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— Agnes — chiamò in tono sommesso.

— Dovrai portarla in chiesa in braccio — commentò Rosemund, lottando con la spilla d'oro di Sir Bloet; uno dei figli del castaldo venne intanto a fermarsi davanti a Kivrin, reggendo il suo mantello bianco che strisciava sui giunchi che coprivano il pavimento.

— Agnes — chiamò ancora Kivrin, e scosse appena la bambina, stupita che le campane della chiesa non l'avessero svegliata, dato che il loro suono sembrava più forte e ravvicinato di quanto accadesse con i vespri e il mattutino, tanto intenso da soffocare quasi quello delle altre campane.

Agnes spalancò gli occhi di scatto.

— Non sei venuta a svegliarmi — dichiarò con voce assonnata rivolta a Rosemund, poi alzò il tono a mano a mano che si svegliava del tutto e aggiunse: — Avevi promesso di svegliarmi.

— Mettiti il mantello — disse Kivrin. — Dobbiamo andare in chiesa.

— Kivrin, voglio portare indosso la mia campanella.

— Ce l'hai già addosso — ribatté Kivrin, cercando di fermarle il cappuccio rosso senza pungerle il collo con l'ago del fermaglio.

— No, non c'è — insistette Agnes, scrutandosi il braccio. — Voglio indossarla.

— Eccola qui — interloquì Rosemund, raccogliendo l'oggetto in questione da terra, — ti deve essere scivolata dal polso. Però non è conveniente indossarla adesso. Questa è la campana che chiama per la messa, le campane di Natale suoneranno dopo.

— Non voglio suonarla ma soltanto averla addosso — ribatté Agnes.

Kivrin non ci credette neppure per un istante, ma ormai tutti gli altri erano pronti e uno degli uomini di Sir Bloet stava accendendo le lanterne con un tizzone preso dal fuoco per poi distribuirle ai servitori. In fretta legò la campanella al polso di Agnes e prese la bambina per mano.

Lady Eliwys posò le dita su quelle protese di Sir Bloet, Lady Imeyne segnalò a Kivrin di seguirla con le bambine e gli altri si accodarono solennemente dietro di loro, come in processione, prima Lady Imeyne con la sorella di Sir Bloet e poi il resto del seguito del nobile in visita. Lady Eliwys e Sir Bloet precedettero gli altri nel cortile, oltrepassarono le porte e si addentrarono nella piazza.

Aveva smesso di nevicare e si potevano vedere le stelle, mentre tutt'intorno il villaggio si allargava silenzioso sotto il manto bianco… immobilizzato nel tempo, pensò Kivrin. Gli edifici cadenti avevano un aspetto diverso, i contorni delle staccionate malconce e delle capanne sporche erano ingentiliti e addolciti dalla neve e le lanterne rischiaravano le sfaccettature cristalline dei fiocchi di neve facendoli scintillare… ma ciò che le tolse veramente il fiato furono le stelle, centinaia di stelle, migliaia di stelle che brillavano come gemme preziose nell'aria gelida.

— Brilla — commentò Agnes, ma Kivrin non capì se stesse parlando della neve o del cielo.

Adesso la campana rintoccava in maniera costante e pacata, un suono di nuovo diverso dai precedenti nell'aria fredda… non più forte ma più pieno e in qualche modo più limpido. Ora Kivrin poteva sentire tutte le altre campane e le riconobbe… Esthcote e Witney e Chertelintone, anche se il loro suono era a sua volta in qualche modo diverso. Cercò di udire anche la campana di Swindone, che aveva suonato per tutto il tempo, ma non riuscì a identificarla e neppure quelle di Oxford, tanto che si chiese se prima non le avesse immaginate.

— Stai facendo suonare la tua campanella, Agnes — osservò Rosemund.

— Non è vero — ribatté la bambina. — Sto soltanto camminando.

— Guardate la chiesa — intervenne Kivrin. — Non è splendida?

L'edificio risplendeva come un faro dalla parte opposta della piazza, illuminato dentro e fuori, con le finestre di vetro colorato che proiettavano tremolanti raggi di luce color rubino e zaffiro sulla neve. E c'erano luci anche tutt'intorno ad essa, che riempivano il cortile fino alla torre campanaria. Torce, comprese Kivrin, sentendo l'odore di pece. Altre torce stavano arrivando attraverso i campi bianchi e scendevano lungo la collina alle spalle della chiesa.

Kivrin ripensò improvvisamente ad Oxford la Vigilia di Natale, con i negozi illuminati per accogliere gli acquirenti dell'ultimo momento e le finestre di Brasenose che scintillavano gialle intorno al cortile. E all'albero di Balliol con le file multicolori di luci laser.

— Vorrei che fossimo venuti noi a trovarvi per Natale — stava dicendo Lady Imeyne a Lady Yvolde, — perché allora avremmo potuto avere un prete come si deve che celebrasse le messe natalizie. Quello di qui riesce a stento a recitare il Paternoster.

Il prete di qui ha passato ore in ginocchio nella chiesa gelida, pensò Kivrin, ore in ginocchio con indosso quella calzamaglia che ha già dei buchi sulle ginocchia, e adesso sta suonando una pesante campana che ha dovuto rintoccare per oltre un'ora, e fra poco dovrà celebrare un complesso rito che ha dovuto imparare a memoria perché non sa leggere.

— Sarà un misero sermone e avremo una misera messa — aggiunse Lady Imeyne.

— Ahimè, di questi tempi ci sono fra noi molti che non amano Dio — replicò Lady Yvolde, — ma dobbiamo pregare Dio affinché provveda Lui a riportare la giustizia nel mondo e a ricondurre gli uomini alla virtù.

Kivrin dubitò che fosse quella la risposta che Lady Imeyne avrebbe voluto sentire.

— Ho mandato a chiedere al Vescovo di Bath che ci invii un cappellano — aggiunse Imeyne, — ma non è ancora arrivato.

— Mio fratello dice che a Bath ci sono molte difficoltà — dichiarò Yvolde.

Erano quasi arrivati al cortile della chiesa e adesso Kivrin poteva distinguere i volti delle persone, rischiarati dalle torce fumose e da qualche piccola lanterna ad olio di cui erano fornite alcune donne. Quelle facce, illuminate dal basso dal chiarore rossastro, apparivano vagamente sinistre, e Kivrin pensò che agli occhi del Signor Dunworthy quella sarebbe apparsa come una folla rabbiosa raccolta per bruciare sul rogo qualche povero martire.

È colpa della luce, si disse. Alla luce delle torce tutti sembrano dei tagliagole. Non mi meraviglia che abbiano inventato l'elettricità.

Quando entrarono nel cortile della chiesa Kivrin riconobbe qualcuna delle persone accalcate vicino alle porte dell'edificio: il ragazzo con lo scorbuto che era fuggito da lei, due delle ragazze che avevano aiutato a preparare i cibi per il banchetto di natale, Cob. La moglie del castaldo aveva indosso un mantello con il collo di ermellino ed aveva in mano una lanterna con quattro minuscoli pannelli di vero vetro. In quel momento era intenta a parlare animatamente con la donna segnata dalla scrofola che aveva aiutato a decorare la sala con l'agrifoglio, e del resto tutti stavano parlando e si stavano muovendo per scaldarsi, e un uomo con la barba nera stava ridendo con tanto vigore che la sua torcia ondeggiava e si avvicinava a tratti pericolosamente alla cuffia della moglie del castaldo.

Kivrin ricordò che con il tempo i funzionari ecclesiastici erano infine stati costretti a eliminare la messa di mezzanotte a causa delle bevute e delle feste che vi facevano seguito, e del resto alcuni di quei parrocchiani davano decisamente l'impressione di aver trascorso la serata infrangendo la norma del digiuno. Il castaldo stava parlando animatamente con un uomo dall'aspetto rude che Rosemund identificò come il padre di Maisry; entrambi avevano il volto arrossato a causa del freddo, della luce delle torce o del liquore bevuto, o forse di tutte e tre le cose, ma apparivano allegri piuttosto che pericolosi. Il castaldo continuava a sottolineare le proprie affermazioni con energiche pacche battute sulla spalla del padre di Maisry, e ogni volta che lo faceva questi scoppiava in una risata incontenibile che indusse Kivrin a supporre che quell'uomo dovesse essere più intelligente di quanto lei avesse inizialmente supposto.

La moglie del castaldo afferrò il marito per una manica e lui si liberò con uno strattone, ma non appena Lady Eliwys e Sir Bloet oltrepassarono il cancello del portico lui e il padre di Maisry indietreggiarono prontamente in modo da lasciare libero il percorso fino alla chiesa. Gli altri li imitarono e intorno scese il silenzio quando la processione dei nobili attraversò il cortile e si avvicinò alle pesanti porte, poi la conversazione riprese ma in tono più sommesso a mano a mano che la gente dei villaggio entrava a sua volta in chiesa.