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— Non sono ancora tornati.

— Se il guasto è vicino a Luna City rimarranno via per molto tempo. Se pure riusciranno a ripararlo. Dobbiamo perciò presumere che saremo costretti a prendere decisioni da soli. Greg, hai sottomano un tecnico elettronico capace di improvvisare una trasmittente per parlare con la Terra? Con il loro satellite ripetitore, voglio dire. Non dovrebbe essere difficile, con l’antenna giusta a disposizione. Posso dare una mano anch’io e poi quel tecnico che ti ho mandato non è affatto un inetto. — Era ottimo, anzi, per normali problemi elettronici… quel povero disgraziato che un giorno avevo falsamente accusato di aver fatto entrare una mosca nei circuiti di Mike. Lo avevo scelto io per il lavoro alla nuova catapulta.

— Harry Biggs, il direttore della centrale atomica, può farlo benissimo — disse Greg pensoso. — Purché abbia il materiale necessario.

— Digli che si dia da fare. Può fare a pezzi tutto quello che vuole, a eccezione del radar e del calcolatore, una volta che abbiamo lanciato i massi dalla catapulta. Quanti proiettili abbiamo ancora?

— Ventitré, e neanche un grammo d’acciaio per costruirne altri.

— Allora ventitré sono e ventitré saranno, qualsiasi cosa accada. Che preparino i lanci. È probabile che li mettiamo tutti in orbita entro stasera.

— Sono pronti. Possiamo ricaricare la catapulta alla stessa velocità con la quale la scarica il suo calcolatore.

— Bene. Ancora una cosa. Non so se ci siano nel nostro cielo altri incrociatori delle Nazioni Federate, uno o magari più di uno. E ho paura di guardare, con il radar, voglio dire. Se perlustriamo il cielo con il radar rischiamo di rivelare la nostra posizione. Però dobbiamo controllare ugualmente. Puoi cercare volontari da mandare in superficie?

— Io mi offro — disse Lenore.

— Grazie, tesoro, accettata.

— Troveremo volontari — disse Greg. — Non ci sarà bisogno di esporre le donne.

— Lasciala fare, Greg, siamo tutti in ballo. — Spiegai poi che cosa volevo. Il Mare delle Onde si trovava ora nella mezza Luna buia: il sole era già tramontato. Il limite invisibile fra la luce del sole e l’ombra della Luna passava sopra di noi. Le navi che eventualmente fossero passate sulla nostra testa, sarebbero improvvisamente apparse alla vista se dirette a ovest, sarebbero scomparse se dirette a est. La parte visibile della loro orbita andava dall’orizzonte fino a un determinato punto nel cielo. Se gli osservatori di superficie fossero riusciti a identificare i due punti, uno in rapporto all’orizzonte, l’altro in rapporto alle stelle, e avessero calcolato il tempo impiegato approssimativamente dalla nave per trasferirsi da uno all’altro, Junior avrebbe potuto cominciare a calcolare l’orbita. Al secondo passaggio Junior avrebbe conosciuto esattamente il periodo e approssimativamente la forma dell’orbita. A questo punto io avrei avuto i dati sufficienti per sapere quando sarebbe stato sicuro utilizzare radio e radar e quindi la catapulta. Non volevo scagliare un masso mentre l’incrociatore delle Nazioni Federate si trovava sopra l’orizzonte: il radar della nave avrebbe potuto guardare dalla nostra parte.

Forse ero eccessivamente prudente, ma dovevo presumere che questa catapulta, queste due dozzine di missili e questo unico radar erano tutto quello che stava fra la libertà e la sconfitta totale. Il nostro bluff sarebbe durato fino a che non avessero scoperto che cosa avevamo e dove. Bisognava che ci mostrassimo capaci di martellare la Terra all’infinito, da una base di cui non avevano il minimo sospetto e che non potevano mai trovare.

A quei tempi, come ora del resto, la maggior parte dei Lunari non sapeva niente di astronomia. Noi siamo abitatori di caverne e andiamo in superficie solo quando è strettamente necessario. Ma fummo fortunati: fra gli uomini di Greg c’era un astronomo dilettante, un giovanotto che aveva lavorato all’Osservatorio Richardson. Gli spiegai che cosa doveva fare, lo misi a capo della squadra osservazione e lasciai a lui il compito d’insegnare agli altri come distinguere le stelle una dall’altra. Conclusi questi preliminari, riprendemmo la discussione. — Allora, Stu? Perché non dovremmo bombardare la Grande Cina?

— Sto aspettando notizie dal dottor Chan. Ho ricevuto un messaggio da lui che mi è stato telefonato poco prima che rimanessimo isolati da Luna City…

— Accidenti, perché non me l’hai detto subito?

— Ho cercato di farlo, ma ti eri chiuso a chiave e ne so abbastanza per non venirti a seccare quando sei occupato con problemi balistici. Il messaggio è per me e viene tramite l’agente di Parigi. Eccone la traduzione: il nostro rappresentante commerciale di Darwin (cioè il dottor Chan) ci informa che le vostre spedizioni (lasciamo stare i simboli, si riferisce all’ultimo bombardamento, anche se parla dello scorso giugno) erano mal confezionate e il danno da noi subito è stato inaccettabile. Se questo spiacevole incidente non potrà essere corretto in futuro, i negoziati per un contratto a lungo termine saranno seriamente compromessi.

Stu alzò gli occhi. — È tutta una metafora. Ritengo che voglia dire che il dottor Chan è convinto che il suo governo è pronto a negoziare con noi… ma che dovremmo smettere di bombardare la Cina, altrimenti gli rompiamo le uova nel paniere.

— Uhm… — Mi alzai in piedi e mi misi a passeggiare su e giù. Sentire l’opinione di Wyoh? Nessuno conosceva i meriti di Wyoh meglio di me, ma lei oscillava sempre fra la violenza eccessiva e la troppa compassione umana; avevo imparato che un Capo di Stato, anche uno provvisorio come me, non doveva lasciarsi prendere né da una né dall’altra. Chiedere a Greg? Lui era un buon agricoltore, un tecnico ancora migliore, un predicatore affascinante. Lo amavo molto… ma non volevo sentire il suo parere. Stu? Aveva già espresso la sua opinione.

Oppure no? — Stu — chiesi — che cosa ne pensi? Non l’opinione di Chan… la tua personale.

Stu mi guardò pensieroso. — E difficile dirlo, Mannie. Non sono un cinese. Non sono mai stato a lungo in Cina e non posso dire di essere un esperto della loro politica o della loro psicologia. E così sono costretto ad attenermi alla sua opinione.

— Uhm… Maledizione, ma lui non è un Lunare! I suoi scopi non sono i nostri. Che cosa si aspetta da noi?

— Credo che stia manovrando per conquistare il monopolio del traffico commerciale con la Luna. Forse per installare basi quassù, anche. O addirittura ottenere da noi una concessione extraterritoriale. Non penso che dobbiamo concedergli tutto questo, però.

— Potremmo anche farlo se fossimo con l’acqua alla gola.

— Comunque lui non ha detto niente di questo. Non parla molto, lo sai. Ascolta.

— Lo so anche troppo bene. — Ero preoccupato, più teso a ogni minuto che passava.

Le notizie dalla Terra mormoravano alla radio accesa in fondo alla stanza. Avevo chiesto a Wyoh di ascoltare mentre discutevo con Greg. — Tesoro — chiesi — niente di nuovo?

— No. Sempre gli stessi annunci. Siamo stati completamente sconfitti e la nostra resa è attesa da un momento all’altro. Ci sono anche i soliti avvertimenti che alcuni missili sono ancora nello spazio, in caduta incontrollata, ma rassicurano le popolazioni che tutte le traiettorie saranno avvertite in tempo per permettere l’evacuazione.

— Niente che implichi che Prof… o chiunque altro da Luna City o da altre parti della Luna… sia in contatto con la Terra?

— Niente.

— Maledizione! Nessuna notizia dalla Grande Cina?

— No. Ci sono le reazioni di quasi tutti gli altri Paesi del mondo ma non della Cina.

— Uhm… — Mi avvicinai alla porta. — Greg! Senti, soldato, cercami subito Greg Davis. Ho bisogno di lui. — Richiusi la porta. — Stu, non risparmieremo la Grande Cina.

— E allora?

— Sarebbe bello che la Grande Cina rompesse l’alleanza che opera contro di noi, potrebbe evitarci qualche danno. Ma siamo arrivati fino a questo punto solo mostrandoci capaci di colpirli a nostro piacimento e di distruggere qualsiasi nave inviata per sconfiggerci. Spero almeno che l’ultima sia stata abbattuta, ma certamente ne abbiamo già distrutte otto su nove. Non arriveremo a nessun risultato mostrandoci deboli, almeno non fino a quando le Nazioni Federate continuano a sostenere che non solo siamo deboli ma addirittura vinti. Dobbiamo prenderli di sorpresa, invece. Bombardare la Grande Cina, e se questo rende infelice il dottor Chan gli daremo un fazzoletto per asciugarsi le lacrime. Se riusciamo a dare l’impressione di essere forti proprio quando le Nazioni Federate sostengono che siamo spacciati, allora è probabile che qualche nazione con diritto di voto finirà per cedere. Se non sarà la Grande Cina, sarà un’altra.