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Aenea e gli altri rientrarono nella nave per continuare la discussione. L’argomento era importante: escogitare un modo per impedire alla Pax di attaccare, una finta o una manovra diversiva che impedisse alla flotta in formazione di precipitarsi da questa parte. Ma io avevo in mente cose più importanti.

Quando A. Bettik si girò per lasciare la loggia, gli toccai il braccio. «Puoi restare qui a parlare un minuto?»

«Certo, signor Endymion.» La voce dell’androide era gentile come sempre.

Attesi di essere solo con lui nella loggia (il brusio di conversazione all’interno ci consentiva riservatezza all’esterno) e mi appoggiai alla ringhiera. «Mi spiace che non abbiamo avuto tante occasioni di parlare, dal nostro arrivo qui sull’Albero Stella» dissi.

Il cranio calvo di A. Bettik luccicava nella ricca luce del sole. Il suo sguardo era calmo e amichevole. «Va bene lo stesso, signor Endymion. Dal nostro arrivo, il susseguirsi di eventi è stato abbastanza frenetico. Convengo tuttavia che questo manufatto…» mosse l’unica mano a indicare la gigantesca curvatura dell’Albero Stella che pareva svanire nei pressi dello splendore del sole centrale «invita alla ricerca di occasioni per parlarne.»

«Non volevo parlare dell’Albero Stella né degli Ouster» dissi piano, sporgendomi dalla sua parte.

A. Bettik annuì e aspettò in silenzio.

«Tu hai accompagnato Aenea su tutti i pianeti che ha visitato, dalla Vecchia Terra a T’ien Shan, vero?» dissi. «Ixion, Patto-Maui, Vettore Rinascimento e gli altri.»

«Sì, signor Endymion. Ho avuto il privilegio di viaggiare con lei durante tutto il tempo in cui lei permise ad altri di accompagnarla nel viaggio.»

Mi mordicchiai il labbro; mi rendevo conto che stavo per fare la figura dello sciocco, ma non avevo scelta. «E quando lei non ti permise di accompagnarla nel viaggio?»

«Quando la signora Rachel, la signora Theo e gli altri rimasero con me su Groombridge Dyson D? Continuammo il lavoro della signora Aenea, signor Endymion. Sono stato particolarmente impegnato nella costruzione del…»

«No, no» lo interruppi. «Volevo domandarti che cosa sai della sua assenza.»

A. Bettik esitò. «Virtualmente nulla, signor Endymion» disse poi. «La signora Aenea ci comunicò di doversi assentare per qualche tempo. Aveva provveduto al nostro impiego e alla continuazione del lavoro con i suoi… studenti. Un giorno andò via e rimase via per quasi due anni standard…»

«Un anno, undici mesi, sette giorni e sei ore.»

«Sì, signor Endymion. Esatto.»

«E al suo ritorno non ti ha mai detto dov’era stata?»

«No, signor Endymion. Per quanto ne so, non l’ha mai rivelato a nessuno di noi.»

Avrei voluto afferrare A. Bettik per le spalle, fargli capire perché quella informazione era d’importanza vitale per me. Ma l’androide avrebbe capito? Non lo sapevo. Invece, sforzandomi di usare un tono calmo, quasi disinteressato (e fallendo miseramente) dissi: «Hai notato qualcosa di diverso in Aenea, quando tornò da quella vacanza, A. Bettik?».

Il mio amico androide esitò: non per riluttanza a parlare, pareva, ma per la difficoltà di ricordare sfumature d’emozione umana. «Subito dopo il suo ritorno partimmo per T’ien Shan, signor Endymion» disse poi. «Se ben ricordo, per alcuni mesi la signora Aenea fu soggetta a forti sbalzi d’umore… euforica un minuto, in preda alla più nera disperazione il minuto dopo. Ma quando lei è giunto su T’ien Shan, quella crisi emotiva pareva essersi già attenuata.»

«E non ha mai detto che cosa la provocasse?» Mi sentivo un porco a parlare così alle spalle della mia amata, ma sapevo che lei non avrebbe toccato con me quell’argomento.

«No, signor Endymion. Non mi parlò mai della causa. Presumo che si trattasse di uno o più eventi accaduti durante il periodo di assenza.»

Inspirai a fondo. «Prima che partisse, sugli altri pianeti, Amritsar, Patawpha, uno qualsiasi dei pianeti prima della sua partenza da Groombridge Dyson D… ha avuto… è stata… c’è stato qualcuno?»

«Non capisco, signor Endymion.»

«C’è stato un uomo nella sua vita, A. Bettik? Qualcuno verso il quale mostrasse affetto? Qualcuno che sembrasse in grande intimità con lei?»

«Ah» disse l’androide. «No, signor Endymion, non mi pare che ci fosse qualche maschio che mostrasse uno speciale interesse per la signora Aenea, se non come insegnante e possibile messia, naturalmente.»

«Già. E nessuno tornò con lei, dopo un anno, undici mesi, sette giorni e sei ore?»

«No, signor Endymion.»

Strinsi la spalla di A. Bettik. «Grazie, amico mio. Mi dispiace di averti fatto queste stupide domande. Solo che… non capisco… da qualche parte c’è un… merda, non importa. È solo una stupida emozione umana.» Mi girai per andarmi a unire agli altri.

A. Bettik mi prese per il polso e mi fermò. «Signor Endymion» disse piano «se l’emozione a cui si riferisce è l’amore, nella mia esistenza ho osservato la specie umana abbastanza a lungo da sapere che l’amore non è mai un’emozione stupida. Credo che la signora Aenea abbia ragione, quando insegna che potrebbe essere la principale energia dell’universo.»

Rimasi a guardarlo a bocca aperta, mentre lasciava la loggia e tornava nell’affollata biblioteca.

Erano sul punto di prendere una decisione.

«Secondo me» diceva Aenea, mentre entravo nella sala «dovremmo mandare un messaggio per mezzo della navetta a propulsione Gideon. Mandarlo direttamente e subito.»

«Confischeranno la navetta» disse Sian Quintana Ka’an, nel suo musicale contralto. «Ed è l’unica nave a propulsione istantanea che ci resta.»

«Bene» disse Aenea. «Quelle navi sono un abominio. Ogni volta che le si usa, si distrugge una parte del Vuoto che lega.»

«Tuttavia» disse Paul Uray, nel suo rauco dialetto Ouster, dando l’impressione di qualcuno che parlasse per radio fra scariche di statica «resta la possibilità di usare la navetta come mezzo di tiro.»

«Per lanciare testate nucleari o armi al plasma contro l’armada?» replicò Aenea. «Mi pareva che avessimo accantonato questa eventualità.»

«È il nostro unico modo di colpirli prima che ci colpiscano» disse il colonnello Kassad.

«Non sarebbe di alcun vantaggio» disse la Vera Voce dell’Albero Stella Ket Rosteen. «Le navette automatiche non sono costruite per la precisione. Una nave da guerra Arcangelo la distruggerebbe a minuti luce dal bersaglio. Sono d’accordo con Colei che insegna. Mandiamo il messaggio.»

«Ma il messaggio fermerà il loro attacco?» domandò Systenj Coredwell.

Aenea mosse la mano in quel gesto che conoscevo bene. «Non ci sono garanzie… ma se il messaggio li spiazza, almeno useranno le loro navette automatiche istantanee per rinviare l’attacco. Il tentativo vale la pena, ritengo.»

«E cosa dirà il messaggio?» domandò Rachel.

«Per favore, passatemi quella pergamena e lo stilo» disse Aenea.

Theo andò a prendere l’occorrente e lo depose sullo Steinway. Tutti, compreso me, si affollarono intorno a Aenea, che scrisse:

A papa Urbano XVI e al cardinale Lourdusamy.

Vengo su Pacem, al Vaticano.

Aenea.

«Ecco» disse la mia giovane amica, passando la pergamena a Navson Hamnim. «Per favore, appena avremo attraccato, mettila nella navetta corriere; predisponi il radarfaro su "Contiene messaggio scritto" e invia la navetta nel sistema di Pacem.»

L’Ouster prese la pergamena. Non avevo ancora imparato l’arte di leggere l’espressione facciale degli Ouster, ma capivo che qualcosa rendeva incerto Navson Hamnim. Forse era una forma ridotta dello stesso confuso timore che in quel momento mi riempiva il petto.

"Vengo su Pacem" pensai. Che diavolo significava, maledizione? Come poteva, Aenea, andare su Pacem e restare viva? Impossibile. E dovunque lei andasse, ero certo di una sola cosa: sarei stato al suo fianco. Ciò significava che Aenea avrebbe ucciso anche me, se era di parola. Com’era sempre stata. "Vengo su Pacem." Era solo un trucco per trattenere la loro flotta? Una vuota minaccia? un modo di tenerli in stallo? Avevo voglia di scuotere la mia amata fino a farle cadere i denti, o finché non mi avesse spiegato tutto.