Homir Munn era sveglio, naturalmente, e stava leggendo a letto, illuminato dalla luce di una lampadina.

Giro la testa e infilo un braccio sotto il cuscino.

Arcadia ritiro la testa velocemente.

La luce si spense e Munn con voce tremante disse: – Ho in mano un fulminatore e per la Galassia, sparero…

Arcadia rispose debolmente: – Sono solo io.

Non sparare.

Si accesero tutte le luci su tutta la nave, e Munn si mise seduto sul letto.

Arcadia usci dal suo nascondiglio riparandosi dietro la sua giacchetta di metallene che era garantita contro le pieghe.

Munn rimase per un istante immobile, poi quasi salto dal letto.

Riprendendosi, tiro su le lenzuola fino al mento. – C…c…osa…

Le sue parole erano incomprensibili.

– Ti dispiace aspettare un momento – disse Arcadia con una vocetta gentile, – devo andare a lavarmi le mani. – Sapeva dove dirigersi, aveva ispezionato l'astronave prima di nascondersi, e si dileguo velocissima.

Quando torno, Homir Munn era in piedi nella stanza e indossava una vestaglia a colori sgargianti.

Era furioso.

– Che cosa…a dia…volo f…ai qui s…ull'astronave? C…ome hai fat…to a s…alire a bordo? C…he f…accio adesso? Avrebbe continuato a fare domande all'infinito se Arcadia non l'avesse interrotto. – Avevo voglia di venire con te, zio Homir.

– M…ma ma io n…on sto andando da n…nessuna parte! – Stai andando su Kalgan a cercare informazioni sulla Seconda Fondazione.

Munn lancio un grido e cadde esausto sul letto.

Per un istante Arcadia ebbe timore che lo zio si facesse prendere da una crisi isterica e cominciasse a battere la testa contro il muro.

Aveva ancora in mano il fulminatore e senti una stretta allo stomaco mentre l'osservava.

– Attento… calmati – fu tutto cio che riusci a dire.

Poco per volta Munn sembro riprendere il controllo.

Sbatte il fulminatore sul letto con tanta forza che sarebbe potuto partire un colpo e forare in tal modo lo scafo.

– Come hai fatto a salire? – chiese lentamente, controllando ogni parola in modo da non balbettare.

– E' stato facile.

Mi sono presentata allo spazioporto con la mia valigetta, e ho detto: Bagaglio per il signor Munn!.

L'incaricato mi ha indicato l'astronave col pollice senza nemmeno alzare la testa.

– Adesso ti devo portare indietro, lo sai? – disse Homir, e spalanco gli occhi spaventato al pensiero.

Per la Galassia, questa volta non era colpa sua.

– Non puoi – disse Arcadia con calma, – perche attireresti l'attenzione.

– Che cosa? – Lo sai benissimo.

Hanno mandato te su Kalgan proprio perche era la cosa piu naturale che fossi tu ad andarci e a chiedere il permesso che ti facessero visitare il palazzo del Mulo.

E tu devi comportarti in maniera naturale senza attirare l'attenzione.

Se invece ritorni con una clandestina a bordo, c'e il rischio che la notizia vada a finire alla televisione.

– Dove hai preso queste informazioni su Kalgan? Che b… bambinate m…mi vai raccontando? – Non sarebbe riuscito a essere convincente nemmeno con una persona che ne sapeva meno di Arcadia.

– Ho ascoltato – disse Arcadia con una punta di orgoglio, – la vostra conversazione con il mio ricevitore di suoni.

So tutto.

E sarai costretto a farmi venire con te.

– E tuo padre? Potrebbe pensare che sei stata rapita… o abbia avuto un incidente.

– Gli ho lasciato una lettera, e anche lui probabilmente si rendera conto che e meglio non fare storie.

Probabilmente riceverai un telegramma da lui.

Aveva appena finito di parlare che il segnalatore comunico un telegramma in arrivo.

– Scommetto che si tratta di mio padre – disse Arcadia.

Aveva ragione.

Il messaggio non era lungo ed era indirizzato ad Arcadia.

Diceva: Grazie per il bel regalo.

Sono sicuro che ne hai fatto buon uso.

Divertiti.

– Vedi – disse, – queste sono le istruzioni.

Homir a poco a poco si abituo a lei.

Dopo alcuni giorni era contento di averla con lui.

Alla fine, molto spesso si chiedeva come avrebbe fatto senza di lei.

Chiacchierava e gli teneva compagnia.

Era eccitatissima.

E soprattutto, non sembrava affatto preoccupata.

Sapeva che la Seconda Fondazione era un nemico, ma non se ne curava.

Sapeva che su Kalgan avrebbero avuto a che fare con funzionari ostili, ma aspettava con ansia di arrivare.

Forse dipendeva dal fatto che aveva solo quattordici anni.

In ogni modo, durante quel viaggio di una settimana avrebbe potuto chiacchierare con qualcuno, invece che rimuginare tristi pensieri.

Per la verita la conversazione non era molto interessante visto che riguardava soprattutto i metodi con i quali la ragazzina avrebbe cercato di sedurre e convincere il Signore di Kalgan.

In un certo senso era divertente ascoltarla e qualche volta dimostrava una certa profondita di pensiero.

Homir si scopri la capacita di sorridere mentre ascoltava le storie fantastiche che la ragazzina inventava basandosi sulle sue deformate cognizioni di storia galattica.

Era la sera prima dell'ultimo balzo.

Kalgan, in lontananza, non era chiaramente visibile tra le migliaia di stelle circostanti.

Guardandola col telescopio dell'astronave, aveva l'aspetto di un globo luminoso appena visibile.

Arcadia era seduta con le gambe incrociate sulla poltrona.

Indossava un paio di pantaloni e una camicia non troppo larga che apparteneva a Homir.

Il suo guardaroba femminile era a lavare e le sarebbe servito una volta atterrati.

Disse: – Ho intenzione di scrivere romanzi storici. – Era felice per il viaggio.

Lo zio Homir l'ascoltava volentieri e la conversazione era tanto piu interessante quando si poteva parlare con una persona intelligente che ascoltava cio che lei diceva con serieta.

Continuo: – Ho letto tantissimi libri sui grandi uomini della storia della Fondazione.

Seldon, Hardin, Mallow, Devers, e tutti gli altri.

Ho anche letto la maggior parte dei libri che tu hai scritto sul Mulo a parte il fatto che non mi piace molto leggere quelle parti dove la Fondazione perde.

Non ti piacerebbe di piu leggere una storia dove vengono saltate tutte le parti tragiche? – Si, piacerebbe anche a me – disse Munn serio. – ma non sarebbe vera storia, non trovi, Arcady? Non potrai mai avere il rispetto accademico se non racconti tutta la verita.

– Sciocchezze.

Che importanza ha il rispetto accademico? – Trovava lo zio davvero divertente.

Erano giorni che non sbagliava nemmeno una volta nel chiamarla Arcady. – I miei romanzi saranno interessanti, la gente li comprera e io diventero famosa.

Non vale la pena scrivere libri se poi non si riesce a venderli e non si diventa famosi.

Non mi interessa che mi conoscano solo alcuni professoroni.

Voglio che mi conoscano tutti.

Assunse un'espressione ispirata e si sedette in una posizione piu comoda. – Non appena mio padre lo permettera, andro a visitare Trantor, in modo da raccogliere informazioni sul vecchio Impero.

Io sono nata su Trantor, lo sapevi? Homir lo sapeva ma disse lo stesso: – Davvero? – dando la giusta tonalita sorpresa.

La sua pazienza fu premiata da un sorriso.

– Vedi, mia nonna… avrai certamente sentito parlare di Bayta Darell…

si trovava su Trantor con mio nonno.

In effetti, e stato proprio li che hanno fermato il Mulo, quando ormai tutta la Galassia era ai suoi piedi, e mio padre e mia madre, che erano appena sposati, si trovavano la.

E' cosi che sono nata su Trantor.

Siamo vissuti su quel pianeta fino alla morte di mia madre, solo che io allora aveva appena tre anni, e non ricordo niente di quei tempi.

Tu, zio, sei mai stato su Trantor? – No non ci sono mai stato. – Si appoggio allo schienale della sedia e ascolto distrattamente.

Kalgan era vicina e cominciava a sentire un certo nervosismo.

– Deve essere un mondo molto romantico.

Mio padre dice che sotto Stannel V ci abitava piu gente che in dieci pianeti di adesso.

Dice che era un mondo tutto coperto di metallo, una sola immensa citta, la capitale di tutta la Galassia.

Mi ha fatto vedere alcune fotografie che ha preso su Trantor.

Adesso e tutto in rovina, ma e ancora stupendo.

Mi piacerebbe proprio andarlo a vedere.

Veramente.

Homir! – Si? – Perche non andiamo laggiu, una volta che abbiamo finito con Kalgan? Homir corrugo la fronte. – Che cosa? Ora non cominciare.

Stiamo lavorando, il nostro non e un viaggio di piacere.

Ricordatelo.

– Si, lo so, ma proprio per questo – strillo. – Su Trantor dovrebbero esserci un mucchio di informazioni.

Non lo pensi? – No, non credo – disse lui e si alzo. – E ora alzati che devo usare il calcolatore.

Fra poco dobbiamo fare l'ultimo Balzo, dopo di che andremo a dormire. – Perlomeno esisteva un vantaggio atterrando; s'era stufato di cercare di dormire avvoltolato in un cappotto sul pavimento di metallo.

I calcoli non erano difficili…

La carta stellare era abbastanza precisa sulla via da seguire nel tratto Fondazione-Kalgan.

Ambedue provarono la momentanea scossa che indicava il passaggio nell'iperspazio, e l'ultimo anno-luce volo alle loro spalle.

Il sole di Kalgan era finalmente visibile: luminoso, grande, di un colore giallo chiaro.

Ormai non mancava che una notte di sonno.

12. Signore

Di tutti i pianeti della Galassia, Kalgan indubbiamente aveva una storia unica.

La storia del pianeta Terminus, per esempio, era quella di un mondo in espansione quasi ininterrotta.

Quella di Trantor, un tempo capitale della Galassia, era la storia di un pianeta in continua decadenza.

Ma Kalgan…

Kalgan in un primo tempo divenne famosa come capitale dei divertimenti della Galassia, due secoli prima della nascita di Hari Seldon.

Era il pianeta dei divertimenti nel senso che ne aveva fatto un'industria immensa e redditizia.

Era un'industria che non conosceva crisi.

L'industria piu duratura della Galassia.

Quando la Galassia poco per volta decadde nella barbarie e nella rovina, Kalgan ne risenti solo in minima parte le conseguenze.

Non aveva importanza in che modo cambiasse la situazione politica o l'economia dei mondi circostanti, esisteva sempre un'elite, che per il fatto stesso di essere un'elite, aveva tempo e denaro da spendere.

Kalgan era stato al servizio, successivamente, degli affettati dandy della corte imperiale accompagnati dalle loro dame ingioiellate, dei duri e selvaggi capitani di ventura che governavano col ferro e col fuoco i mondi che avevano conquistato assieme alle loro donne, dei ricchi e grassocci mercanti della Fondazione con le loro amanti.