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— Leigh? — domandò Gladstone. — Severn?

— No, signora. Il prete di Pacem. Paul Duré.

Gladstone annuì. — Lo vedrò dopo l'incontro con Albedo. — Si rivolse al gruppo. — Se non c'è niente da aggiungere a quel che abbiamo visto, torneremo a riunirci fra trenta minuti per occuparci della difesa di Asquith e di Ixion.

Tutti si alzarono, mentre il PFE e il suo seguito varcavano il portale collegato in permanenza alla Casa del Governo. Appena Gladstone fu fuori vista, il clamore delle discussioni riprese.

Meina Gladstone si abbandonò contro lo schienale della poltrona di pelle e chiuse gli occhi per cinque secondi esatti. Quando li riaprì, il gruppo di aiutanti era ancora lì: alcuni con espressione ansiosa, alcuni con aria impaziente, ma tutti in attesa della parola successiva, del successivo ordine.

— Uscite — disse piano Gladstone. — Riposatevi un poco. Stendete le gambe per dieci minuti. Non ci saranno altri momenti di tranquillità, nelle prossime ventiquattro o quarantotto ore.

Il gruppo sfilò fuori, alcuni avevano l'aria di chi sta per protestare, altri di chi è sull'orlo del collasso.

— Sedeptra — chiamò Gladstone; la giovane rientrò nell'ufficio. — Assegna due mie guardie personali al prete appena arrivato, Duré.

Sedeptra Akasi annuì e prese un appunto sul fax-notes.

— Com'è la situazione politica? — domandò Gladstone, strofinandosi gli occhi.

— La Totalità è nel caos — rispose Akasi. — Ci sono diverse fazioni, ma ancora non si sono unite a formare un'opposizione efficace. Il Senato è tutt'altra storia.

— Feldstein? — disse Gladstone, nominando la collerica senatrice del Mondo di Barnard. Il pianeta sarebbe stato assalito dagli Ouster entro meno di quarantadue ore.

— Feldstein, Kakinuma, Peters, Sabenstorafem, Richeau… perfino Sudette Chier chiede le sue dimissioni.

— E il marito di Sudette? — Gladstone considerava il senatore Kolchev la persona più influente del Senato.

— Per il momento, nessuna dichiarazione del senatore Kolchev. Né ufficiale né confidenziale.

Con l'unghia Gladstone tamburellò sul labbro inferiore. — Secondo te, quanto tempo resta, a questo governo, prima che un voto di sfiducia lo faccia cadere?

Akasi, una degli operatori politici più avveduti con cui Gladstone avesse mai lavorato, le restituì lo sguardo. — Settantadue ore all'esterno, signora. I voti sono là. La gente ancora non se ne rende conto, ma è già una folla in tumulto. Qualcuno deve pagare, per l'accaduto.

Gladstone annuì con aria assente. — Settantadue ore — mormorò. — Più che sufficienti. — Alzò gli occhi e sorrise. — Non c'è altro, Sedeptra. Riposa un poco.

L'aiutante annuì, ma l'espressione rivelò cosa pensava realmente del suggerimento. Nello studio c'era grande silenzio, quando la porta si richiuse alle spalle della donna.

Gladstone rimase a riflettere per qualche istante. Poi disse alle pareti: — Per favore, portate qui il consulente Albedo.

Venti secondi dopo, l'aria dall'altra parte della scrivania si annebbiò, scintillò, si solidificò. Il rappresentante del TecnoNucleo sembrava bello come sempre, con i capelli grigi tagliati corti e una sana abbronzatura sul viso aperto, onesto.

— Signora — cominciò la proiezione olografica — la Commissione di Consulenza e gli analisti del Nucleo continuano a offrire i propri servigi in questi tempi di grande…

— Dove si trova, il Nucleo, Albedo? — lo interruppe Gladstone.

Il consulente non cambiò sorriso. — Scusi, signora, può ripetere la domanda?

— Il TecnoNucleo. Dove si trova?

Il viso amichevole di Albedo mostrò una lieve confusione, ma non ostilità, solo la preoccupazione di essere d'aiuto. — Senza dubbio, signora, si rende conto che, fin dalla Secessione, la politica del Nucleo è stata quella di non rivelare la posizione dei suoi… ah… elementi fisici. In un altro senso, il TecnoNucleo non è da nessuna parte, dal momento…

— Dal momento che voi esistete nelle realtà consensuali del piano dati e della sfera dati — disse Gladstone, con voce piatta. — Sì. Per tutta la vita, Albedo, ho sentito queste stronzate. Come mio padre, e suo padre prima di lui. Adesso vi rivolgo una domanda diretta. Dove si trova, il TecnoNucleo?

Il consulente scosse la testa, stupito, rattristato, come un adulto al quale avessero rivolto per la millesina volta l'infantile domanda: Perché il cielo è azzurro, papà?

— Signora, è semplicemente impossibile dare una risposta che abbia senso in termini di coordinate tridimensionali umane. In un certo senso noi… il Nucleo… esistiamo all'interno della Rete e al di là della Rete. Nuotiamo nella realtà del piano dati che voi chiamate sfera dati, ma in quanto agli elementi fisici… quel che i vostri antenati chiamavano hardware, troviamo necessario…

— Mantenere segreta la sede — terminò per lui Gladstone. Incrociò le braccia. — Si rende conto, consulente Albedo, che nell'Egemonia ci sarà gente, milioni di persone, fermamente convinta che il Nucleo, la vostra Commissione di Consulenza, ha tradito l'umanità?

Albedo allargò le braccia. — Sarà increscioso, signora. Increscioso, ma comprensibile.

— In teoria i vostri previsori sono quasi infallibili, consulente. Eppure non ci avete avvertiti che la flotta Ouster avrebbe distrutto pianeti interi.

La tristezza del bel viso della proiezione era quasi convincente. — Signora, è appena giusto ricordarle un altro avvertimento della Commissione di Consulenza: includere Hyperion nella Rete avrebbe introdotto una variabile casuale che perfino la Commissione non avrebbe potuto calcolare.

— Ma qui non si tratta di Hyperion! — sbottò Gladstone, alzando la voce. — Si tratta di Bosco Divino in fiamme! Di Porta del Paradiso ridotto a scorie vetrificate. Di Mare Infinitum in attesa del prossimo colpo di maglio! A cosa serve, la Commissione di Consulenza, se non è in grado di prevedere un'invasione di questa portata?

— Abbiamo predetto l'inevitabilità della guerra con gli Ouster, signora. Abbiamo anche predetto il grave rischio di difendere Hyperion. Deve credermi, l'inclusione di Hyperion nelle equazioni porta il fattore di attendibilità a un livello così basso come…

— E va bene — sospirò Gladstone. — Devo parlare con qualcun altro del Nucleo, Albedo. Qualcuno nella vostra indecifrabile gerarchia di intelligenze che abbia davvero potere decisionale.

— Le garantisco che rappresento tutti gli elementi del Nucleo, quando…

— Sì, sì. Ma voglio parlare con uno dei… dei Poteri, mi pare che li chiamiate. Uno delle IA anziane. Uno che abbia autorità, Albedo. Devo parlare con uno che possa dirmi perché il Nucleo ha rapito il mio pittore Severn e il mio aiutante Leigh Hunt.

L'ologramma parve stupito. — Sull'onore di quattro secoli di alleanza le assicuro, signora Gladstone, che il Nucleo non ha niente a che fare con la deprecabile scomparsa di…

Gladstone si alzò. — Per questo devo parlare a un Potere. Il tempo delle assicurazioni è terminato, Albedo. Occorrono parole chiare, se le nostre due razze vogliono sopravvivere. Non c'è altro. — Si interessò alle veline fax-notes sulla scrivania.

Il consulente Albedo si alzò, le rivolse un cenno di saluto e con uno scintillio si smaterializzò.

Gladstone fece comparire il teleporter privato, enunciò i codici dell'infermeria della Casa del Governo e iniziò a varcare il portale. L'istante prima di toccare la superficie opaca del rettangolo di energia, esitò: per la prima volta in vita sua si sentì inquieta all'idea di varcare un teleporter.

E se il Nucleo avesso voluto rapire anche lei? O ucciderla?

Meina Gladstone capì all'improvviso che il Nucleo aveva potere di vita e di morte su ogni cittadino della Rete che usasse un teleporter… ossia qualsiasi cittadino di una certa importanza. Non era stato necessario rapire e trasferire chissà dove Leigh e il cìbrido Severn… bastava la persistente abitudine di considerare i teleporter il perfetto sistema di trasporto, per creare la convinzione inconscia che i due erano andati da qualche parte. Il suo aiutante e l'enigmatico cìbrido avrebbero potuto facilmente essere stati traslati… nel nulla. Atomi sparpagliati e disseminati attraverso un'anomalia. I teleporter non "teleportavano" persone e cose… il concetto era di per sé una sciocchezza; ma non era forse una sciocchezza maggiore, fidarsi di un congegno che forava il tessuto dello spazio-tempo e consentiva di attraversare "botole" buco nero? E lei faceva una sciocchezza, a confidare che il Nucleo la trasportasse nell'infermeria?