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«E cioè?»

Anna sospirò e lanciò uno sguardo fugace a Klaus. «La perfezione.» Rimase in silenzio per qualche istante, persa in una tristezza privata.

Il corridoio terminava in corrispondenza di una gigantesca porta di legno massiccio a due battenti, entrambi aperti. Oltre la soglia, una rudimentale scala a chiocciola scompariva giù nella montagna. La tromba era scavata nella roccia, ma la scala si avvolgeva attorno a un pilone centrale d’acciaio, spesso come un tronco d’albero.

Quando cominciarono a scendere, Painter guardò in alto. Il pilone d’acciaio attraversava il soffitto, forse innalzandosi oltre la spalla della montagna. Un parafulmine, pensò. Sentiva anche un vago odore di ozono, che aveva preso il posto del fumo.

Anna notò il suo sguardo. «Usiamo quel condotto per scaricare le energie in eccesso fuori dalla montagna.»

A Painter vennero in mente le luci spettrali di cui si riferiva nella zona. Era quella la fonte? Delle luci e, forse, della malattia? Reprimendo la rabbia, si concentrò sulle scale. Aveva un dolore martellante alla testa e la scala a chiocciola non faceva che peggiorare le vertigini, già in aumento. Nel tentativo di distrarsi, continuò la conversazione. «Ritornando alla storia della Campana, a che cosa serviva?»

«All’inizio nessuno lo sapeva. Era frutto delle ricerche su una nuova fonte di energia. Qualcuno pensava addirittura che potesse essere una rudimentale macchina del tempo, perciò ebbe il nome in codice Chronos.»

«Macchina del tempo?» le fece eco Painter.

«Non deve dimenticare che i nazisti erano avanti anni luce rispetto ad altre nazioni per determinate tecnologie. Ma mi lasci fare un passo indietro. All’inizio del secolo scorso, c’erano due sistemi teorici in competizione: la teoria della relatività e quella dei quanti. E, sebbene non fossero necessariamente in contraddizione tra loro, anche Einstein, il padre della relatività, descriveva le due teorie come incompatibili. La comunità scientifica si divise in due, e sappiamo bene per quale parte propendeva quasi tutto il mondo occidentale.»

«La relatività di Einstein.»

Anna annuì. «Il che condusse al progetto Manhattan e quindi alla scissione dell’atomo, alle bombe atomiche e all’energia nucleare. I nazisti presero una strada diversa, ma con altrettanto fervore. Avevano un loro equivalente del progetto Manhattan, basato però sull’altra fazione, la teoria dei quanti.»

«Perché scelsero quella strada?» chiese Lisa.

«Per un motivo molto semplice.» Anna si voltò verso di lei. «Perché Einstein era ebreo.»

«Cosa?»

«Non dimentichi il contesto di allora. Einstein era ebreo e perciò le sue scoperte avevano meno valore agli occhi dei nazisti, che invece s’interessarono alle teorie dei fisici tedeschi puri, considerando più valido e importante il loro lavoro. I nazisti basarono il loro progetto Manhattan sull’opera di scienziati come Werner Heisenberg, Erwin Schrödinger e, soprattutto, Max Planck, il padre della teoria dei quanti. Così i nazisti procedettero sulla strada delle applicazioni pratiche della meccanica quantistica, un lavoro considerato pionieristico ancora oggi. Gli scienziati nazisti credevano che si potesse attingere a una fonte di energia sulla base di esperimenti con modelli quantistici. Una cosa di cui si comincia a rendersi conto soltanto adesso. La scienza moderna la chiama energia del punto zero.»

«Punto zero?» ripeté Lisa, guardando Painter.

Lui annuì, conoscendo benissimo quel concetto scientifico. «Quando la materia viene raffreddata fino allo zero assoluto, cioè a quasi meno trecento gradi centigradi, il movimento atomico cessa del tutto. C’è completa immobilità. È il punto zero della natura. Eppure, anche in quella condizione, l’energia permane; una radiazione di fondo che non ci dovrebbe essere. La presenza dell’energia non poteva essere spiegata con le teorie tradizionali.»

«Ma, con la teoria dei quanti, sì», aggiunse Anna, con tono deciso. «Essa ammette il movimento anche quando la materia è congelata nella totale immobilità.»

«E com’è possibile?» chiese Lisa.

«Allo zero assoluto, le particelle non si possono muovere su, giù, a destra o a sinistra, ma, secondo la meccanica quantistica, possono entrare e uscire dall’esistenza, producendo energia, chiamata energia del punto zero.»

«Entrare e uscire dall’esistenza?» Lisa sembrava poco convinta.

«La fisica dei quanti può diventare un po’ bizzarra», intervenne Painter. «Ma, anche se il concetto sembra folle, l’energia è reale, è stata registrata in laboratorio. Gli scienziati di tutto il mondo stanno cercando un modo per attingere a questa energia, che è al cuore di tutta l’esistenza e rappresenta una fonte di energia infinita, senza limiti.»

Anna annuì. «E i nazisti facevano esperimenti su questa energia con lo stesso fervore che voi dedicavate al progetto Manhattan.»

Lisa sgranò gli occhi. «Una fonte illimitata di energia! Se l’avessero scoperta, avrebbe cambiato le sorti della guerra.»

Anna sollevò una mano, correggendola. «Chi dice che non l’hanno scoperta? È documentato che negli ultimi mesi della guerra i nazisti avevano fatto progressi straordinari. Progetti chiamati Feuerball e Kugelblitz, dettagli dei quali si possono ritrovare negli archivi desecretati della T-Force britannica. Ma quelle scoperte giunsero troppo tardi. Le strutture furono bombardate, gli scienziati uccisi, le ricerche trafugate. Qualsiasi cosa fosse rimasta, confluì nei progetti segretissimi delle nazioni vincitrici.»

«Ma non la Campana», disse Painter, riportando la discussione all’argomento originario.

«Non la Campana», convenne Anna. «Mio nonno riuscì a fuggire col cuore del progetto Chronos, nato dalla ricerca sull’energia del punto zero. Il progetto fu ribattezzato Schwarze Sonne da mio nonno, appunto.»

«Sole Nero», tradusse Painter.

«Sehr gut.»

«Ma torniamo alla Campana», riprese Painter. «Che cosa faceva?»

«È la Campana che l’ha fatta ammalare», disse Anna. «L’ha danneggiata al livello dei quanti, dove pillole o altri rimedi non hanno nessun effetto.»

Painter rischiò di scivolare dalle scale. Gli ci volle un momento per digerire l’informazione. Danneggiato al livello dei quanti. Che cosa significava?

Gli ultimi gradini erano bloccati da travi di legno incrociate. Due uomini armati di fucile facevano la guardia. Per quanto stordito, Painter notò la roccia devastata sulla volta dell’ultima curva della tromba delle scale. Davanti a loro si apriva una cripta cavernosa. Painter non riusciva a vedere cosa si nascondeva in fondo a quell’antro, ma sentiva il calore che emanava. Tutte le superfici erano annerite. A terra c’era una fila di sagome avvolte in tela cerata: cadaveri.

Era il sito dell’esplosione che avevano sentito qualche tempo prima. Dalla scena della catastrofe emerse una persona annerita dalla fuliggine, ma ancora riconoscibile. Era Gunther, il bestione che aveva incendiato il monastero. A quanto sembrava, gli inquilini del castello avevano seminato vento e raccolto tempesta…

Gunther si avvicinò allo sbarramento. Anna e Klaus lo raggiunsero. Vedendo i due uomini fianco a fianco, Painter notò una somiglianza tra i due giganti; non tanto nei lineamenti, ma in una certa durezza, in un’aura di estraneità che era difficile da definire.

Gunther salutò Klaus con un cenno del capo. L’altro notò a malapena la sua presenza.

Anna conferì con Gunther, parlando rapidamente in tedesco. Painter riuscì a distinguere una sola parola, identica in tedesco e in inglese: Sabotage.

Quindi non tutto andava per il verso giusto nel Castello di Granito. C’era forse un traditore? Se sì, chi era? E qual era il suo obiettivo? Era un amico o un altro nemico?

Gli occhi di Gunther si posarono su Painter. Le sue labbra si muovevano, ma Painter non riusciva a discernere ciò che diceva. Anna scosse la testa, dissentendo. Gli occhi di Gunther si ridussero a fessure, ma l’uomo fece un cenno di assenso.