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La stazione era bloccata dalla folla e dovetti aprirmi la strada a spinte per vedere quello che ritenevo certo, e cioè che le guardie addette al controllo dei passaporti erano morte o fuggite. Erano morte, insieme a tre Lunari. Uno dei tre era un ragazzo di non più di tredici anni. Era morto con le mani avvinghiate intorno alla gola di un Ardito e con il Berretto Rosso in testa. Mi aprii un varco fino alla cabina telefonica più vicina e chiamai Mike.

— Torna indietro — mi disse Prof. — E controlla la carta d’identità di una delle guardie. Voglio nome e grado. Hai visto Finn?

— No.

— Sta venendo là con tre fucili. Dimmi da che cabina telefonica stai chiamando, trova quel nome e richiama dalla stessa cabina.

Uno dei due cadaveri delle guardie era scomparso, probabilmente trascinato via dalla folla. L’altro era malconcio, ma riuscii a individuare la catenella che aveva intorno al collo e a strappargli la piastrina di riconoscimento prima che la folla trascinasse via anche lui. A gomitate tornai alla cabina telefonica e vi trovai dentro una donna. — Signora — gridai — devo usare quel telefono. Emergenza!

— Fate pure. Quel maledetto apparecchio non funziona!

Per me funzionò benissimo. Mike me lo aveva tenuto in serbo. Diedi a Prof il nome della guardia. — Bene — disse — hai visto Finn? Ti verrà a cercare in quella cabina.

— Non l’ho visto… un momento. Eccolo che viene.

— Bene, rimani con lui. Mike, conosci la voce dell’Ardito morto di cui abbiamo l’identità?

— Mi dispiace, Prof. No.

— Non importa. Fai una voce rauca e spaventata, forse al suo comando non lo conoscono tanto bene. O chiamerebbe invece Alvarez?

— Chiamerebbe il comando. Alvarez impartisce ordini agli Arditi tramite il loro capo, mai direttamente.

— Allora chiama il comando. Comunica che c’è stato l’attacco, chiedi aiuto e muori all’ultima parola. Rumori di disordini sullo sfondo e magari il grido distinto Eccolo là il bastardo proprio prima di morire. Ce la puoi fare?

— Programma inserito. Un gioco da ragazzi — rispose Mike.

— Eseguilo. Mannie, passami Finn.

Il piano di Prof era di trascinare fuori dalle caserme gli Arditi non in servizio, mentre gli uomini armati di Finn si appostavano all’uscita dalle capsule. Il piano funzionò, fino a che Mort il Carceriere perse la calma e trattenne gli ultimi rimasti per la propria difesa personale mentre continuava a inviare messaggi frenetici sulla Terra.

Quando giunse la seconda capsula carica di Arditi, violai l’ordine impostomi da Prof e imbracciai un fucile laser. Ne arrostii due, poi, soddisfatto il mio desiderio di vendetta, lasciai agli altri compagni il resto della squadra. Troppo facile. Mettevano fuori la testa dallo sportello e per loro era la fine. Metà della squadra non uscì nemmeno dalla capsula, ma fece la stessa fine dell’altra metà, asfissiata dal fumo.

La decisione del Governatore di salvare la propria pelle mise nei guai gli altri capi dell’Ente. Alvarez rimase ucciso insieme al Comandante degli Arditi e con loro morirono due giubbe gialle, le ultime rimaste. Tutti gli altri Arditi e giubbe gialle, tredici, erano con Mort. La capacità di Mike di seguire gli eventi ascoltando i telefoni era alquanto discontinua, ma quando fummo ragionevolmente certi che tutti gli effettivi armati si trovavano all’interno della residenza del Governatore, Prof ordinò a Mike di dare il via alla fase successiva.

Mike spense tutte le luci dell’Ente, tranne quelle nella residenza del Governatore, e ridusse l’ossigeno dell’aria, non al punto di uccidere ma quanto bastava per mettere nell’impossibilità di nuocere chiunque fosse ancora in cerca di guai. Nella casa del Governatore, invece, tolse completamente l’ossigeno lasciando solo azoto per dieci minuti. Alla fine dei dieci minuti, gli uomini di Finn, che aspettavano il segnale con indosso le tute a pressione nella stazione privata del Governatore, fecero saltare i cardini della porta e irruppero nella residenza, marciando a fianco a fianco.

La Luna era nostra.

PARTE SECONDA

Storia della Luna

dalla rivoluzione all’indipendenza

1

Un’ondata di patriottismo investì la nostra Nazione e la unificò. Non dicono così i libri di storia?

Parola mia, preparare una rivoluzione è un gioco da ragazzi, in confronto alla confusione che si viene a creare dopo averla vinta. Ci trovammo padroni di tutto, con niente di pronto e mille cose da fare. L’Ente Lunare non esisteva più, ma la sua direzione centrale sulla Terra e le Nazioni Federate erano una realtà anche troppo viva. Se solo avessero inviato un’astronave da guerra, o messo in orbita intorno alla Luna un incrociatore, si sarebbero ripresi il satellite con poca fatica. Non avremmo opposto più resistenza di un branco di pecore.

La nuova catapulta era stata messa a punto, ma i contenitori metallici per i proiettili di rocce, pronti per essere lanciati, li potevo contare sulle dita di una mano: della destra naturalmente. D’altra parte, la catapulta non era un’arma efficace contro le astronavi. Né contro un esercito.

Avevamo qualche idea di come respingere l’attacco di un’astronave, ma per il momento era solo teoria. Nei depositi di Hong Kong Luna avevamo alcune centinaia di fucili a raggi laser (gli ingegneri cinesi sono in gamba) ma pochi uomini erano capaci di usarli.

Inoltre, prima della Rivoluzione, l’Ente svolgeva molte funzioni essenziali. Acquistava ghiaccio e grano dai Lunari, vendeva acqua, aria ed energia; insomma, aveva in mano le leve di controllo principali. Comunque avessero dovuto andare le cose in futuro, la vita doveva continuare. Forse era stata un’azione troppo affrettata, quella di distruggere gli uffici dell’Ente (io la pensavo così) insieme a tutti gli archivi. Prof sosteneva però che i Lunari, nessuno escluso, avevano bisogno di un simbolo da odiare e distruggere, e gli uffici rappresentavano il bersaglio di maggiore effetto e di minor valore.

Mike controllava le comunicazioni, il che significava avere il potere effettivo. Prof aveva imposto la censura delle notizie da e per la Terra, lasciando a Mike il compito di falsificare i dispacci fino al momento in cui saremmo riusciti a risolvere il problema di che cosa si doveva far sapere alla Terra. Aveva poi messo in esecuzione la sottofase M, un piano d’emergenza che isolava dal resto della Luna le centrali dell’Ente, l’Osservatorio Richardson e i Laboratori Associati (Radioscopio Pierce, Stazione Selenofisica, eccetera). Questi ultimi costituivano un grosso problema, a causa del continuo andare e venire degli scienziati terrestri, che riuscivano a prolungare fino a sei mesi la loro permanenza, esercitandosi costantemente con la centrifuga.

La maggior parte dei Terrestri che si trovavano sulla Luna, a eccezione di un gruppetto di trentaquattro turisti, erano scienziati. Dovevamo trovare una soluzione definitiva anche per loro, ma intanto era sufficiente impedire che comunicassero con la Terra. Mike aveva tagliato il collegamento telefonico delle installazioni scientifiche dell’Ente e non faceva fermare le capsule della Metropolitana alle stazioni un tempo riservate al personale dell’Ente, anche dopo che i trasporti erano stati riattivati. Questo avvenne appena Finn Nielsen e la sua squadra ebbero terminato la loro missione nella residenza personale del Governatore.

Risultò che il Governatore non era morto. Ma noi, per la verità, non avevamo avuto intenzione di ucciderlo. Prof era dell’avviso che fosse sempre possibile ammazzare un Governatore ancora vivo, mentre non si poteva farne resuscitare uno morto, se ne avessimo avuto bisogno. Avevamo perciò deciso di metterlo fuori combattimento, assicurandoci che tanto lui che i suoi accoliti non fossero in grado di nuocere, e di intervenire poi rapidamente, mentre Mike riprendeva il pompaggio dell’ossigeno.