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Prof chiese dolcemente: — La Commissione con la quale abbiamo discusso è l’Ente Lunare?

— Ecco… è un segreto che sanno tutti.

— È vero, signore, ma loro hanno continuato a fingere di essere una Commissione d’inchiesta imparziale nominata dalla Grande Assemblea. Non pensate che avremmo diritto di fare sentire la nostra opinione a un organo meno interessato?

— Uhm… non tocca a me rispondere a questa domanda, Professore. Torniamo piuttosto alla mia. Come conciliate le due affermazioni?

— Mi interessa sapere perché non tocca a voi rispondere, signore. Non è interesse di tutti i cittadini della Terra di aiutare a chiarire una situazione che potrebbe portare alla guerra fra la Terra e i suoi vicini?

— Guerra? Che cosa vi fa parlare di guerra, Professore?

— Quale altra conclusione potrà esserci, signore, se l’Ente Lunare insiste nella sua intransigenza? Noi non possiamo venire incontro alle loro richieste: le cifre che vi ho fornito dimostrano il perché. Se non vogliono rendersi conto di questa realtà, cercheranno allora di sottometterci con la forza. L’Ente Lunare, istituito per mantenere la pace, darà il via alla prima guerra interplanetaria.

Il giornalista aggrottò la fronte. — Non vi pare di esagerare? Supponiamo che l’Ente, o meglio la Grande Assemblea, dal momento che l’Ente non ha astronavi da guerra, supponiamo dunque che le Nazioni della Terra decidano di destituire il vostro Governo. Voi, sulla Luna, rispondete con le armi… immagino che lo fareste, almeno. Ma questa non sarebbe una vera guerra interplanetaria. Come avete fatto notare voi stesso, la Luna non dispone di navi. Parliamo francamente: è evidente che non siete in grado di colpirci.

Mi ero avvicinato al lettino di Prof con la sedia a rotelle e stavo ascoltando in silenzio.

Prof mi guardò: — Diteglielo voi, Colonnello.

Ripetei la lezione imparata a memoria. Prof e Mike avevano studiato tutte e possibili situazioni; io mi ero imparato a memoria la parte e ora ero pronto a recitare. — Signori — dissi — ricordate l’astronave Pathfinder? Come precipitò a capofitto, priva di controlli?

Lo ricordavano. Nessuno ha dimenticato il più grosso disastro della storia del volo spaziale, quando la sfortunata Pathfinder precipitò su un villaggio belga.

— Non abbiamo astronavi — proseguii — ma sarebbe possibile lanciare i carichi di grano, anziché immetterli nell’orbita di parcheggio e farli atterrare dolcemente.

Il giorno dopo, sui giornali sarebbe comparso il titolo: I LUNARI MINACCIANO DI FARE LA GUERRA CON I CHICCHI DI RISO.

Ma quando le pronunciai, le mie parole produssero un silenzio imbarazzato.

Il giornalista tornò all’argomento preferito. — Vorrei, comunque, sapere come conciliate le vostre due affermazioni, non più grano dopo il duemilaottantadue, e dieci o cento volte tanto.

— Non c’è contraddizione — rispose Prof. — Le due affermazioni sono basate su due serie di circostanze diverse. I dati che avete esaminato sono calcolati in base alle circostanze attuali. In pochi anni il disastro, col graduale esaurimento delle risorse naturali della Luna, disastro che i burocrati dell’Ente vorrebbero evitare ordinandoci di stare dietro la lavagna!

Prof fece una pausa per riprendere fiato, poi continuò: — Le circostanze che invece ci permetterebbero di aumentare le spedizioni di grano sono implicite nelle prime. Essendo un vecchio insegnante, non riesco a liberarmi delle abitudini scolastiche: tocca agli allievi dedurre i corollari dalle ipotesi. Chi vuole provare?

Ci fu un momento di disagio, poi un ometto che parlava con accento strano disse lentamente: — Ho l’impressione che stiate pensando a un sistema per rifornire le risorse naturali.

— Splendido! Eccellente! — Le fossette di Prof si incavarono ancora di più. — Signore, vi meritate la menzione di merito sulla pagella! Il grano ha bisogno di acqua e di concime, fosfati e non so che altro, chiedetelo agli esperti. Mandateci questi prodotti: ve li restituiremo sotto forma di grano. Calate una pompa nell’immenso Oceano Indiano. Mettete in fila i milioni di mucche che avete qui in India e spediteci i loro rifiuti naturali. Raccogliete anche i vostri rifiuti, non dovrete nemmeno preoccuparvi di sterilizzarli, abbiamo sistemi più rapidi e meno costosi dei vostri. Mandateci acqua di mare, lo scarto del pesce, carogne di animali, lo spurgo delle fogne, il letame, rifiuti di ogni tipo… e noi ve li restituiremo, tonnellata per tonnellata, sotto forma di chicchi di grano dorato. Mandatecene dieci volte tanto, avrete dieci volte tanto grano. Mandateci i vostri poveri, i vostri infelici, a migliaia, a centinaia di migliaia: insegneremo loro i rapidi ed efficienti sistemi lunari di agricoltura sotterranea e vi rimanderemo indietro una incredibile quantità di prodotti agricoli. Signori, la Luna è un enorme campo incolto, migliaia di milioni di ettari, che aspetta di essere lavorato.

Questo discorso li lasciò sbalorditi. Poi uno chiese: — Ma voi che cosa ricaverete? La Luna, voglio dire.

Prof si strinse nelle spalle. — Denaro. Sotto forma di manufatti. Ci sono molte cose che da voi sono a buon mercato e da noi sono costosissime: medicinali, utensili, libri, gioielli per le nostre belle donne. Comprate il nostro grano e troverete sulla Luna un magnifico mercato per i vostri prodotti.

Un giornalista indiano cominciò a prendere appunti. Accanto a lui c’era un europeo che pareva poco impressionato. Disse: — Professore, avete idea di quanto verrà a costare il trasporto di tutto quel materiale dalla Terra alla Luna?

Prof fece un gesto come per minimizzare il peso dell’obiezione. — È un problema tecnico. Signore, ci fu un tempo in cui non era solo costoso ma addirittura impossibile spedire merci oltre Oceano. Poi divenne possibile, ma era costoso, difficile, pericoloso. Oggi vendete prodotti in ogni angolo del mondo al prezzo a cui li vendete ài vostri vicini di casa. Il trasporto è il fattore che meno incide sul costo. Signori, io non sono un tecnico, ma ho imparato questo principio: se si deve fare una cosa, i tecnici riescono a scoprire il sistema economico per realizzarla. Se volete il grano che noi possiamo produrre, date carta bianca ai vostri tecnici. — Prof ansimò, poi fece un gesto per chiedere aiuto e le infermiere lo trasportarono fuori immediatamente.

Mi rifiutai di rispondere ad altre domande sull’argomento, dicendo che dovevo parlarne con Prof appena si fosse rimesso abbastanza da tornare nella sala. Allora mi assalirono su altri punti. Un tale volle sapere perché, dal momento che non pagavamo le tasse, noi della colonia pensavamo di fare andare le cose come volevamo noi. Dopotutto, le colonie lunari erano state costituite dalle Nazioni Federate. Erano costate un patrimonio e la Terra aveva pagato tutti i conti. Ora noi delle colonie ci godevamo i benefici e non pagavamo cinque centesimi di tasse. Era giusto?

Avevo una voglia terribile di mandarlo all’inferno, ma Prof mi aveva fatto ingoiare un tranquillante e mi aveva obbligato a studiare quell’infinito elenco di risposte a domande insidiose. — Un problema alla volta — risposi. — Primo: per quale motivo vorreste che pagassimo le tasse? Ditemi che cosa avrò in cambio e forse accetterò di pagarle. Anzi, mettiamola così. Voi pagate le tasse?

— Certo che le pago! E penso che dovreste pagarle anche voi.

— E che cosa ricevete in cambio?

— Ecco… le tasse servono per pagare il lavoro del governo.

Dissi: — Scusatemi, io sono un ignorante. Ho vissuto tutta la vita sulla Luna e non sono molto al corrente di che cosa facciano i vostri governi. Potete spiegarmelo? Che cosa ottenete in cambio del vostro denaro?

Si stavano interessando tutti, e c’era sempre qualcuno pronto a suggerire qualche cosa che il mio ometto aggressivo poteva aver dimenticato. Feci un elenco. Quando finirono, lo rilessi.

— Ospedali gratuiti: sulla Luna non ne abbiamo. Assicurazione medica: possiamo assicurarci anche noi, ma evidentemente in modo diverso. Se qualcuno vuole un’assicurazione, va da un allibratore e fa una specie di scommessa. Si può assicurare quello che si vuole, versando un premio. Io non sento il bisogno di assicurare la mia salute. Sono sano, o almeno lo ero prima di venire sulla Terra. Abbiamo una biblioteca pubblica che cominciò con qualche decina di libri in microfilm. La manteniamo pagando un diritto d’ingresso. Strade pubbliche. Suppongo che corrispondano alla nostra Metropolitana. Ma il trasporto non è gratuito, come non è gratuita l’aria. Scusate: voi non pagate l’aria qui, vero? Voglio dire che la nostra Metropolitana è stata costruita da imprese che hanno investito un mucchio di soldi e che sono decisissime a riaverli indietro. Scuole pubbliche. Ci sono scuole in ogni grotta e non ho mai sentito che abbiano respinto allievi, così penso che in un certo senso siano pubbliche. Ma si deve pagare, eccome, perché sulla Luna chiunque abbia delle nozioni e abbia voglia di insegnarle agli altri, si fa pagare ogni parola che dice.