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Mi alzai dal letto in silenzio e aprii le due bottigliette di Coca-Cola. Gliene passai una.

«Avrà almeno una cinquantina d’armi nella sua casa di Savannah. Alcune sono pezzi d’antiquariato di un certo valore. Qui ce ne sono altre cinque o sei. A Chicago tengo due fucili, anche se ho passato un paio d’anni senza sparare a un bersaglio. Se Mike…» Premette la bottiglietta contro la fronte, quasi a placare una forte emicrania. « QuandoMike morirà, le sbatterò via tutte quante. Sarebbero una tentazione troppo forte.»

«Mike non vorrebbe mai che…»

«No, certamente no, lo so, ma non c’entra solo lui. Un conto sarebbe se fossi convinta, come quel pazzo invasato di mio padre, di trovare mio figlio davanti ai cancelli del cielo, pronto ad accompagnarmi in paradiso. Però non funziona così. Quando ero una ragazzina, mi sono sforzata con tutta me stessa di credere, ma non è servito. Dio e il suo regno di eterna pace sono durati quattro anni in più della fatina dei denti. Penso che dopo la morte ci sia solo il buio. Zero pensieri, zero ricordi, zero amore. Tenebre e oblio, punto e basta. Anche per questo mi è così difficile accettare quello che gli sta capitando.»

«Mike sa che non c’è solo l’oblio.»

«Come? Perché? Che cosa te lo fa pensare?»

Perché lei era lì. L’ha guardata mentre se ne andava. L’ha sentita ringraziarci. È apparsa anche a Tom e io ho visto il suo cerchietto per capelli. Ne sono certo.

«Chiediglielo, ma non oggi», le risposi.

Lei accantonò la Coca, scrutandomi con quel sorriso che le disegnava due piccole fossette agli angoli della bocca. «Hai avuto il secondo. Per caso ti andrebbe anche il dolce?»

Appoggiai la bottiglia di fianco al letto. «In effetti…»

Annie tese le braccia verso di me.

La prima volta fu imbarazzante, la seconda soddisfacente. La terza… la terza, accidenti, fu il massimo.

Aspettai in salotto che Annie finisse di rivestirsi. Quando scese, aveva di nuovo addosso i jeans e il maglione leggero. Mi tornò in mente il reggiseno azzurro sotto il golf e, dannazione, sentii qualcosa muoversi sotto la cintola.

«Tutto bene?»

«Sì, ma potrebbe andare anche meglio.»

«Sicuro, ma purtroppo non succederà. Se mi vuoi bene quanto te ne voglio io, saprai accettarlo.»

«D’accordo.»

«Perfetto.»

«Quanto ancora rimarrete qui?»

«Se la villa non verrà spazzata via dalla tempesta di stanotte?»

«Non capiterà.»

«Una settimana. A partire dal diciassette, Mike avrà un giro di visite da alcuni specialisti, e voglio sistemarmi a Chicago prima di allora.» Tirò un lungo sospiro. «E parlare a suo nonno della possibilità di un incontro. Dovrò stabilire una serie di regole ferree. Niente discorsi su Gesù, per esempio.»

«Ci vedremo prima della partenza?»

«Sì», rispose, abbracciandomi e schioccandomi un bacio. Poi si allontanò. «Ma non così. Complicherebbe la situazione. Penso che tu lo capisca.»

Annuii. Lo capivo eccome.

«Meglio che tu vada, Dev. E grazie. È stato stupendo. Abbiamo tenuto il giro più bello per la fine.»

Aveva ragione. L’ultima attrazione. Non al buio, però. Era stata splendente, accecante. «Vorrei fare di più. Per te. Per Mike.»

«Anch’io. Ma il mondo non funziona così. Passa domani per cena, se il temporale non è troppo forte. A Mike farebbe molto piacere.»

Era bellissima, a piedi nudi e con i suoi jeans scoloriti. Avrei voluto prenderla in braccio e sollevarla in aria, portandola verso un futuro radioso.

Invece, la lasciai lì dov’era. Il mondo non funziona così,aveva detto, e quanto aveva ragione.

Quanto aveva ragione.

Un centinaio di metri più avanti, sul lato interno di Beach Row, si stendeva un insieme di negozi con qualche pretesa: una gastronomia, un salone di parrucchiera - CAPELLI DI MEDUSA, recitava l’insegna -, un elegante minimarket, una filiale della Southern Trust, e Mi Casa,un ristorante dove senza dubbio la gente «su» del posto si dava appuntamento per la cena. Non degnai quei locali di una sola occhiata mentre tornavo in auto a Heaven’s Bay e dalla signora Shoplaw. Una prova ulteriore, se ce ne fosse stato bisogno, che non possedevo il dono di Mike Ross e Rozzie Gold.

Va’ a letto presto,mi aveva consigliato Fred Dean, e gli diedi retta. Mi sdraiai con le mani dietro la testa, ascoltando le onde come avevo fatto per tutta l’estate, pensando alle dita di Annie che mi sfioravano, al suo seno sodo, al sapore della sua bocca. Mi concentrai in particolar modo sul suo sguardo e sui capelli sparsi sul cuscino. Non provavo per lei le stesse emozioni che avevo condiviso con Wendy (quel genere di passione, così forte e stupida, si presenta una sola volta nella vita), ma ci andavo vicino. L’amavo allora e il tempo non mi ha fatto cambiare idea. Merito della sua gentilezza e della sua pazienza. Forse altri ragazzi hanno goduto di un’iniziazione migliore ai misteri del sesso, ma di sicuro nessuno ne ha mai avuta una così dolce.

Alla fine mi addormentai.

A svegliarmi, un’imposta che sbatacchiava dabbasso. Sollevai l’orologio dal comodino: l’una meno un quarto. Se non lo avessi fermato, quel frastuono mi avrebbe impedito di ritornare nel mondo dei sogni. Mi vestii e mi incamminai fino alla porta, facendo poi marcia indietro verso l’armadio per acchiappare l’impermeabile. Quando scesi al pianterreno, mi bloccai per un attimo. Nella grande camera da letto in fondo al corridoio che partiva dal salotto, la signora S. ronfava come un ghiro. Quel baccano le faceva un baffo.

Mollai l’impermeabile su una sedia, perché la pioggia non era ancora iniziata. Però soffiava un forte vento, che probabilmente superava i quaranta chilometri all’ora. Il battito lieve e costante della risacca si era trasformato in un ruggito soffocato. Mi chiesi se gli espertoni di meteorologia avessero preso Gilda sottogamba. Pensai con una punta di disagio a Mike e Annie nella villa lungo la spiaggia.

Trovai l’imposta e la riagganciai. Rientrai, raggiunsi il primo piano, mi sfilai i vestiti e mi rimisi a letto. Attesi invano il sonno. I tonfi erano cessati, ma il vento continuava imperterrito a ululare su per i tubi delle grondaie, fischiando acuto a ogni raffica più violenta del solito. E non riuscivo a spegnere il cervello, che funzionava di nuovo a pieno regime.

Non è bianco.Sentivo che il significato di quella frase era a portata di mano, che c’entrava con qualcosa che avevo visto al parco durante la nostra gita.

Un’ombra grava su di te, giovanotto, mi aveva avvertito Rozzie Gold non appena l’avevo incontrata. Mi domandai da quanto tempo fosse a Joyland e dove avesse lavorato in precedenza. Era stata svezzata in un baraccone? Era un particolare importante?

Uno dei due possiede un potere speciale. Non so chi.

Io sì, invece. Mike aveva visto Linda Gray. L’aveva liberata. Le aveva mostrato la porta verso l’aldilà, come dicono i veggenti. Quella che non era stata capace di trovare da sola. Ecco perché l’aveva ringraziato.

Chiusi gli occhi, concentrandomi su Fred davanti al tirassegno, radioso nel suo completo con tanto di cilindro magico. Vidi Lane porgere ad Annie uno dei calibro ventidue legati al bancone con una catenella.

Lei: Quanti colpi?

Lui: Dieci per caricatore.

Lei: Nel caso, posso fare due giri?

Lui: Quanti ne desidera. Oggi è il suo giorno fortunato.

Spalancai gli occhi, con i pezzi del rompicapo che si ricomponevano veloci in testa. Mi alzai, ascoltando il vento e il mare agitato. Accesi la lampada sul soffitto e tirai fuori la cartellina di Erin dal cassetto della scrivania. Sparpagliai di nuovo le foto sul pavimento, con il cuore che mi martellava in petto. Gli scatti erano ottimi ma non c’era abbastanza luce. Mi rivestii per la seconda volta, infilai le immagini nel raccoglitore e tornai di sotto.