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Il nuovo laboratorio era spazioso, pieno di luce, e poco invitante per qualsiasi spettro di sani istinti. Quando Vaagen la scortò nell’interno, Cordelia vi trovò un nutrito gruppo di persone: ingegneri e medici militari che Vaagen stava coinvolgendo nella tecnica dei simulatori uterini, e ostetrici privati interessati alla cosa. C’era anche il Dr. Ritter, futuro pediatra di Miles, che Vaagen consultava per la chirurgia dei trasferimenti di placenta. La scienza aveva la precedenza; i semplici genitori dovevano aprirsi la strada coi gomiti in quell’illustre consesso.

Vaagen si muoveva con autorità e competenza. Il suo occhio ferito non era guarito bene; doveva portare una lente a contatto polarizzata; ma avrebbe avuto bisogno di un intervento chirurgico e aveva detto a Cordelia che per il momento gliene mancava il tempo. Un tecnico mise il simulatore uterino su un apposito supporto e Vaagen prese tempo illustrando ai presenti alcuni particolari, quasi per creare un’atmosfera e dare un tocco drammatico a una cosa che Cordelia conosceva come molto semplice e piatta. Si servì di un proiettore olografico per mostrare gli effetti delle soluzioni ormonali che iniettava nel sistema nutritivo dell’apparecchio, spiegò i dati dei display, descrisse le fasi della separazione di placenta in atto all’interno del replicatore, e terminò con le piccole differenze tecniche fra il parto da un simulatore e quello da un corpo femminile. Cordelia rifletté che Alys VorpatriI avrebbe trovato quest’ultima parte molto lacunosa. Prova tu a partorire per terra in una stanza nuda, senza riscaldamento e in una notte d’inverno, con uno straccio fra i denti per non urlare, e vedrai le «piccole differenze tecniche».

Vaagen si girò a cercare il suo sguardo, fece una pausa d’effetto e sorrise. — Lady Vorkosigan, prego — disse, indicandole i sigilli del simulatore. — Questo privilegio spetta a lei.

Cordelia si fece avanti, esitò, si volse a cercare suo marito. Era lì, attento e solenne, fra gli spettatori. — Aral…

Lui le venne accanto. — Sei sicura di sapere come si fa?

— Se sai aprire una lattina di birra, non c’è problema. — Presero ciascuno un’estremità del sigillo e lo staccarono, all’unisono; poi aprirono le due flange dello sportello. Un rivolo di liquido colò nella bacinella sottostante. Il Dr. Ritter entrò in azione con un bisturi a vibrolama, e incise lo strato di tubicini pieni di fluido nutriente con un tocco così leggero che l’argenteo sacco amniotico sotto di essi non fu neppure graffiato. Infine lo aprì, estrasse Miles dalla sua confezione biologica, tagliò il cordone ombelicale e gli svuotò la bocca e il naso per facilitare il suo primo, stupito, respiro d’aria. Il braccio di Aral intorno alla vita di Cordelia stringeva così forte da farle male. Una breve risata, appena un ansito, gli uscì dalle labbra; ma subito deglutì saliva e controllò il miscuglio di eccitazione e di sofferenza per riportare i suoi lineamenti sotto controllo.

Benvenuto, bambino mio, pensò Cordelia. Ha un buon colorito. …

Sfortunatamente c’erano altre cose, e queste non troppo buone. La differenza col piccolo Ivan colpì Cordelia. Malgrado le due settimane in più di gestazione — dieci mesi, contro i nove e mezzo del figlio di Alys — Miles era appena la metà di lui e molto più grinzoso e rattrappito. La sua colonna vertebrale era chiaramente deforme, e le gambe contratte sotto il bacino in posizione anomala. Era un maschio, su questo nessun dubbio. Ma il suo primo vagito fu debole e sottile, nulla di simile allo strillo iroso, famelico, con cui Ivan aveva aggredito il mondo. Dietro di lei Cordelia sentì il mormorio irritato e deluso di Piotr.

— Ha avuto abbastanza fluido nutritivo negli ultimi tempi? — chiese Cordelia a Vaagen, sforzandosi di non avere un tono accusatore.

Lui scrollò le spalle. — Tutto quello che poteva assorbire.

Il pediatra lavò Miles, lo depose sotto una lampada riscaldante e affiancato dai colleghi cominciò a visitarlo. Cordelia e Aral si fecero avanti per guardare meglio.

— Il tratto dorsale della colonna si raddrizzerà da solo, milady — disse il pediatra. — Ma quello lombare dovrà essere corretto chirurgicamente appena possibile. Lei aveva ragione, Vaagen: il trattamento per ottimizzare lo sviluppo cranico ha fuso al bacino le articolazioni dei femori. È per questo che le gambe sono piegate in questa brutta posizione. Bisognerà operare anche qui, e ricostruire le articolazioni prima che abbia l’età dei primi movimenti autonomi. Non entro i prossimi dodici mesi, comunque; la precedenza andrà data all’intervento lombare. Poi, quando avrà acquistato un po’ di peso e di forza muscolare…

D’un tratto Ritter, che stava tastando le braccia del neonato, mandò un’imprecazione; spostò sul tavolo lo schermo a ultrasuoni e lo accese. Miles vagì pietosamente. Nel guardare lo schermo Aral strinse i pugni. Cordelia si sentì fermare il cuore. — Mio Dio! — esclamò il chirurgo. — L’omero destro si è appena fratturato. Aveva visto giusto, Vaagen: le sue ossa sono anormalmente fragili.

— Almeno ha le ossa — mormorò Vaagen. — C’è stato un momento in cui anche questo era in dubbio.

— Fate attenzione nel toccarlo — disse Ritter. — Specialmente alla testa e alla colonna vertebrale. Se anche le altre sono deboli come le ossa lunghe, dovremo proteggerle con dei rinforzi esterni.

Piotr fece dietro front e si avviò alla porta. Aral lo guardò, le labbra strette in una linea dura, si scusò e uscì anch’egli. Cordelia fremeva, ma appena i medici le garantirono che non c’erano altre fratture e ogni precauzione per evitarle sarebbe stata presa immediatamente, lasciò Miles alle loro cure e seguì Aral.

Piotr era in corridoio e stava camminando avanti e indietro. Aral lo fissava in silenzio, a braccia conserte. Bothari si teneva in disparte.

Il vecchio Conte si girò per tornare indietro e la vide. — Tu! Tu mi hai raccontato delle favole. Sono questi i grandi progressi di cui parlavi? Ghaa!

— Sì, ci sono stati forti progressi. Miles è molto più sano di quanto si poteva sperare. Nessuno ci ha promesso la perfezione.

— Mi hai mentito. Vaagen ha mentito.

— No, non è così — negò Cordelia. — Ho cercato più volte di darle un’idea precisa del trattamento messo in atto da Vaagen. Ciò che ha ottenuto è quello che i suoi rapporti prevedevano. Non finga di non ricordare le mie parole.

— Io vedo quel che stai cercando di fare, ma non funzionerà. — Piotr indicò Aral. — L’ho detto chiaro a mio figlio: qui è dove io mi fermo. Non voglio vedere mai più quel mutante. Mai più. Finché avrà vita… e vivrà poco, da quel che ho potuto vedere, tu non lo porterai mai nella mia casa. Soltanto Dio può giudicarmi, donna. Non mi farai più passare da stupido.

— A questo sa provvedere lei stesso — sbottò Cordelia.

Le labbra di Piotr si torsero in una smorfia sprezzante. Visto che lei lo trovava un bersaglio facile, si volse ad Aral. — E tu, uomo senza spina dorsale, servo di una gonna… se tuo fratello maggiore fosse vissuto… — Preferì non andare oltre e chiuse la bocca. Ma aveva già detto troppo.

Aral era grigio in faccia. Due sole volte Cordelia gli aveva visto quell’espressione, ed entrambe le volte era stato a un passo dal commettere un omicidio. Piotr aveva innescato la rabbia più cupa di cui lui fosse capace. Soltanto allora Cordelia si rese conto che il vecchio Conte, per quanto avesse visto irritato il figlio, non s’era mai trovato alle prese con una rabbia di quel genere. Piotr sembrò tuttavia comprenderlo, vagamente, perché corrugò le sopracciglia e gli gettò un’occhiata di traverso.

Aral unì le mani dietro la schiena, con tale forza spasmodica che avrebbe potuto spezzarsi le dita. Alzò il mento. La sua voce era un sussurro, quando parlò.

— Se mio fratello fosse vissuto, sarebbe stato perfetto. Tu ne eri convinto, io ne ero convinto, perfino l’Imperatore Yuri ne era convinto. Così, hai dovuto arrangiarti con le briciole rimaste sul tavolo dopo quel pasto sanguinoso, il figlio che i sicari di Yuri il Folle non avevano trovato lì, perché tu lo trascuravi. Sì, noi Vorkosigan ci arrangiamo con quello che abbiamo. — La sua voce si abbassò ancor di più. — Ma il mio primogenito vivrà. Io non trascurerò di proteggerlo.