELLA E LA BESTIA.

Essendo anch’io una figura eroica, ma di secondo piano, venni citato nelle pubblicazioni della Carolina del Nord, ma in quasi nessun giornale diffuso nei supermercati. Forse non ero abbastanza attraente.

A sentire Mike, avere una mamma eroica era una vera figata. Annie detestò quell’inutile clamore, aspettando che la stampa si dedicasse alla nuova notizia del giorno. Aveva già avuto montagne di pubblicità gratuita quando era salita agli onori della cronaca quale giovane figlia ribelle di un famoso predicatore, nota per ballare sui banconi di parecchi locali malfamati del Village. Si rifiutò di concedere interviste e organizzammo il nostro picnic d’addio nella cucina della villa. Eravamo in cinque, con Milo sotto il tavolo a mendicare avanzi e Gesù appoggiato alla sedia per gli ospiti. Poco importava che fosse solo un’immagine sul davanti dell’aquilone di Mike.

I bagagli erano nell’entrata. Finito di mangiare, li avrei accompagnati in auto all’aeroporto di Wilmington. Un jet privato gentilmente offerto dalla società Buddy Ross Inc. li avrebbe portati a Chicago e lontano da me. Le autorità di Heaven’s Bay avevano sicuramente altre domande in serbo per Annie, per non parlare della polizia di Stato della Carolina del Nord e forse addirittura dell’FBI, e probabilmente avrebbe dovuto testimoniare davanti a un gran giurì, ma se la sarebbe cavata alla grande. Era la mamma eroica, e grazie alla penna pubblicitaria della catena Kroger scovata in fondo al cassetto del furgone, sul Postnon sarebbe mai comparsa una foto di Mike sotto il titolo: UN MEDIUM EROICO!

La nostra storia era semplice ed eravamo riusciti a lasciare fuori il ragazzino. In poche parole, mi ero interessato all’omicidio di Linda Gray perché si favoleggiava che il suo fantasma infestasse il tunnel dell’orrore di Joyland. Mi ero servito dell’aiuto di Erin Cook, un’amica con il pallino delle ricerche in biblioteca e mia collega di lavoro durante l’estate. Le fotografie di Linda Gray e del suo assassino mi avevano fatto venire in mente qualcuno, ma solo dopo la gita di Mike al parco ero stato colpito da un’illuminazione. Prima che contattassi la polizia, Lane Hardy mi aveva telefonato, minacciando di uccidere i Ross se non mi fossi precipitato a Joyland. Era grosso modo la verità, al di là di una piccola, innocua bugia. Raccontai di avere conservato il numero di Annie, per poterla avvertire se fosse cambiata la data della visita di Mike. Mostrai il biglietto da visita al detective incaricato del caso, che lo degnò appena di uno sguardo. Aggiunsi di avere chiamato Annie dalla casa della signora Shoplaw prima di partire per Joyland, raccomandandomi che sprangasse tutte le porte, avvisasse i poliziotti e non si muovesse dalla villa. Lei aveva seguito solo il primo consiglio, temendo che Hardy mi avrebbe ammazzato all’istante se avesse visto i lampeggianti blu delle forze dell’ordine. Così, aveva tirato fuori dalla cassaforte uno dei fucili, seguendo Lane con i fari spenti e sperando di coglierlo di sorpresa, come in effetti era avvenuto. Proprio una mamma eroica, niente da dire.

«Come l’ha presa tuo padre?» mi domandò Annie.

«Mi ha giurato che è disposto a venire da te a Chicago per lavarti a vita tutte le auto.» Lei scoppiò a ridere, ma papà l’aveva affermato sul serio. «È a posto. Il prossimo mese tornerò nel New Hampshire. Passeremo insieme il giorno del Ringraziamento. Fred mi ha pregato di non tagliare la corda prima di allora, per aiutarlo a sistemare il parco in vista dell’inverno, e ho accettato. Mi servono i soldi.»

«Per l’università?»

«Sì. Credo che mi ripresenterò per il semestre di primavera. Mio padre mi sta inviando un modulo di reiscrizione.»

«Bene. Quello è il tuo posto, non qui a ridipingere le giostre e cambiare le lampadine di un parco giochi.»

«È vero che ci verrai a trovare a Chicago?» chiese Mike. «Prima che cominci a sentirmi troppo male?»

Annie sembrò a disagio, ma non aprì bocca.

«Certo», risposi, indicando l’aquilone. «Altrimenti come farei a restituirtelo? Mi hai detto che è solo un prestito.»

«Magari conoscerai mio nonno. A parte la fissa per Gesù, è un tipo tosto.» Lanciò alla madre un’occhiata in tralice. «O almeno io penso che lo sia. In cantina tiene un fantastico plastico ferroviario.»

«Temo che non gli farebbe piacere vedermi, Mike. A momenti ficcavo tua mamma in un mare di guai.»

«Capirà che non è stata colpa tua. Non hai scelto tu di lavorare con quel tizio.» Il ragazzino aggrottò la fronte. Posò il tramezzino, prese un tovagliolo e ci tossì dentro. «Il signor Hardy sembrava una persona tanto gentile. Ci ha portato sulle giostre.»

Un sacco di ragazzine la pensavano allo stesso modo, mi dissi. «Non hai avuto uno strano… presentimento quando l’hai incontrato?»

Mike scosse il capo, continuando a tossire. «No. Mi è piaciuto subito. E credo che anch’io gli fossi simpatico.»

Mi tornò in mente Lane sulla ruota, mentre dava a Mike del piccolo storpio.

Annie gli appoggiò una mano sul collo sottile come un grissino. «Certa gente non mostra mai il suo vero volto, tesoro. A volte capisci che indossa una maschera, ma non sempre. Anche le persone capaci di particolari intuizioni rischiano di restare ingannate.»

Ero venuto per pranzo, per accompagnarli all’aeroporto e salutarli, ma esisteva anche un altro motivo. «Ho bisogno di farti una domanda, Mike. Riguarda il fantasma che ti ha svegliato, avvisandoti che mi trovavo al parco in pericolo di vita. Tutto a posto? Ti ha messo a disagio?»

«No, ma non è come in TV. Non ho visto nessuna sagoma trasparente che galleggiava nell’aria ululando. Ho alzato la testa e lo spettro era lì, seduto sul mio letto quasi fosse di carne e ossa.»

«Perché non cambiate argomento?» intervenne Annie. «Forse lui non si spaventa ma io sì.»

«Un’ultima domanda e poi lascio perdere.»

«D’accordo.» Iniziò a sparecchiare.

Martedì avevamo portato Mike a Joyland. All’alba del mercoledì, Annie aveva sparato a Lane sulla Ruota del Sud, ponendo fine alla sua esistenza e salvandomi la pelle. Avevamo passato la giornata sfuggendo ai cronisti e venendo interrogati dalla polizia. Poi, giovedì pomeriggio Fred Dean era venuto a trovarmi, e la sua visita non aveva niente a che spartire con la morte di Hardy.