— Siamo soltanto venuti a farti una proposta amichevole — disse uno dei ragazzi. — Ci basta che tu perda qualche battaglia, una ogni tanto. Magari quella che ti diremo noi.
— Magari anche tutte — aggiunse Bernard.
Gli altri risero, ma Bonzo non fece una piega, e neppure Ender.
— Sarai fiero di te, Bonito, coraggioso soldato. Poi potrai tornare a casa e raccontare ai tuoi ammiratori: sì, sono stato io a spezzare la schiena a Ender Wiggin, che non aveva neppure dieci anni quando io ne avevo tredici. E pensare che avevo soltanto sei amici, ma siamo riusciti lo stesso a dargliele, perché per fortuna lui era nudo e bagnato e solo. E loro diranno: diavolo! Hai avuto un bel fegato ad affrontare quello spaventoso e terribile Ender Wiggin senza portarti dietro almeno altri duecento coraggiosi amici…
— Tappati quella latrina di bocca, Wiggin — disse uno di loro.
— Non siamo venuti per sentir parlare questo piccolo bastardo — disse Bernard. — Non perdiamo altro tempo. Avanti.
— Voialtri state zitti — disse Bonzo. — Chiudete la bocca e state fuori dai piedi. — Cominciò a togliersi la tuta. — Nudo, bagnato e solo, Ender. Così saremo alla pari. Se sono più grosso di te non possiamo farci niente, no? Tu sei tanto intelligente che sai cavartela sempre. — Si volse agli altri. — Andate a sorvegliare la porta. Che nessuno entri.
Il locale delle docce non era molto vasto, e ovunque sporgevano infissi e tubature. Era stato lanciato in orbita in un sol pezzo, come un satellite, pieno fino al soffitto di equipaggiamenti e materiali di ogni tipo, e non aveva spazi morti o non sfruttati al massimo. Non a caso lo avevano cercato lì dentro, si disse, dove un cranio fratturato poteva esser fatto passare per un incidente.
Quando vide Bonzo mettersi in posa si sentì un groppo in gola. Doveva aver preso lezioni di lotta, e si muoveva come un esperto. Aveva un allungo maggiore del suo, era più forte di lui e pieno d’odio. Non farà le cose a metà. Vuole spaccarmi il cranio, pensò Ender. Cercherà di lasciarmi qui dentro con la testa rotta, e se andiamo per le lunghe ci riuscirà. La sua forza avrà la meglio. Se voglio uscire di qui con le mie gambe devo vincere alla svelta, e definitivamente. Gli parve di risentire lo spiacevole rumore con cui il naso di Stilson s’era rotto, quando l’aveva colpito con un calcio. Ma stavolta sarà il mio corpo a spezzarsi, a meno che prima io non spezzi lui.
Ender indietreggiò, diede un colpetto alla testa di una doccia per sollevarla più in fuori e aprì il rubinetto dell’acqua calda. Il getto uscì, in un alone di vapore. Svelto aprì le altre docce della fila.
— Non ho paura dell’acqua bollente — disse sottovoce Bonzo, muovendosi verso di lui.
Ma a Ender non interessava l’acqua. Voleva il vapore. Aveva addosso una patina di sapone secco, e l’umidità avrebbe reso il suo corpo più sdrucciolevole di quel che Bonzo poteva gradire.
Improvvisamente dalla porta venne un grido: — Basta, fermati! — Per un attimo Ender pensò che fosse un insegnante capitato lì per caso, ma invece era Dink Meeker. Gli amici di Bonzo lo avevano immobilizzato sulla soglia, schiacciandolo col petto contro il montante della porta. Il ragazzo girò la testa. — Smettila, Bonzo! — urlò. — Guai a te, se gli fai del male. Non puoi!
— E perché non posso, eh? — disse Bonzo, e per la prima volta sorrise. Ah, pensò Ender, gli piace far vedere a qualcuno che ha la situazione in mano, che è il più forte.
— Perché lui è il migliore, ecco perché! Chi altro può combattere gli Scorpioni come lui? È solo questo che conta, maledetti idioti, gli Scorpioni!
Bonzo smise di sorridere. Se doveva esserci una ragione inconfessabile per il suo odio, forse era proprio il sapere che Ender contava qualcosa per altra gente, mentre di sé non poteva dire lo stesso. Con le tue parole mi hai condannato, Dink. Per Bonzo, l’idea che io possa farmi onore anche fuori dalla Scuola è veleno.
Dove sono gli insegnanti? pensò, irritato. Non hanno capito che fra noi basta una lotta di pochi secondi per portare al dramma? Qui non siamo in sala di battaglia con addosso una tuta imbottita. Qui c’è la gravità, spigoli e angoli dove basta un colpo ed è la fine. Fermateci ora, o non ci fermerete più.
— Se lo tocchi sei uno sporco amico degli Scorpioni! — gridò Dink. — Sei un traditore. Se gli fai del male meriti di crepare! E io… uch! — Gli altri ragazzi gli fecero sbattere la faccia contro lo spigolo della porta, e lui si afflosciò con un gemito.
L’atmosfera del locale era annebbiata dal vapore e il corpo di Ender sudava, imperlato di umidità. Adesso, mentre sono ancora abbastanza scivoloso per le sue mani.
Fece un passo indietro, lasciando che la paura gli affiorasse liberamente sul volto. — Bonzo… smettila, adesso — disse. — Per favore, lasciami stare.
Era questo che l’altro aspettava: la certezza di averlo in suo potere. Altri ragazzi si sarebbero accontentati di umiliarlo, ma per Bonzo quello era solo il segno che la violenza sarebbe stata facile. Alzò una gamba come per sferrargli un calcio, ma all’ultimo istante poggiò il piede a terra e gli balzò addosso. Pur colto di sorpresa Ender si abbassò d’istinto, per evitare d’essere afferrato per il collo.
La faccia di Ender sbatté dolorosamente contro le robuste costole dell’avversario, poi un ansito gli uscì dai polmoni quando le mani di lui gli si abbatterono sulla schiena in cerca di una presa. Ma le dita di Bonzo scivolarono in vani tentativi di affondarglisi nella carne, e lui girò su se stesso all’interno delle sue braccia. Un attimo dopo gli voltava le spalle. A quel punto la mossa più classica sarebbe stata di scalciarlo all’inguine con un calcagno, ma era un colpo che doveva essere preciso, e Bonzo se lo aspettava già; s’era alzato in punta di piedi e spostava i fianchi all’indietro per tenere il ventre fuori dalla sua portata. Pur senza vederlo Ender sapeva dove si trovava in quel momento la faccia di lui: proprio dietro la sua testa. E invece di scalciare allargò saldamente i piedi sul pavimento, poi il suo corpo s’inarcò con un violento scatto di reni, e lo colpì con la nuca in pieno volto.
Le braccia di Bonzo lo lasciarono all’istante, e voltandosi Ender lo vide vacillare all’indietro fra due docce, a occhi sbarrati e grondando sangue dal naso. Per un attimo Ender fu tentato di approfittarne per uscire da li, così com’era già uscito dalla sala di battaglia dopo aver fatto sputar sangue a due o tre aggressori. Ma come allora, la cosa avrebbe avuto un seguito, ancora e ancora, finché la sete di violenza di Bonzo non si fosse spenta. L’unica soluzione era di colpire Bonzo in modo che la paura finisse col diventare più forte del suo odio.
L’avversario aveva appena urtato la schiena contro il muro che Ender lo raggiunse con una forte ginocchiata nei testicoli. Bonzo mandò un grugnito e si piegò in due, girandosi di lato, ma lui gli fece sbattere la testa contro il tubo della doccia, che vibrò da cima a fondo. Poi, usando i gomiti invece dei pugni, lo colpì ancora ripetutamente sullo stesso lato del cranio.
Bonzo non emise un gemito e non reagì. Non tentò neppure di raddrizzarsi, mentre la sua testa continuava a sbattere rumorosamente contro il tubo metallico. Ma ad un tratto crollò in avanti e rotolò al suolo, direttamente sotto il getto di una delle docce. Restò lì immobile, senza accennare a togliersi via dal micidiale fiotto d’acqua bollente.
— Cristo! — gridò una voce. Gli amici di Bonzo si precipitarono a chiudere il rubinetto. Ender barcollò da parte sotto una spinta, e scivolò, ma una mano lo aiutò a rialzarsi e qualcuno gli porse l’accappatoio. Era Dink, che perdeva sangue da un labbro. — Andiamocene da qui — disse il ragazzo. Prese Ender per un gomito e lo portò fuori in fretta. Da lì a poco sentirono i passi pesanti di qualche adulto che scendeva di corsa per le scale. Adesso gli insegnanti si sarebbero fatti vivi. L’ufficiale medico e l’infermiere, per prendersi cura del suo aggressore. Dov’erano prima dello scontro, quando ancora non c’erano ferite da medicare?