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– Grazie – disse Miles. – Posso avere un cavallo tutto mio? Posso avere quello?

– No, quello no! – disse Piotr, indignato. Poi sbuffò fra sé. – Non è per bambini. Forse un pony.

– Un cavallo – insisté Miles, guardandolo in faccia.

Cordelia conosceva già quella sua tendenza a contrattare, così testarda che invece di fermarsi a una concessione lo spingeva a balzarci sopra per ottenerne un’altra immediatamente dopo. Ed era astuto; arrivava al punto di mettere in mostra il braccio appena fratturato per ammorbidire le difese della controparte. – No, un pony – disse, dando a Piotr un sostegno di cui lui non aveva ancora capito quanto avesse bisogno. – Un pony molto docile. Piccolo e docile.

Piotr la guardò con aria di sfida. – Forse potrai stare in sella a un cavallo, quando sarà il momento – disse a Miles. – Ma non prima d’essere pronto, e se lo avrai meritato studiando la tecnica.

– Posso cominciare subito?

– Subito puoi cominciare una cosa sola – stabilì fermamente Cordelia. – Tornare a casa e poi dal dottore. Sono sicura che il braccio andrà ingessato.

– Ma non dovrò aspettare finché sarò guarito, no?

– Questo ti insegnerà a non andare in giro a farti male!

Piotr guardò Cordelia a occhi socchiusi. – In effetti, il dressage richiede all’inizio l’addestramento con la briglia lunga. Ma, prima ancora di imparare a usare le braccia, bisogna allenarsi a stare in sella con un minimo di naturalezza.

– Ho visto le selle, prima – disse Miles, annuendo. – Hanno i ferri per metterci dentro i piedi. Se potessi…

Prima che Cordelia fosse in contatto col medico che faceva parte dell’entourage del Reggente, Piotr era riuscito a ricatturare il suo prezioso animale – con uno stratagemma efficace, anche se lei trovava assurdo che uno andasse in giro con dello zucchero in tasca – e stava già spiegando a Miles come usare una semplice corda per imbrigliare un cavallo da dressage, da quale lato lo si doveva avvicinare e che distanza tenere mentre lo si portava a rimorchio. Col visetto attento rivolto all’insu, appena all’altezza della cintura del vecchio, il bambino assorbiva le sue parole come una spugna.

– Vogliamo scommettere su chi si porterà dietro chi, prima della fine della settimana, attaccato a una briglia? – le mormorò Aral in un orecchio.

– Non voglio rischiare. Credo che i mesi d’immobilità trascorsi in quella spaventosa gabbia per la colonna vertebrale abbiano insegnato a Miles l’arte della persuasione. Il modo migliore, a lungo termine, per controllare chi ti sta intorno è di fargli piacere i tuoi desideri. Per fortuna non ha mai usato il pianto come strategia. È un piccolo mostro di volontà, capace di manovrare chiunque, e riesce perfino a non fartelo notare.

– Sì, temo che il Conte non avrà molte possibilità con lui – fu d’accordo Aral.

Cordelia sorrise a quella visione, poi tornò seria. – Quando mio padre tornava a casa in licenza, dopo mesi a bordo di una nave della Sorveglianza Astronomica Betana, costruivamo insieme modellini di alianti. Per farli volare occorrevano due cose. Prima di tutto prendere una lunga rincorsa. E poi, lasciarli andare. – Le sfuggì un sospiro. – Riuscire a vedere il momento giusto per lasciarli andare era la cosa più difficile.

Piotr, il suo cavallo, Bothari e Miles sparirono nella penombra della scuderia. Dal modo in cui gesticolava, Cordelia capì che il bambino stava sgranando domande a raffica.

Aral la prese per mano e s’incamminarono insieme su per la collina. – Credo che volerà in alto, mia cara capitana.

FINE