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Questo discorso mi serviva per suggerire che la cieca burocrazia dell’Ente non era riuscita a vedere l’immenso potenziale della Luna (il che era vero), nonché per rispondere alla domanda se la Luna avrebbe potuto accogliere un infinito numero di nuovi coloni.

Anche questo era vero, ma ci guardammo bene dal rivelare che la Luna uccideva circa la metà dei nuovi arrivati. Comunque, le persone con cui parlavamo non pensavano mai di emigrare loro stesse, ma di convincere o costringere gli altri a emigrare per ovviare al problema della sovrappopolazione… e per ridurre le proprie tasse. In realtà, il maggiore risultato di tutta quell’emigrazione di massa sarebbe stato un grande aumento percentuale del numero delle vittime fra gli immigrati. Saremmo stati troppo pochi, noi Lunari, per aiutarli a vincere le difficoltà e i pericoli naturali.

In generale Prof parlava del grande futuro della Luna e io parlavo solo delle catapulte.

Nelle settimane in cui aspettammo che la Commissione tornasse a convocarci, facemmo molti passi avanti. Gli uomini di Stu organizzarono tutto con abilità, e l’unico problema era fino a che punto avremmo potuto sopportare le condizioni terrestri. Pensavo che ogni settimana trascorsa sulla Terra avrebbe ridotto di un anno la nostra vita, e forse anche di più nel caso di Prof. Ma lui non si lamentò mai ed era pronto a presentarsi, sempre in forma, a ogni nuovo ricevimento.

Rimanemmo particolarmente a lungo nel Nord America. La data della nostra Dichiarazione d’Indipendenza, esattamente tre secoli dopo quella delle colonie inglesi dell’America settentrionale, si rivelò una trovata propagandistica eccezionale e Stu ne approfittò largamente. I nordamericani erano sentimentali sull’argomento dei loro Stati Uniti anche se questa espressione aveva cessato di avere un significato politico quando le Nazioni Federate avevano razionalizzato il loro continente. Eleggono un Presidente ogni otto anni, senza sapere il perché (ma del resto, perché gli inglesi hanno ancora la regina?) e si gloriano di essere uno Stato sovrano. Sovranità, come amore, significa quello che si vuole: è solo una parola elencata nel vocabolario tra sobrio e sozzo.

Sovranità aveva un alto significato ideale nel Nord America e il Quattro Luglio era una data magica. Ne era una prova la Lega del Quattro Luglio: Stu ci spiegò che non era costato molto metterla in moto, e meno ancora farla funzionare. La Lega riusciva a raccogliere fondi che venivano impiegati per molte nostre attività… Ai nord americani piace donare, senza preoccuparsi di sapere a chi vanno i loro quattrini.

Più a Sud, Stu si era servito di un’altra data, i suoi uomini avevano seminato l’idea che il colpo di Stato era avvenuto il cinque maggio, anziché due mesi dopo, e noi fummo ricevuti al grido di Cinco de Mayo! Libertad! Cinco de Mayo! Lasciai parlare sempre Prof.

Ma nei paesi del Quattro Luglio l’eroe fui io. Stu mi faceva togliere il braccio artificiale quando comparivo in pubblico e ricuciva la manica dei miei abiti in modo che il moncone non potesse passare inosservato, contemporaneamente spargeva la voce che avevo perso il braccio combattendo per la libertà. Ogni volta che mi facevano domande sull’argomento, sorridevo pieno di modestia e dicevo: — Vedete cosa succede a rosicchiarsi le unghie?

L’America del Nord non mi è mai piaciuta. Non è la parte più popolata della Terra, c’è soltanto un miliardo di abitanti. A Bombay si sdraiano sui marciapiedi, nella Grande New York si inscatolano in verticale… non sono tanto sicuro che riescano a dormire. Ero contento di essere su una sedia a rotelle.

C’è una discreta confusione anche per un altro motivo. Si preoccupano del colore della pelle… per far notare come sono bravi a non dar peso alla differenza. Penso che sia meglio un Paese apertamente razzista come l’India, dove se non sei un indù non sei nessuno, tranne che per i Parsi che guardano gli indù dall’alto in basso e viceversa. Comunque, quando ero il Colonnello O’Kelly Davis, Eroe della Libertà della Luna non ebbi mai difficoltà con il razzismo a rovescio del Nord America.

Prof si divertiva molto, per quanto la vita gli fosse più difficile che a me; ma lui riusciva sempre a coglierne i lati comici. Ogni giorno trovava qualche argomento nuovo da raccontare sul grande avvenire della Luna. A nuova York, al direttore di una grande catena di alberghi, fece un magnifico quadro su come si sarebbe sviluppato il turismo lunare quando il costo del viaggio fosse diventato accessibile a un maggior numero di persone. La durata delle escursioni sarebbe stata breve, per non danneggiare i turisti, il servizio delle guide sarebbe stato compreso nel prezzo, il programma avrebbe previsto gite facoltative, divertimenti, giochi d’azzardo… niente tasse.

Abbellì il tutto con un rapido accenno a night club lasciando intravedere divertimenti folli, irrealizzabili con l’orribile gravità della Terra, descrisse sport adatti al nostro livello sensato di gravità… parlò di piscine e campi di pattinaggio, e, ultimo colpo, della possibilità di volare!

Il giorno successivo spiegò al direttore della sezione esteri della Chase International Panagra che avrebbe potuto aprire una filiale a Luna City assumendo paraplegici, paralitici, malati di cuore, tutta gente che avrebbe avuto un giovamento a vivere in condizioni di gravità inferiore. Il direttore stesso era un grassone dal respiro affannoso: anche lui poteva farci un pensiero… ma drizzò soprattutto le orecchie all’accenno di niente tasse.

Le cose non andavano sempre così lisce, naturalmente. Spesso i giornali ci attaccavano e non mancavano le domande imbarazzanti. Quando dovevo rispondere e Prof non mi era accanto temevo sempre di fare passi falsi. Un tale mi prese in contropiede sulla dichiarazione, fatta da Prof davanti alla Commissione, che noi eravamo proprietari del grano coltivato sulla Luna. Per lui era pacifico che non lo fossimo. Gli risposi che non capivo bene la sua domanda.

Ma quello non mollava. Disse: — Colonnello, è vero che il vostro governo provvisorio ha chiesto l’ammissione alle Nazioni Federate?

Avrei dovuto rispondere no comment. Invece caddi nella trappola e annuii. — Benissimo — proseguì. — L’obiezione al vostro ingresso nelle Nazioni Federate è che la Luna appartiene alle Nazioni Federate sotto il controllo dell’Ente Lunare. Comunque, in un modo o nell’altro, e per vostra stessa ammissione, il grano appartiene alle Nazioni Federate, in amministrazione fiduciaria.

Gli chiesi come fosse giunto a quella conclusione. Mi rispose: — Colonnello, vi siete presentato come Sottosegretario agli Affari Esteri: senza dubbio conoscete la Carta delle Nazioni Federate.

Mi tenni sulle mie. — Quanto basta — risposi, nel modo che mi parve più cauto.

— Allora conoscerete la Prima Libertà garantita dalla Carta e la sua attuale applicazione in forza dell’Ordine Amministrativo del Consiglio di Controllo, numero millecentosettantasei, in data tre marzo di quest’anno. Dopo quello che avete detto, ammettete implicitamente di accettare che tutto il grano coltivato sulla Luna in eccedenza al fabbisogno locale sia, senza possibilità di contestazioni, proprietà di tutti, e ne affidate l’amministrazione alle Nazioni Federate che lo distribuiscono secondo i bisogni tramite le loro agenzie. — Mentre parlava si era messo a scrivere appunti. — Avete altro da dire a questa concessione?

Mi riscossi. — Di che cosa diavolo state parlando? — gridai. — Un momento: non abbiamo concesso niente!

Il New York Times uscì con il seguente articolo: IL SOTTOSEGRETARIO LUNARE DICHIARA: IL GRANO APPARTIENE AGLI AFFAMATI

O’Kelly Davis, sedicente Colonnello delle Forze Armate di Luna Libera, giunto sulla Terra con il segreto scopo di cercare aiuti a favore degli insorti delle Colonie Lunari delle Nazioni Federate, ha spontaneamente dichiarato, durante un’intervista al nostro giornale, che la clausola Libertà dalla Fame contenuta nella Carta delle Nazioni Federate si applica anche al grano prodotto sulla Luna…