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Siri gli toccò la spalla e indicò l'ovest.

Le isole bruciavano, affondavano, con le radici di assimilazione che si torcevano in vana sofferenza. I delfini pastori erano scomparsi. Dal cielo pioveva fuoco. Il Console riconobbe lance da miliardi di volt che bruciavano l'aria e gli lasciavano nella retina post-immagini grigiazzurre. Esplosioni sottomarine illuminavano gli oceani e mandavano migliaia di pesci e di fragili creature marine a ballonzolare in superficie negli spasmi della morte.

«Perché?» chiese nonna Siri; ma la sua voce era il dolce bisbiglio di una ragazzina.

Il Console tentò di risponderle, ma non ci riuscì. Le lacrime lo accecavano. Cercò la mano della nonna ma lei non era più lì, e il senso che fosse morta, che lui non avrebbe mai potuto rimediare ai propri peccati, lo addolorò al punto da rendergli impossibile respirare. Aveva la gola chiusa dall'emozione. Poi si rese conto che era il fumo, a fargli bruciare gli occhi e a riempirgli i polmoni: l'Isola Famiglia era in fiamme.

Il bambino che era il Console barcollò nel buio azzurrastro cercando alla cieca qualcuno che lo tenesse per mano, che lo rassicurasse.

Una mano si chiuse sulla sua. Non era quella di Siri. Era una mano incredibilmente ferma, che lo stringeva. Le dita erano lame.

Il Console si svegliò ansimando.

Era buio. Aveva dormito per sette ore almeno. Lottando contro le corde, si alzò a sedere, fissò il bagliore del display del comlog.

Dodici ore. Aveva dormito dodici ore.

Ogni muscolo del corpo protestò dolorosamente, quando si sporse a guardare in basso. Il tappeto Hawking manteneva la quota costante di quaranta metri, ma il Console non aveva la minima idea di dove fosse. Sotto di lui, basse colline salivano e scendevano. Senza dubbio il tappeto ne aveva mancate alcune di un paio di metri; erba arancione e licheni nani crescevano in ciuffi soffici.

Da qualche parte, in un momento imprecisato delle ultime ore, aveva sorvolato la riva meridionale del mare d'Erba, aveva mancato il piccolo porto di Limito e i moli del fiume Hoolie dove all'andata avevano ormeggiato la chiatta a levitazione, la Benares.

Il Console non aveva bussola — le bussole erano inutili, su Hyperion — né un comlog programmato come monitor inerziale di direzione. Contava di trovare la strada per Keats seguendo l'Hoolie a sud e a ovest, ripercorrendo il cammino laborioso del pellegrinaggio su per il fiume, a parte curve e anse.

Adesso si era smarrito.

Atterrò sulla sommità di una bassa collina, mise piede con un gemito di dolore sul terreno solido e spense il tappeto. Aveva consumato per un terzo, forse più, la carica dei fili di volo. E non sapeva quanta efficienza il tappeto avesse perduto, con il passare degli anni.

Le colline sembravano il territorio accidentato a sudovest del mare d'Erba, ma il fiume non si vedeva. Il comlog gli disse che il buio era sceso solo da un paio d ore, ma il Console non vide traccia di tramonto. Il cielo coperto impediva di vedere sia la luce delle stelle, sia le eventuali esplosioni della battaglia spaziale.

— Maledizione — mormorò il Console. Fece un giro per ripristinare la circolazione del sangue, urinò giù da una breve scarpata, tornò al tappeto per bere un sorso d'acqua. "Pensa!" si disse.

Aveva fissato il tappeto in una rotta verso sudovest che avrebbe dovuto lasciare il mare d'Erba in prossimità della cittadina portuale di Limito. Se, nel sonno, aveva semplicemente sorvolato Limito e il fiume, il corso d'acqua doveva trovarsi da qualche parte verso sud, spostato a sinistra. Ma se, lasciando Riposo del Pellegrino, aveva stabilito male la rotta, anche solo di qualche grado a sinistra, allora il fiume si sarebbe trovato da qualche parte verso nordest, alla sua destra. Anche se avesse preso la direzione sbagliata, alla fine avrebbe trovato un punto di riferimento, la costa della Criniera Nord, nel caso peggiore, ma il ritardo gli sarebbe costato un giorno intero.

Il Console diede un calcio a una pietra e incrociò le braccia. L'aria era molto fresca, dopo il caldo del giorno. Un brivido gli fece capire che soffriva di scottature solari. Si toccò la pelle del cranio, imprecò e ritrasse le dita. "Da quale parte?" si domandò.

Il vento fischiò tra la bassa artemisia e i licheni spugna. Il Console si sentì molto lontano dalle Tombe del Tempo e dalla minaccia dello Shrike, ma percepì, come una pressione urgente sulle spalle, la presenza di Sol e di Duré, di Het Masteen e di Brawne Lamia, degli scomparsi Sileno e Kassad. Lui si era unito al pellegrinaggio per un atto finale di annullamento, un inutile suicidio per mettere fine al proprio dolore… dolore per la perdita perfino del ricordo della moglie e del figlio uccisi durante le macchinazioni dell'Egemonia su Bressia, dolore per la consapevolezza del proprio orribile tradimento, verso il governo che aveva servito per quasi quarant'anni, verso gli Ouster che si erano fidati di lui.

Si sedette sopra una roccia e sentì svanire l'inutile odio per se stesso, quando pensò a Sol e alla piccina che aspettavano nella Valle delle Tombe. Pensò a Brawne, quella donna coraggiosa, piena d'energia, distesa, inerme, con l'estensione simile a sanguisuga del malefico Shrike che le spuntava dal cranio.

Risalì sul tappeto, lo attivò e si alzò a ottocento metri, così vicino al soffitto di nuvole che gli sarebbe bastato allungare la mano per toccarle.

Un breve squarcio nella coltre di nubi, lontano a sinistra, mostrò un luccichio. L'Hoolie era a circa cinque chilometri, verso sud.

Il Console eseguì una brusca virata; sotto lo sforzo, il campo di contenimento cercò di premerlo contro il tappeto, ma lui si sentì più tranquillo, grazie alle funi. Dieci minuti dopo, volava sull'acqua; planò per accertarsi che il fiume fosse proprio l'ampio Hoolie e non un affluente.

Era l'Hoolie. Ragnatelidi radianti rispondevano nelle zone basse e paludose lungo le rive. Le torri alte e scanalate delle formiche architetto lanciavano sagome spettrali contro un cielo appena più scuro del terreno.

Il Console si portò a venti metri di quota, bevve un sorso d'acqua e puntò a valle, alla massima velocità.

L'alba lo trovò a valle del villaggio Bosco di Doukhobor, quasi all'altezza delle chiuse Karla, dove il Regio Canale di Trasporto tagliava a ovest verso gli insediamenti urbani settentrionali e la Criniera. Il Console sapeva che da lì la capitale distava meno di centocinquanta chilometri… ma pur sempre sette irritanti ore di volo, alla misera velocità del tappeto. In quel punto si era augurato di trovare uno skimmer militare in servizio di perlustrazione, o un dirigibile passeggeri di Bosco delle Naiadi, o addirittura una rapida lancia a energia da requisire. Ma lungo le rive dell'Hoolie non c'era segno di vita, a parte un edificio in fiamme di tanto in tanto, o lumi a burro liquefatto, dietro finestre lontane. Le stie delle mante fluviali, sopra le chiuse, erano vuote, con le ampie grate aperte alla corrente; non c'erano chiatte da trasporto, più in basso, dove il fiume era largo il doppio rispetto al tratto sopra le chiuse.

Il Console imprecò e continuò il volo.

Era un magnifico mattino: il sole illuminava le basse nuvole e metteva in risalto ogni cespuglio e ogni albero. Al Console parve che fossero passati mesi interi, da quando aveva visto vera vegetazione. Sulle scarpate lontane, alberi weir e mezzequerce si alzavano a grande altezza, mentre nella piana fluviale la vivida luce metteva in risalto i verdi germogli di milioni di baccelli periscopici delle risaie indigene. Piegrovie e felci di fuoco coprivano le rive; ogni ramo, ogni radice contorta risaltavano nella luce aspra dell'alba.

Le nuvole inghiottirono il sole. Cominciò a piovere. Il Console calzò il tricorno gualcito, si rannicchiò sotto il mantello e volò verso sud, a quota cento metri.