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Per la verità quel giorno me l’ero dimenticata anch’io: ero stato chiamato in ufficio con urgenza e quando me ne ero ricordato ero già a metà strada. Avevo appena raggiunto la porta stagna numero tredici, poco lontano da casa, quando udii il rumore che più terrorizza un Lunare: un sibilo seguito da una corrente d’aria. Quasi senza accorgermene mi slanciai attraverso la porta stagna, la aprii per riequilibrare la pressione, poi la chiusi dietro di me e mi precipitai al nostro compartimento stagno privato.

Pochi secondi dopo piombavo in casa urlando: — Tute a pressione! Fate rientrare i ragazzi e sprangate tutte le porte! — Mum e Milla erano le uniche persone in vista. Mi guardarono sbalordite e si diedero da fare senza una parola. Mi lanciai nell’officina e presi la mia tuta a pressione. — Mike! Rispondi!

— Sono qui, Mannie — rispose in tono tranquillo.

— Ho sentito lo scoppio della caduta di pressione. Che cos’è successo?

— È la porta stagna del livello tre, Luna City. Una breccia alla Stazione Ovest, ora parzialmente sotto controllo. Sbarcate sei astronavi terrestri, Luna City attaccata…

— Che cosa?

— Lasciami finire, Man. Atterrate sei navi da trasporto truppe, Luna City minacciata di invasione, Hong Kong Luna nella stessa situazione, linee telefoniche interrotte al posto di controllo Bi-Elle. Johnson City attaccata. Ho chiuso le porte blindate fra Johnson City e le nostre centrali tecniche. Non riesco a vedere Novylen, ma il radar conferma che c’è stato uno sbarco di truppe anche là. Lo stesso a Churchill e Tycho Under. Una nave sta girando su una traiettoria ellittica sulla via verticale, probabilmente è l’ammiraglia.

— Sei astronavi… ma tu dove diavolo eri?

Mi rispose con un tono talmente calmo che mi acquietai anch’io. — Si sono avvicinati dall’emisfero opposto, Man, e io non riesco a vedere da quella parte. Sono scesi fra le strette gole di Garrison, sfiorando le pareti. Ho fatto appena in tempo a vedere l’invasione di Luna City. L’unica astronave che scorgo con i radar è quella di Johnson City, gli altri atterraggi li ho dedotti con calcoli balistici condotti su rilevazioni radio. Ho visto direttamente l’invasione alla Stazione Ovest di Luna City e ora sento per telefono il rumore dei combattimenti a Novylen. Tutto il resto è deduzione, approssimata al novantanove per cento. Ho avvertito te e il Professore.

Presi fiato. — Operazione Massi Giganti, pronti all’esecuzione.

— Già fatto. Man, non riuscendo a trovarti ho usato la tua voce e ho impartito gli ordini relativi. Vuoi risentire la comunicazione?

— No… anzi, sì!

Sentii la mia voce ordinare all’ufficiale di guardia alla vecchia catapulta di lanciare l’allarme rosso per l’Operazione Massi Giganti: primo carico in posizione di lancio, tutti gli altri allineati sulla cinghia di trasmissione, tutto pronto per l’azione, ma nessun lancio fino a nuovo ordine, che poteva essere impartito solo da me. Al mio segnale, dare il via ai lanci, secondo il programma. E alla fine sentii ancora la mia voce chiedere all’ufficiale di ripetere l’ordine.

— Va bene — dissi a Mike. — E l’artiglieria?

— Di nuovo la tua voce. Tutti pronti ai posti di combattimento. La nave ammiraglia raggiungerà l’aposelenio fra tre ore, quattro minuti e sette secondi. Nessun bersaglio arriverà a portata di tiro per almeno cinque ore.

— Ma l’astronave potrebbe spostarsi, o lanciare missili.

— Calma, Man. Anche se lancerà un missile, riuscirò a vederlo con parecchi minuti di anticipo. La giornata è luminosa. Fino a che punto vuoi innervosire gli uomini, senza necessità?

— Ah… scusa. Vorrei parlare con Greg.

— Ritrasmetto. — Udii di nuovo la mia voce parlare con il mio co-marito al Mare delle Onde. Il tono era teso, ma calmo. Mike, con la mia voce, aveva spiegato a Greg la situazione, gli aveva detto di preparare l’Operazione Fionda di David e di inserire nel calcolatore di riserva il programma relativo per l’azione automatica. Poi gli aveva assicurato che il calcolatore centrale avrebbe diretto il calcolatore di riserva e che questo avrebbe funzionato in modo autonomo in caso di interruzione delle comunicazioni. Gli aveva infine detto di tenersi pronto ad assumere il comando, facendo di testa sua nel caso che non potessi più mettermi in contatto con lui e che le comunicazioni non venissero ripristinate entro quattro ore… Che ascoltasse la radio terrestre e si arrangiasse con i suoi mezzi.

Greg aveva preso le cose con calma, aveva ripetuto gli ordini ricevuti e aveva detto: — Mannie, porta in famiglia i miei saluti più affettuosi, vi amo tutti profondamente. Ricordatene.

Ero fiero di Mike. Mi aveva fatto rispondere con la giusta intonazione, la voce strozzata dall’emozione. Lo farò, Greg… e, senti, anche noi ti vogliamo bene. Lo sai, vero?

Lo so, Mannie… dirò una preghiera speciale per te.

Grazie, Greg.

Ciao, Mannie. Vai a fare quello che devi.

Tornai ai miei doveri. Non eravamo pronti, ma non saremmo mai stati più preparati di così.

La guerra per la libertà della Luna era scoppiata.

17

La controffensiva era scattata. Mike aveva fatto la mia parte anche meglio di come l’avrei fatta io. Finn avrebbe preso ordini da Mike. Me ne andai subito a portare a Mum il messaggio d’amore di Greg. Lei aveva addosso la tuta e stava aiutando Granpà a mettersela, per la prima volta da molti anni. Tutta la famiglia era in piena attività. Tranquillizzato, uscii con l’elmetto in testa e il fucile sottobraccio.

La porta stagna numero tredici era bloccata dall’esterno, e dall’oblò non vidi nessuno nei paraggi. Era tutto a posto, salvo che i ragazzi incaricati della guardia alle porte stagne avrebbero dovuto trovarsi nei pressi. Non era molto utile bussare alla porta, comunque ci provai, senza successo.

Desistetti e tornai sui miei passi. Oltrepassai casa nostra, le gallerie coltivate, e raggiunsi la porta stagna che conduce in superficie, dove teniamo le batterie solari.

Scorsi un’ombra sull’oblò che avrebbe dovuto essere illuminato dal sole: quei maledetti Terrestri erano scesi sopra la Galleria Davis! I sostegni dell’astronave formavano un gigantesco treppiede sopra la mia testa, e i miei occhi guardavano diritti negli ugelli dei retrorazzi.

Tornai rapidamente indietro richiudendo i boccaporti, poi ripercorsi la strada fatta, chiudendomi accuratamente alle spalle tutte le porte stagne. Quindi misi al corrente Mum, consigliandole di mettere uno dei ragazzi a guardia della porta con il fucile a raggi laser: volevo darle il mio.

Ma erano tutti scomparsi, ragazzi, uomini, donne: erano rimasti solo Mum, Granpà e i bambini. Mum non volle il fucile. — Non so usarlo, Manuel, ed è troppo tardi per imparare, tienilo tu. Ma vedrai che non metteranno piede nelle Gallerie Davis. Conosco alcuni trucchi che non ti sogni nemmeno.

Non ribattei. Discutere con Mimi è una perdita di tempo, e in quanto ai trucchi non avevo dubbi: era vissuta a lungo sulla Luna e in condizioni ben peggiori di quelle che avevo trovato io venendo al mondo.

Quando tornai alla porta stagna numero tredici, c’erano due ragazzi di guardia. Mi fecero passare, e io chiesi loro le ultime notizie.

— La pressione è tornata normale, adesso — mi disse il maggiore. — Almeno in questo livello. Si sta combattendo nei corridoi esterni. Sentite, generale Davis, posso venire con voi? A questa porta basta uno di guardia.

— Nyet.

— Voglio uccidere uno di quei vermi!

— Il tuo posto è qui e qui devi rimanere. Se il verme viene da te, è tuo. Ma stai attento a non farti prendere da lui! — Me ne andai di corsa.

Così, per aver dimenticato a casa la tuta a pressione, della Battaglia dei Corridoi vidi solo le fasi finali. Bel ministro della Difesa!

Mi diressi a nord, lungo il corridoio anulare, con l’elmetto aperto, e raggiunsi la lunga rampa di accesso che conduceva alla Causeway, uno dei corridoi di scorrimento. La porta stagna era aperta. Lanciai una maledizione, e la richiusi alle mie spalle, avanzando con cautela. E vidi perché era rimasta aperta. Il giovane di guardia era morto. Percorsi ancora più lentamente la rampa ed entrai nella Causeway.