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— Lo ammetto, signore, ma il Professor de la Paz ha osservato che non si ottiene latte bastonando la mucca. E tanto meno sparandole addosso.

— Per quale motivo credete che siamo stati fermi, senza fare niente, per oltre un mese? Quel mio collega stupido, non faccio nomi, parlava di impertinenze. A me le parole non fanno paura: sono solo parole. A me interessano i risultati. No, caro colonnello, non spareremo alla mucca… ma se saremo costretti, le faremo sapere che potremmo sparare. I missili a testata termonucleare sono giocattoli costosi ma possiamo permetterci di sprecarne alcuni a titolo di avvertimento, lanciandoli sulla nuda roccia per far capire alla mucca che cosa potrebbe succedere. E forse anche questo sarebbe già troppo, per quello che vogliamo ottenere: la mucca potrebbe spaventarsi e il latte si inacidirebbe. — Proruppe in un’altra delle sue risate sonore. — È meglio convincere il vecchio a cedere spontaneamente.

Stavo aspettando il seguito. — Non volete sapere come? — chiese.

— Come? — feci eco.

— Tramite voi. Non dite niente e lasciate che vi spieghi.

Mi portò in cima alla montagna e mi offrì i regni della Terra. O meglio, della Luna. Avrei avuto l’incarico di Protettore pro-tempore con l’intesa che la carica sarebbe diventata permanente se lo avessi voluto. Il mio compito sarebbe stato quello di convincere i Lunari che non potevano vincere. Convincendoli che la nuova sistemazione era vantaggiosa per loro, mettendo in rilievo i benefici che ne avrebbero tratto: scuole gratuite, ospedali gratuiti, questo e quell’altro senza spendere un centesimo… Insomma, un governo che avrebbe pensato a tutto, come sulla Terra. Le tasse sarebbero state molto basse all’inizio e senza che i Lunari quasi se ne accorgessero, perché l’esazione sarebbe avvenuta con detrazioni automatiche dalle paghe e con imposte sul prezzo pagato per il grano. La cosa più importante era che questa volta l’Ente non avrebbe mandato un bambino a svolgere il compito di un adulto, ma due reggimenti di polizia contemporaneamente.

— Quei maledetti Arditi del Corpo di Pace furono un errore — mi spiegò. — Non lo commetteremo per la seconda volta. Detto fra noi, la ragione per cui abbiamo impiegato un mese per elaborare questo piano è che abbiamo dovuto convincere la Commissione di controllo per la pace che un manipolo di uomini non può controllare tre milioni di persone sparse in sei grotte di enormi proporzioni e in una cinquantina di grotte più piccole. Avrete a disposizione un adeguato corpo di polizia. Non truppe da combattimento come gli Arditi, ma polizia militare abituata a tenere buoni i cittadini senza fare chiasso. Inoltre, manderemo un corpo ausiliario femminile, il solito dieci per cento. Non ci saranno più pericoli. Va bene, signore? Pensate di farcela, sapendo che sarà la soluzione migliore per la vostra gente?

Risposi che dovevo studiare la proposta in tutti i particolari, soprattutto i programmi e le cifre del piano quinquennale, prima di prendere una decisione.

— Certamente, certamente! — disse lui. — Vi darò una copia dello schema che abbiamo predisposto. Portatelo con voi, studiatelo, dormiteci sopra e domani ne riparleremo. Datemi solo la vostra parola di gentiluomo che terrete il documento e il nostro colloquio per voi. In realtà, non c’è niente di segreto, ma è bene che queste cose siano bene organizzate prima di essere rese pubbliche. A proposito di pubblicità: avrete bisogno di aiuto… e siamo pronti a darvelo. Non baderemo a spese per mandarvi gli uomini migliori, pagandoli quanto sarà giusto, e mantenendoli in esercizio con la centrifuga, come fanno gli scienziati… voi lo sapete. Questa volta faremo le cose per bene. Quello stupido di Hobart… è morto, non è vero?

— No! Decadimento senile.

— Avreste dovuto ucciderlo. Eccovi la copia del nostro piano.

— Parlando di vecchi… il Professor de la Paz non può rimanere qui. Non vivrebbe sei mesi.

— Meglio, non vi pare?

Cercai di rispondere in tono indifferente. — Non capite. È molto amato e rispettato sulla Luna. Sarebbe meglio tentare di convincerlo che avete intenzione di usare quei missili nucleari e che è suo dovere di patriota cercare di salvare il salvabile. Ma, in un modo o nell’altro, se torno senza di lui ecco, non solo non riuscirei a realizzare il vostro piano quinquennale, ma non vivrei tanto a lungo per tentare.

— Uhm. Dormiteci sopra. Ne parleremo domani. Alle quattordici in punto.

Appena caricato sull’autocarro, mi misi a tremare. È chiaro che mi mancano le qualità per fare il diplomatico ad alto livello.

Stu mi aspettava insieme a Prof. — E allora? — chiese Prof.

Mi guardai intorno, portando le mani alle orecchie. Mi feci più vicino possibile a Prof, la testa proprio contro la sua, e ci coprimmo con due coperte. La lettiga non era stata manomessa, e nemmeno la mia sedia a rotelle: le controllavo entrambe ogni mattina, ma quando non eravamo nella nostra stanza ci sembrava sempre più sicuro bisbigliare sotto due coperte.

Cominciai dall’inizio, ma Prof mi interruppe. — Ci parlerai dopo dei suoi antenati e delle sue abitudini. Racconta i fatti.

— Mi ha offerto il posto di Governatore.

— Spero che avrai accettato.

— Al novanta per cento. Devo esaminare questi documenti e dargli la risposta domani. Stu, quanto tempo ci vuole per mettere in esecuzione il Piano Fuga?

— Già in esecuzione. Stavamo aspettando che tornassi. Se ti lasciavano tornare.

I successivi cinquanta minuti furono molto intensi. Stu scovò un vecchio indiano tutto pelle e ossa e in mezz’ora ne fece la copia di Prof. Poi sollevò Prof dalla lettiga e lo depose su un divano. Fabbricare il mio sosia fu più facile. I nostri gemelli furono accompagnati nel salotto del nostro appartamento dove fu servito il pranzo, come se niente fosse.

Il momento peggiore fu quando trascinammo Prof sulla scala che conduceva al tetto. Non aveva mai usato stampelle automatiche e per più di un mese era stato sdraiato giorno e notte.

Il braccio di Stu lo sorresse validamente. Io strinsi i denti e salii da solo quei tredici terribili scalini. Quando giunsi sulla terrazza, mi sembrava che il cuore stesse per scoppiare. Mi feci forza per non svenire. Un piccolo elicottero si abbassò silenziosamente sulla terrazza e dopo dieci minuti ci depositò sull’aereo che avevamo già noleggiato un mese prima. Nel giro di due minuti volavamo verso l’Australia. Non so quanto sia costato questo piano, sempre pronto in caso di emergenza, comunque si svolse senza intoppi.

Mi distesi accanto a Prof e ripresi fiato, poi gli chiesi: — Come ti senti?

— Bene. Un po’ stanco. Frustrato.

— Sì, capisco. Frustrato.

— Per non aver visto il Taj Mahal, voglio dire. Quando ero giovane non ne avevo mai avuto occasione… e adesso ci sono stato per ben due volte a un chilometro di distanza, la prima per parecchi giorni e ora per un giorno… e ancora non sono riuscito a vederlo e mai lo vedrò.

— È soltanto una tomba.

— Anche Elena di Troia era soltanto una donna. Dormi, ragazzo.

Atterrammo nella zona cinese dell’Australia, in una località chiamata Darwin, dove ci fecero salire immediatamente su un’astronave, adagiati in cuccette d’accelerazione, e ci diedero un sonnifero. Prof era già assopito e io cominciavo a sentirmi il cervello annebbiato quando entrò sorridendo Stu e si adagiò al nostro fianco. Aprii gli occhi. — Anche tu? E chi bada agli affari?

— Le stesse persone che hanno effettivamente svolto il lavoro fino a oggi. È una buona organizzazione e non c’è bisogno di me. Mannie, vecchio mio, non voglio rischiare di essere mandato a marcire in un buco a parecchi chilometri da casa mia. Voglio dire la Luna, se non hai capito. Questo sembra che sia l’ultimo treno per Shangai.

— Che c’entra Shangai?

— Lascia perdere. Mannie, sono rovinato, sono al verde. Devo soldi a tutti… debiti che potranno essere pagati solo se certe azioni salgono come Adam Selene mi aveva assicurato che sarebbero salite subito dopo questo momento storico. E se sono ricercato, lo sarò per reati contro la pace e la pubblica fede. Risparmio a quella gente il disturbo di spedirmi lassù. Pensi che alla mia età possa imparare il mestiere di minatore?