Изменить стиль страницы

Da quella parte non c’era nessuno, ma sentivo venire il rumore della lotta dal centro, all’estremità opposta del corridoio. Due uomini in tuta, con il fucile spianato, avanzavano verso di me. Li bruciai entrambi con il laser.

La gente in tuta e con un fucile imbracciato si assomigliava tutta. Non potevo certo distinguere gli uomini di Finn dai Terrestri, a quella distanza. Ma sparai senza nemmeno riflettere. Un nuovo venuto non si muove come un Lunare: solleva troppo i piedi e avanza quasi barcollando. Non voglio dire di aver pensato o di aver analizzato il loro comportamento. Appena li vidi li bruciai. Prima che si rendessero conto di quello che succedeva stavano già scivolando lentamente a terra. Mi fermai per strappare loro i fucili. Ma li tenevano incatenati al braccio e non riuscii a capire come dovevo fare per toglierli. Forse ci voleva una chiave.

Inoltre non erano a raggi laser, ma un modello che non avevo mai visto: veri fucili. Capii più tardi che sparavano piccoli missili esplosivi. Ma allora non avrei saputo come usarli. Avevano un coltello acuminato in punta, lo chiamavano baionetta, ed era questa la ragione per cui volevo impossessarmene. I nostri fucili servivano solo per fare dieci potenti bruciature, senza energia di riserva, mentre quelle baionette sarebbero state molto utili una volta scaricato il fucile. Su una vidi macchie di sangue, sangue lunare, ritengo.

Rinunciai all’impresa dopo pochi secondi. Assicuratomi con una coltellata che quei morti rimanessero morti, mi slanciai verso il centro della battaglia, con il dito sul grilletto.

Era una mischia, non una battaglia. O forse tutte le battaglie sono così: confusione, rumore e nessuno che sappia cosa sta succedendo. Nel punto più largo della Causeway, di fronte a Bon Marché, dove la Grande Rampa scende a nord dal livello tre, erano raggruppate parecchie centinaia di Lunari, uomini, donne e bambini, che avrebbero dovuto essere al sicuro in casa. Più della metà erano senza tuta e solo pochi parevano armati. Dalla rampa scendevano frotte di soldati terrestri, tutti in armi.

La cosa che più mi colpì fu il rumore, che mi riempì l’elmetto aperto assordandomi, come un latrato immenso. Non saprei definirlo altrimenti. Raccoglieva in sé tutta la collera di cui la gola umana sia capace, dagli strilli dei bambini al ruggito degli adulti inferociti. Pareva la più gigantesca battaglia di cani della storia. Improvvisamente, mi resi conto che anch’io stavo facendo la mia parte, urlando oscenità e grida senza senso.

Una ragazza non più grande di Hazel volteggiò sulla ringhiera della rampa e risalì a passo di danza a pochi centimetri dalle spalle dei soldati che scendevano. Era armata con un oggetto che pareva un coltello da cucina e lo faceva mulinare in aria, colpendo a destra e a sinistra. Le ferite non dovevano essere mortali, soprattutto a causa delle spesse tute a pressione, tuttavia un soldato cadde e gli altri gli rotolarono addosso. Poi uno di loro colpì la ragazza alla coscia con un colpo di baionetta, e lei precipitò all’indietro dalla ringhiera, scomparendo alla mia vista.

Non ho un’immagine chiara di quello che accadde, solo vaghi ricordi, visioni, come quella della ragazza che precipitava nel vuoto. Non so chi fosse, ne se sia sopravvissuta. Dal punto in cui mi trovavo inizialmente non potevo sparare, perché c’erano di mezzo troppe teste. Davanti a un negozio di giocattoli, alla mia sinistra, vidi un banco di esposizione; vi balzai sopra e riuscii a distinguere chiaramente i vermi terrestri che strisciavano sul selciato della Causeway. Mi tenni contro la parete e presi la mira, cercando di colpirli al cuore.

Trascorso un periodo di tempo che mi parve infinito, mi resi conto che il fucile non funzionava più e dovetti smettere. Penso che per colpa mia almeno otto di quei soldati non sono tornati a casa, ma non mi fermai a fare i conti. Il tempo pareva non passare mai. Sebbene tutti si muovessero alla massima velocità, mi pareva di assistere a un film proiettato al rallentatore.

Una o due volte un Terrestre, che aveva individuato la mia posizione, cercò di rispondere al fuoco. Un colpo passò appena sopra la mia testa e sentii cadere sull’elmetto frammenti della parete del negozio.

Finita la riserva di energia del fucile, balzai giù dal banco e usando il fucile come una mazza mi unii alla folla che si accalcava ai piedi della rampa. Per tutto questo tempo infinito (cinque minuti?) i Terrestri avevano continuato a sparare nella mischia; si sentivano le esplosioni sorde che i missili facevano colpendo la carne viva o quelle secche e più forti contro i muri o gli oggetti solidi.

Stavo ancora cercando di raggiungere la base della rampa quando mi accorsi che non sparavano più: erano a terra, tutti morti.

18

Gli invasori morirono tutti, in tutta la Luna, se non nello stesso istante, nel giro di poche ore. Più di duemila soldati morti. Ma oltre seimila Lunari erano pure morti nel tentativo di fermarli, e altrettanti dovevano essere i feriti. Nelle grotte non furono fatti prigionieri, mentre una decina di ufficiali e alcuni membri degli equipaggi delle navi caddero vivi nelle mani dei nostri.

La principale ragione per cui i Lunari, anche se disarmati o quasi, riuscirono ad avere la meglio su truppe bene addestrate ed equipaggiate è che un Terrestre, appena sbarcato sulla Luna, non sa cavarsela tanto bene. A causa della gravità lunare, un sesto di quella a cui è abituato, le reazioni istintive, che lo hanno accompagnato per tutta la vita, diventano proprio il suo peggior nemico. Senza rendersene conto, spara troppo in alto, si sente instabile, non può correre agevolmente, i piedi gli scivolano via di sotto. E poi, quei soldati si trovarono a dover combattere dall’alto in basso: per conquistare le grotte dovevano scendere le rampe.

I Terrestri non sono capaci di scendere una rampa. Muoversi sulla Luna non è camminare, non correre, non è volare. È una specie di danza controllata, con i piedi che sfiorano appena il suolo per mantenere l’equilibrio. Un Lunare di tre anni lo fa istintivamente e scende saltellando dalle scale in caduta guidata, toccando terra ogni qualche metro.

Ma un Terrestre alla sua prima esperienza si trova invariabilmente a camminare per aria. Si agita, gira su se stesso, perde l’equilibrio e finisce per terra, illeso ma furibondo. I nostri nemici, invece, finirono per terra morti: era proprio sulle rampe che li avevamo fermati.

Quelli che vidi io avevano superato in qualche modo il primo scoglio ed erano riusciti a scendere vivi tre rampe. Ma di questi, solo pochi fucilieri appostati in cima alle rampe riuscirono a fare fuoco: i compagni che scendevano erano troppo occupati a tenersi in piedi, appoggiati alle loro armi, per cercare di raggiungere il livello inferiore.

I Lunari glielo impedirono. Uomini, donne e molti bambini li raggiunsero e li uccisero con ogni mezzo, addirittura con le mani o con le baionette degli stessi invasori. E poi, in quel punto, non ero il solo armato. C’erano anche due uomini di Finn che, appostati sul terrazzo di Bon Marche, fecero fuoco sui fucilieri in cima alla rampa. Nessuno aveva dato loro ordini e nessuno li guidava. Finn non aveva avuto modo di controllare la sua disordinata milizia, semiaddestrata. La battaglia infuriava e loro combattevano.

Ecco la ragione prima della nostra vittoria: combattevamo.

I Lunari non avevano mai visto una vera invasione. Ma dovunque facessero irruzione soldati terrestri, i Lunari accorsero come globuli bianchi… e combatterono. Nessuno gliel’aveva detto. La nostra debole organizzazione si sfaldò sotto l’attacco a sorpresa. Ma noi tutti, Lunari, ci battemmo come tigri e gli invasori morirono. Nessun Terrestre riuscì a scendere al di sotto del livello sei. Pare che nella Bottom Alley, all’ultimo livello, gli abitanti non si siano nemmeno accorti dell’invasione.