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Chiesi a Prof come avrei dovuto comportarmi. — A una domanda trabocchetto rispondi sempre con un’altra domanda — mi disse. — Non chiedere mai spiegazioni: ti metterebbero le parole in bocca. Questo giornalista era magro? Si contavano le costole?

— No, ero pasciuto.

— Allora non vive con milleottocento calorie al giorno, la quantità stabilita dall’Ordine che ha citato, ci scommetto. Avresti potuto chiedergli per quanto tempo si era attenuto alla dieta e per quale ragione aveva smesso. Oppure, più semplicemente, domandargli che cosa aveva mangiato a colazione… e poi rivolgergli uno sguardo incredulo, qualsiasi cosa rispondesse. La verità è che qui nessuno vive con solo milleottocento calorie al giorno.

— Prof, e se queste trattative fallissero e le spedizioni di grano dovessero essere sospese? Che cosa significherebbe?

— I nostri se la prenderebbero con noi… e parecchia gente qui sulla Terra morirebbe di fame. Hai letto Malthus?

— Non mi pare.

— Molti morirebbero. Poi si raggiungerebbe un nuovo livello di stabilità con una popolazione in un certo senso migliore: più efficiente, meglio nutrita. Questo pianeta non è sovrappopolato, è solo male amministrato e la cosa peggiore che si possa fare a uno che ha fame è di regalargli da mangiare. Leggi Malthus. Non conviene mai ridere del dottor Malthus, sarà sempre lui a rìdere per ultimo.

Mentre stavo per uscire e spegnevo le luci, notai un nuovo giocattolo che Prof si era comprato e che lo rendeva felice come un ragazzino sotto l’albero di Natale… Un cannone di bronzo.

Un cannone vero, dei tempi delle navi a vela. Era piccolo, la canna lunga circa mezzo metro, e pesava una quindicina di chili, compreso il carrello di legno. Cannone da segnalazione, diceva la piastrina. Sapeva di storia antica, di velieri, di pirati. Un grazioso oggetto, ma perché comprarlo, chiesi a Prof. Se mai fossimo riusciti a ripartire, il prezzo necessario per sollevare quella massa fino alla Luna ci avrebbe ridotti sul lastrico.

Prof tese una mano e accarezzò la lucida superficie del cannone. — Manuel, tu vivrai più a lungo di me. Quando la Luna adotterà una bandiera, vorrei che lo stemma rappresentasse un cannone in oro su campo nero, con due sbarre incrociate al disopra, di colore rosso fuoco, a orgoglioso ricordo del nostro ignobile lignaggio. Pensi che si possa fare?

— Suppongo di sì, se mi fai il disegno. Ma perché una bandiera? Non esiste un pennone in tutta la Luna.

— Potrà sventolare nei nostri cuori… un simbolo per quegli sciocchi così ridicolmente assurdi che volevano marciare a fianco a fianco contro l’Ente. Te ne ricorderai, Manuel?

— Certamente. Cioè, lo ricorderò a te quando sarà venuto il momento. — Non mi piaceva la piega del discorso. Prof aveva cominciato a servirsi della tenda a ossigeno, in privato… Ma in pubblico si rifiutava di usarla.

So di essere ignorante e cocciuto… Lo fui in modo particolare in una città chiamata Lexington, nel Kentucky. Un argomento sul quale non ero stato indottrinato e per cui non avevo nessuna risposta pronta era la vita sulla Luna. Prof mi aveva consigliato di dire la verità e mettere in risalto il calore familiare, l’amicizia, e soprattutto quegli aspetti che più differivano dalle abitudini della Terra.

Una donna (non me la sento di chiamarla signora) mi fece una domanda sui nostri matrimoni.

Le illustrai i casi più comuni di poliandria, i clan, i gruppi, i matrimoni di linea, poi le unioni meno comuni, considerate volgari dai conservatori come la mia stessa famiglia.

La donna m’interruppe. — Mi avete fatto confondere le idee. Che differenza c’è fra un matrimonio di linea e uno di clan?

— Sono completamente diversi. Prendete il mio caso. Io ho l’onore di appartenere a uno dei più vecchi matrimoni di linea della Luna… e a mio giudizio, non del tutto spassionato, forse il migliore. Un matrimonio di linea aumenta la propria stabilità di anno in anno, migliora la capacità dei coniugi di andare d’accordo, fino al punto che l’idea che uno di noi debba andarsene diventa inconcepibile. Inoltre occorre la decisione unanime di tutte le mogli per divorziare dal marito. Non potrebbe mai accadere. La moglie più anziana non lo permetterebbe mai.

Continuai a descrivere i vantaggi: sicurezza economica, una sana vita in famiglia per i bambini, il fatto che la morte di una giovane moglie, per quanto dolorosa, non avrebbe mai rappresentato quella tragedia che costituisce in una famiglia temporanea, specialmente per i figli. I figli non potevano diventare orfani. Forse ci misi troppo entusiasmo, ma la mia famiglia era per me la cosa più importante della vita. Senza di essa, sarei soltanto un meccanico privo di un braccio, che potrebbe essere eliminato senza che nessuno se ne accorgesse.

— Ecco perché un matrimonio di linea è stabile — proseguii. — Prendiamo il caso della moglie più giovane nella mia famiglia: ha sedici anni e probabilmente arriverà a ottant’anni, prima di diventare moglie anziana. Non voglio dire che tutte le mogli meno giovani debbano morire, nel frattempo: è improbabile, sulla Luna le donne sembrano immortali. Ma prima di allora potrebbero aver rinunciato alla direzione del ménage familiare; per tradizione, fanno tutte così nella nostra famiglia, e senza pressione da parte delle mogli più giovani. Così, Ludmilla…

— Ludmilla?

— Nome russo, preso da un racconto di fate. Milla avrà dinanzi a sé più di cinquant’anni di esperienza prima di assumersi tutta la responsabilità della famiglia. Tanto per cominciare, è già una ragazza sensata, non è facile che faccia errori, ma se ne fa, ci sono le altre mogli che la correggono. Autocorrezione, come una macchina dotata di controllo elettronico. Un buon matrimonio di linea è immortale, e immagino che il mio sopravviverà di almeno un migliaio di anni: ecco perché non mi importerà di morire, quando sarà venuto il momento. La parte migliore di me continuerà a vivere.

Prof stava per essere accompagnato fuori. Fece fermare il lettino e si mise ad ascoltare. Mi volsi a lui.

— Professore — gli dissi — voi conoscete la mia famiglia. Vi dispiace dire a questa signora perché è una famiglia felice? Se lo pensate, naturalmente.

— Lo è — confermò Prof. — Comunque, vorrei fare un’osservazione più generale. Cara signora, mi pare di capire che trovate alquanto esotiche le abitudini matrimoniali della Luna.

— Oh, non arriverei a tanto! — protestò la donna. — Solo, le trovo un po’ insolite.

— Sono sorte, come del resto tutte le organizzazioni familiari, dalle necessità economiche dell’ambiente… e il nostro ambiente è molto diverso da quello della Terra. Prendete il matrimonio di linea, tanto lodato dal mio collega, e con piena ragione, ve lo assicuro, nonostante lui sia parte in causa. Io non sono sposato e quindi non ho interessi personali in questo campo. Il matrimonio di linea è il sistema più sicuro per conservare il capitale familiare e assicurare il benessere dei figli, le due funzioni fondamentali del matrimonio sotto ogni latitudine, in un ambiente in cui non c’è sicurezza, né per i capitali né per i figli, se non quella che gli stessi interessati riescono a procurarsi. In un certo senso, gli esseri umani devono sempre lottare contro il proprio ambiente. Il matrimonio di linea è un’invenzione notevolmente ben riuscita per questo scopo. Tutte le altre forme di matrimonio lunare sono state create con il medesimo fine, ma non sono altrettanto efficienti.

Augurò la buona notte e se ne andò. Avevo con me (sempre!) una fotografia della mia famiglia, la più recente, scattata il giorno del matrimonio con Wyoming. Le spose erano tutte graziosissime e Wyoh era raggiante… Gli uomini apparivano felici e di bell’aspetto, con Granpà al centro, alto e orgoglioso, che, per una volta, era riuscito a nascondere il suo declino fisiologico.

Ma rimasi deluso: la guardarono in uno strano modo. Tuttavia un uomo, che si chiamava Matthew, disse: — Potete darmi questa fotografia, Colonnello?