La vecchia si rese conto del perché la testa di quell’uomo la disturbava.

— Stai in ginocchio? — lo accusò. — No, vero? Siete dei nani!

Ancora bisbigli.

— Be’, e allora? — ribatté l’altro in tono di sfida. — Niente di male in questo. Cos’hai contro i nani?

— Sapete riparare le scope?

— Scope magiche?

— Sì!

Altri bisbigli.

— E se ne siamo capaci?

— Be’, potremmo giungere a un accordo…

Le grotte dei nani echeggiavano dei colpi di martelli, anche se principalmente per fare impressione. Ai nani riesce difficile pensare senza il suono dei martelli, che loro trovano calmante. Così quelli di loro che guadagnano bene nel lavoro impiegatizio, pagano i folletti perché percuotano piccole incudini cerimoniali, tanto per mantenere intatta la reputazione nanesca.

La scopa era poggiata su due trespoli. Nonnina Weatherwax sedeva su un masso. Intanto un nano, alto la metà di lei, con indosso un grembiule zeppo di tasche, girava intorno alla scopa e di tanto in tanto le dava un colpetto.

Alla fine diede un calcio alle setole e trattenne il respiro, una specie di fischio all’inverso, che in tutto l’universo è il segno segreto degli artigiani e significa che sta per accadere qualcosa che risulterà costosa.

— Beeee’ — disse. — Potrei far venire qui degli apprendisti per dargli un’occhiata, potrei. Per loro sarebbe un insegnamento. E tu dici che veramente si alzava in aria?

— Volava come un uccello — rispose la Nonnina.

Il nano si accese la pipa. — Mi piacerebbe moltissimo vedere quell’uccello — disse in tono riflessivo. — Immagino che valga la pena di osservarlo, un simile uccello.

— Già, ma puoi ripararla? Ho fretta — insistette la strega.

Il nano si mise lentamente a sedere, con fare deciso.

— Quanto a una riparazione, be’, non so niente di riparazioni. Ricostruirla, forse. Naturalmente, oggigiorno è difficile avere le setole, anche se si trova chi è capace di legarle bene, e per gli incantesimi occorre…

— Io non la voglio ricostruita, voglio solo che funzioni come si deve — protestò la Nonnina.

— È un modello vecchio, vedi — continuò il nano senza scomporsi. — Assai difficili, questi vecchi modelli. Non si trova il legno…

Si sentì afferrare e sollevare finché i suoi occhi furono a livello con quelli della Nonnina. I nani, essendo essi stessi magici, oppongono resistenza alla magia. Ma, dalla sua espressione pareva che la vecchia fosse intenzionata a far sì che il bulbo degli occhi gli si incastrasse nel cranio dietro.

— Soltanto ripararla — sibilò. — Per piacere!

— Cosa, fare un lavoro alla carlona? — esclamò il nano e la pipa gli cadde a terra.

— Sì.

— Rappezzarla, vuoi dire? Tradire la mia esperienza, facendo un lavoro a metà?

— Sì. — Le pupille della vecchia erano due piccoli buchi neri.

— Oh! Va bene, allora — disse il nano.

Gander il capoccia era preoccupato.

Era la terza mattina da che avevano lasciato Zemphis, tenendo una buona andatura, e adesso stavano salendo al passo attraverso le montagne conosciute come le Pap di Scilla. (Ce n’erano otto, e Gander si domandava spesso chi fosse stata Scilla e se gli sarebbe piaciuta).

Una banda di gnoll si era avvicinata di nascosto a loro durante la notte. Le perfide creature, una varietà dei folletti delle rocce, avevano tagliato la gola a una guardia, certo con l’intenzione di massacrare l’intera carovana. Soltanto…

Soltanto, nessuno sapeva bene cosa fosse accaduto in seguito. Erano stati svegliati dalle urla e, dopo che i fuochi erano stati ravvivati e Treatle il mago aveva illuminato il campo di un azzurro fulgore, gli gnoll scampati erano distanti, ombre grottesche, che correvano come se fossero inseguiti dalle legioni infernali.

A giudicare da quanto era successo ai loro compagni, probabilmente avevano ragione. Brandelli di gnoll pendevano dalle rocce vicine, dando loro una sorta di aria allegra e festosa. La cosa non dispiaceva troppo a Gander. Gli gnoll prendevano gusto a catturare i viaggiatori e praticare l’ospitalità del tipo coltello arroventato e randello. Ma lo rendeva nervoso trovarsi nello stesso luogo di un Qualcosa che trapassava una dozzina di gnoll armati e robusti, come un cucchiaio che entra in un uovo poco cotto. Ma che non lasciava tracce.

Infatti il terreno era perfettamente pulito.

Era stata una notte molto lunga e la mattina non prometteva di essere migliore. L’unica persona ben sveglia era Esk, la quale aveva dormito sotto uno dei vagoni durante l’intera vicenda e si lamentava soltanto di avere fatto dei sogni curiosi.

Tuttavia, era un sollievo allontanarsi da quella vista macabra. Secondo Gander, l’aspetto degli gnoll non era migliore dentro che fuori. Lui li odiava con tutte le sue forze.

Esk viaggiava sul vagone di Treatle e parlava con Simon, che lo guidava con mani inesperte, mentre dietro a loro il mago recuperava un po’ di sonno.

Simon era inesperto in tutto. Ci riusciva veramente bene. Era uno di quei ragazzi alti, apparentemente fatti solo di ginocchi, pollici e gomiti. Guardarlo camminare era stressante, uno si aspettava sempre che i fili si spezzassero. E quando parlava, lo spasimo d’agonia de! suo volto se scorgeva certe consonanti più avanti nella frase, spingeva istintivamente le persone a pronunciarla per lui. Ma ne valeva la pena davanti alla espressione di gratitudine che gli si diffondeva sul viso butterato, come la luce del primo sole sulla luna.

In quel momento gli occhi gli lacrimavano per la febbre da fieno.

— Desideravi essere un mago quando eri piccolo?

Simon scosse la testa — Io vvv…

— …volevo…

— …scoprire come le cose fff…

— …funzionavano?

— Sì. Poi qualcuno del mio villaggio lo disse all’Università e mm-mandarono il Mm-maestro T-Treatle a prendermi. Diventerò un mmm…

— …mago…

— un giorno. Il mio Maestro Treatle dice che ho un’inclinazione eccezionale per la tt-teoria. — Gli occhi acquosi del ragazzo si inumidirono e sul suo viso devastato si dipinse un’espressione quasi rapita.

— Lui d-dice che hanno migliaia di l-libri nella biblioteca dell’Università Invisibile — disse, con la voce di un innamorato. — Più l-libri di quanto sia p-possibile leggere in tutta una vv-vita.

— Non sono sicura che i libri mi piacciano — disse la ragazzina. — Come può la carta conoscere le cose? La mia nonnina dice che i libri sono buoni solo se la carta è sottile.

— No, non è vero — protestò Simon. — I libri sonopieni di ppp… — Inghiottì e le lanciò un’occhiata supplichevole.

— …parole? — disse Esk, dopo averci pensato un momento.

— Sì, e possono cambiare le cc-cose. Qu-questo è… — Si sforzò di pronunciare una parola farfugliando.

— …ciò che… — lo aiutò Esk.

— devo ss-scoprire. So che è ll-lì, da qualche parte in tutti i vecchi libri. Loro ddd…

— …dicono…

— che non ci sono incantesimi nuovi, ma io so che da qualche parte ci ss-sono le ppp…

— …parole…

— sì, che nessun mmm…

— mago? — suggerì Esk, la fronte aggrottata nello sforzo di concentrarsi.

— Sì, ha mai trovato. — Chiuse gli occhi e sorrise, beato. Poi aggiunse: — Le Parole che Cambieranno il Mondo.

— Cosa?

— Eh? — Simon aprì gli occhi, giusto in tempo per impedire che i buoi uscissero dalla pista.

— Hai talmente farfugliato!

— Davvero?

— Ti ho sentito. Riprovaci.

Il ragazzo respirò a fondo e ci riprovò ripetutamente, ma senza risultato.

— Non serve, mi sfugge. Qualche volta mi riesce, se non ci penso. Il mio Maestro dice che sono allergico a qualche cosa.

— Allergico?

— C’è qualcosa nell’aria, pp-polline forse o l’odore dell’erba. Lui ha cercato di scoprirne la causa, ma sembra che la magia non sia di a-aiuto.

Stavano passando attraverso uno stretto sentiero tra pareti di rocce giallastre. L’espressione di Simon era sconsolata.