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Poi rimasero in piedi, Sol con in braccio la piccina, all'ombra di un masso, mentre Duré diceva qualche parola, prima di lasciar cadere il terriccio sul sudario di fortuna ricavato da un telo di fibroplastica.

— Non conoscevo veramente il signor Masteen — disse il prete. — Non eravamo della stessa fede. Ma eravamo della stessa professione; la Voce dell'Albero Masteen passò gran parte della vita a fare ciò che riteneva opera di Dio, perseguendo la volontà di Dio negli scritti del Muir e nelle bellezze della natura. La sua era vera fede… messa alla prova dalle difficoltà, temprata dall'ubbidienza e, alla fine, consacrata dal sacrificio.

Duré s'interruppe e fissò a occhi socchiusi il cielo che si era schiarito in un bagliore di bronzo. — Ti prego, Signore, accogli il Tuo servo. Dagli il benvenuto nelle Tue braccia, come un giorno farai con noi, che Ti abbiamo cercato e abbiamo smarrito la strada. In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, amen.

Rachel cominciò a piangere. Sol passeggiò cullandola, mentre Duré spalava terra sul fagotto di fibroplastica a forma di uomo.

Tornarono sulla veranda della Sfinge e spostarono Brawne nel poco d'ombra che restava. Non era possibile ripararla dal sole al tramonto, a meno di portarla dentro la tomba, cosa che nessuno dei due voleva fare.

— Ormai il Console sarà più che a metà strada — disse il prete, dopo avere bevuto un lungo sorso d'acqua. Aveva la fronte bruciata dal sole e velata di sudore.

— Sì — disse Sol.

— Domani a quest'ora dovrebbe essere di ritorno. Useremo cesoie a laser per liberare Brawne e la metteremo nello scomparto chirurgico della nave. Forse sarà possibile arrestare il ringiovanimento di Rachel mettendola in crio-fuga, anche contro il parere dei medici.

— Sì.

Duré abbassò la bottiglia d'acqua e guardò Sol. — Crede che accadrà così?

Sol gli restituì lo sguardo. — No — disse.

Dalle pareti di roccia di sudovest le ombre si allungarono. Il calore del giorno si rapprese in una cosa solida, poi si dissipò un poco. Da sud arrivarono delle nuvole.

Rachel dormiva nell'ombra accanto al vano della porta. Sol si accostò a Paul Duré che fissava la valle e gli posò la mano sulla spalla. — A cosa pensa, amico mio?

Duré non si girò. — Se non fossi convinto che il suicidio è davvero un peccato mortale, allora porrei termine a tutto per dare al giovane Hoyt una possibilità di vivere. — Guardò Sol e mostrò una parvenza di sorriso. — Ma è davvero suicidio, se questo parassita che ho sul petto… un tempo sul petto di Hoyt… un giorno mi trascinasse, urlante e scaldante, alla mia stessa risurrezione?

— Sarebbe un dono, per Hoyt, riportarlo allo stato precedente? — disse Sol, a voce bassa.

Per un momento Duré rimase in silenzio. Poi gli strinse il braccio. — Vado a fare due passi — disse.

— Dove? — Sol fissò a occhi socchiusi la densa caligine pomeridiana sul deserto. Anche sotto la bassa coltre di nuvole, la valle era un forno.

— Giù nella valle — rispose il prete, con un gesto vago. — Tornerò presto.

— Faccia attenzione — disse Sol. — E ricordi che il Console, se s'imbatte in uno skimmer di pattuglia lungo l'Hoolie, potrebbe tornare oggi pomeriggio.

Duré annuì, andò a prendere una bottiglia d'acqua e a fare una carezza a Rachel, poi scese la lunga scalinata della Sfinge, attento a dove metteva i piedi, come un uomo molto, molto vecchio.

Sol lo guardò allontanarsi, diventare una figura sempre più piccola, distorta dalle ondate di calore e dalla distanza. Con un sospiro tornò a sedersi accanto alla figlia.

Paul Duré cercò di tenersi all'ombra, ma anche lì il caldo opprimente pesava come un enorme giogo sulle spalle. Il prete oltrepassò la Tomba di Giada e seguì il sentiero verso le pareti nord e l'Obelisco. La sottile ombra di questa tomba disegnava una macchia scura sulla pietra rosea e sulla polvere del fondovalle. Duré proseguì in discesa, attraversò con prudenza i detriti intorno al Monolito di Cristallo e lanciò un'occhiata in alto: un vento pigro muoveva i vetri in frantumi e sibilava tra le fessure nella parte superiore della facciata della tomba. Duré vide il proprio riflesso nella parte inferiore e ricordò quando aveva udito il suono d'organo del vento della sera che s'alzava dalla Fenditura, nell'altopiano Punta d'Ala, dove aveva trovato i Bikura. Gli parve che fosse accaduto intere vite prima. Ed era vero, alla lettera!

Duré sentì i danni che la ricostruzione del crucimorfo aveva provocato alla mente e alla memoria. Dava la nausea… l'equivalente di un collasso cardiaco senza speranza di guarigione. Ragionamenti che un tempo sarebbero stati per lui gioco da ragazzi ora richiedevano estrema concentrazione oppure trascendevano semplicemente le sue capacità. Le parole gli sfuggivano. Le emozioni lo strattonavano con la stessa improvvisa violenza delle maree del tempo. Varie volte era stato costretto a lasciare gli altri pellegrini e mettersi in un canto a piangere in solitudine, per ragioni che non riusciva a capire.

Gli altri pellegrini. Ora rimanevano soltanto Sol e la piccina. Padre Duré avrebbe dato volentieri la propria vita, in cambio della loro. Era peccato, si domandò, pensare a patti con l'Anticristo?

Si era inoltrato di parecchio nella valle, quasi fino alla curva verso est, nell'ampio cul-de-sac dove il Palazzo dello Shrike gettava sulla roccia il suo labirinto d'ombre. Il sentiero deviava verso la parete di nordovest e passava davanti alle Grotte. Dalla prima usciva aria fresca e Duré fu tentato di entrare anche solo per riprendersi dal caldo, chiudere gli occhi e schiacciare un pisolino.

Continuò a camminare.

L'ingresso della seconda tomba aveva un numero maggiore di sculture barocche; a Duré ricordò l'antica basilica scoperta nella Fenditura… l'enorme croce e l'altare dove i Bikura avevano "adorato". Adoravano l'oscena immortalità del crucimorfo, non la possibilità della vera Risurrezione promessa dalla Croce. Ma qual era, la differenza? Duré scosse la testa, cercò di eliminare la nebbia e il cinismo che gli rannuvolavano ogni pensiero. Il sentiero deviò più in alto, al di là della terza Grotta, la più bassa e insignificante delle tre.

C'era una luce, dentro la terza Grotta.

Duré si fermò, trasse un respiro, lanciò un'occhiata nella valle. La Sfinge era visibilissima, quasi un chilometro più indietro, ma Duré non riuscì a distinguere Sol, nelle ombre. Per un momento si domandò se era stata proprio la terza tomba, quella in cui si erano rifugiati il giorno prima… e se uno di loro vi avesse lasciato una lanterna.

Non era stata la terza Tomba. Tranne che per cercare Kassad, nessuno era entrato lì, negli ultimi tre giorni.

Padre Duré capì che avrebbe dovuto ignorare la luce, tornare da Sol, continuare la vigilia con lui e la figlia.

"Ma lo Shrike è venuto a ciascuno degli altri, separatamente. Perché dovrei rifiutare la convocazione?"

Duré sentì l'umido sulla guancia e si rese conto di piangere in silenzio, senza accorgersene. Bruscamente, col dorso della mano, si asciugò le lacrime e rimase lì, a pugni serrati.

"L'intelligenza era la mia vanità maggiore. Ero il gesuita intellettuale, saldo nella tradizione di Teilhard e di Prassard. Anche la teologia spacciata alla Chiesa, ai seminaristi, ai pochi fedeli che ancora ascoltavano, ha accentuato la mente, quel meraviglioso Punto Omega della consapevolezza. Dio è un algoritmo intelligente.

"Be', ci sono cose al di là dell'intelligenza, Paul."

Duré entrò nella terza Grotta.

Sol si svegliò di soprassalto, convinto che qualcuno strisciasse verso di lui.

Balzò in piedi e si guardò intorno. Rachel piagnucolò, svegliandosi dal sonno nello stesso momento del padre. Brawne Lamia giaceva, immobile, dove l'avevano lasciata, con le spie mediche che brillavano sempre di luce verde, mentre il segnalatore di attività cerebrale era rosso intenso.