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— Un momento — dissi ancora. — Prof, quando abbiamo accettato gli incarichi governativi, tutti i ministri ti hanno consegnato le dimissioni firmate, senza data.

— È vero. Ma spero di non dovermene mai servire.

— Una ti verrà immediatamente utile.

— Manuel, è una minaccia?

— Chiamala come vuoi. — Indicai Wright. — O se ne va quella testa di legno… o me ne vado io.

— Manuel, tu hai bisogno di dormire.

Feci uno sforzo per inghiottire le lacrime che mi venivano agli occhi, lacrime di rabbia e di stanchezza. — Certo che ne ho bisogno! E ci vado! Subito! Cerco una branda qui negli uffici e mi metto a dormire. Per dieci ore. Dopo di che, se sarò ancora ministro della Difesa, potrai svegliarmi. Altrimenti, mi farai il piacere di lasciarmi dormire.

Ormai nessuno nascondeva più il proprio imbarazzo. Wyoh mi si avvicinò e si mise al mio fianco. Senza dire una parola infilò la mano sotto il mio braccio.

Prof disse con voce ferma: — Tutti sono pregati di lasciare la sala, tranne il Consiglio di Guerra e il ministro Wright. — Attese che fossero usciti, poi si rivolse a me: — Manuel, non posso accettare le tue dimissioni e non posso permetterti di obbligarmi a prendere una decisione affrettata nei confronti del signor Wright, almeno finché siamo così stanchi ed esauriti. Sarebbe meglio che vi scambiaste scuse reciproche, rendendovi conto che siete entrambi ipertesi.

— Ah… — cominciai, poi chiesi a Finn: — Ha combattuto? — e indicai Wright.

— Come? Diavolo, no. Quanto meno non fa parte delle mie truppe. Dite, Wright, avete combattuto durante l’invasione?

La risposta di Wright fu gelida. — Non ne ho avuto l’occasione. Quando venni a sapere che c’era l’invasione, la battaglia era già finita. Ma ora è stato messo in dubbio il mio coraggio oltre che la mia lealtà. Dovrò insistere…

— Oh, smettetela — lo interruppi. — Se è un duello quello che volete, appena avrò un po’ meno da fare sarò a vostra disposizione. Prof, dato che Wright non può accampare la scusa del combattimento per giustificare il proprio modo di comportarsi, non sono disposto a chiedere scusa a una testa di legno solo perché è una testa di legno. E non mi pare che tu abbia capito come stanno effettivamente le cose. Hai permesso che questa testa di legno mi pestasse i piedi… e non hai nemmeno cercato di impedirglielo. Perciò, o cacci fuori lui, subito, o cacci fuori me!

Improvvisamente Finn disse: — Mi associo a Mannie, Prof. O butti fuori quel pidocchio o perdi tutti e due. — Diede un’occhiata a Wright. — Quanto al duello, amico, dovrete battervi con me prima. Voi avete due braccia e Mannie uno solo.

— Non mi occorrono due braccia per quello lì. Comunque ti ringrazio, Finn.

Wyoh stava piangendo; anche se non sentivo i singhiozzi, sapevo che era in lacrime. Prof si rivolse a lei con un velo di tristezza nella voce: — Wyoming?

— Mi dispiace, Prof. Me ne vado anch’io.

Rimanevano soltanto Clayton Watenabe, il Giudice Brody, Wolfgang, Stu e Sheehan, il gruppo più importante che costituiva il Consiglio di Guerra. Prof li guardò, mi resi conto che stavano dalla mia parte, anche se per Wolfgang si trattava di uno sforzo notevole: lui lavorava con Prof, non con me.

Prof tornò a guardare me e disse con voce sommessa: — Manuel, è un’arma a doppio taglio. Quello che stai facendo mi obbliga a rassegnare le dimissioni. — Diede un’occhiata circolare. — Buona notte, compagni, o meglio buon giorno. Vado a riposare, ne ho estremo bisogno. — Si allontanò in fretta, senza più voltarsi.

Anche Wright era uscito, senza che me ne accorgessi. Finn ruppe il silenzio. — Che si fa per questi incrociatori, Mannie?

Respirai profondamente: — Non ci sarà niente da fare fino a sabato pomeriggio. Ma intanto dovresti far evacuare Tycho Under. Adesso non riesco più nemmeno a parlare. Non mi reggo in piedi.

Ci accordammo di incontrarci di nuovo alle ventuno, quella sera stessa, e mi lasciai trascinare fuori da Wyoh. Penso che mi abbia messo lei a letto, ma non ricordo niente.

22

Prof era già arrivato quando mi incontrai con Finn negli uffici del Governatore poco prima delle ventuno di quel venerdì. Mi ero fatto nove ore di sonno, il bagno, un’abbondante colazione, che Wyoh aveva pescato chissà dove, e una lunga chiacchierata con Mike. Tutto funzionava secondo il piano, opportunamente riveduto. Le astronavi non avevano cambiato rotta ed era imminente l’attacco alla Grande Cina.

Giunsi in ufficio proprio in tempo per vedere il bombardamento alla televisione. Si svolse come previsto e per le ventuno e un minuto era tutto finito. Prof diede il via ai lavori. Nemmeno una parola sulle dimissioni né su Wright: non lo rividi più.

Voglio dire che non lo rividi mai più e mi guardai bene dal chiedere notizie sul suo conto. Prof non accennò al fatto e io tenni la bocca chiusa.

Esaminammo le ultime notizie dalla Terra e la situazione tattica. Wright aveva ragione parlando di migliaia di vite umane stroncate: sulla Terra non si parlava d’altro. Il numero esatto delle vittime non lo sapremo mai ; se una persona si trova sull’obiettivo e alcune tonnellate di sassi gli piovono in testa, non ne rimane molto. Le vittime che si poterono contare furono quelle a qualche distanza dal punto dell’esplosione, uccise dalle onde d’urto e di calore. Diciamo cinquantamila nel Nord America.

Non riuscirò mai a capire la gente! Per tre giorni avevamo continuato ad avvertirli e non si può dire che non avessero ricevuto i nostri consigli. Era proprio per questo che si trovavano là, per assistere allo spettacolo, ridere alle nostre spalle, raccogliere souvenirs della Luna. Intere famiglie si erano recate sul luogo dell’esplosione, molte venute da lontano per fare un picnic. Picnic! Santo cielo!

E ora i sopravvissuti chiedevano il nostro sangue per questa insensata carneficina. Proprio così. Nessuna indignazione invece per la loro invasione e per il bombardamento (nucleare!) di cui ci avevano fatto segno quattro giorni prima. Invece, come se l’erano presa calda per il nostro assassinio premeditato! Il Great New York Times chiedeva che l’intero governo ribelle fosse portato sulla Terra e sottoposto pubblicamente alla pena capitale: questo è un caso evidente in cui, in nome del maggiore interesse dell’umanità, si deve derogare al principio umanitario che si oppone alla pena di morte.

Tycho Under rappresentava un problema pressante. Se le astronavi avessero bombardato le grotte (le notizie sulla Terra indicavano che proprio questo era l’obiettivo) Tycho Under non sarebbe stata in grado di sostenere l’attacco. La parte superiore era sottile. Una bomba acca sarebbe stata sufficiente per decomprimere tutti i livelli, e le porte stagne non erano state costruite in vista di un’incursione atomica.

Finn, in un discorso alla televisione, aveva dato ordine ai suoi uomini di far evacuare la grotta. Prof aveva esortato gli abitanti a collaborare. Tycho Under era una piccola grotta e non sarebbe stato un problema per Novylen e Luna City offrire un tetto e il sostentamento a tutti i suoi abitanti. Impiegando un numero adeguato di capsule si poteva completare l’evacuazione in venti ore, scaricando metà degli abitanti a Novylen e facendo proseguire l’altra metà fino a Luna City. Una grossa impresa, ma non impossibile.

Ma nessuno voleva abbandonare la grotta. Come se fossero affari che non li riguardavano!

A Tycho Under le capsule rimanevano allineate una dietro l’altra, immobili, vuote. — Mannie — continuava a segnalarmi Finn — non vogliono andarsene.

— Maledizione — rispondevo — devono andare via! Quando il primo missile partirà per Tycho Under sarà troppo tardi. Allora si calpesteranno uno contro l’altro e si affolleranno nelle capsule, che non saranno sufficienti a contenerli tutti. Finn, i tuoi ragazzi devono persuaderli.