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Trassi un respiro. — Di alcuni. Il poeta Sileno è vivo, ma impalato sull'albero di spine dello Shrike. Kassad, l'ultima volta che l'ho visto, aggrediva a mani nude lo Shrike. La signora Lamia ha viaggiato nella megasfera fino alla periferia del TecnoNucleo, insieme con la mia controparte Keats…

— Keats è sopravvissuto in quella… iterazione Schrön, o come si chiama? — Duré parve affascinato.

— Non più — dissi. — L'IA chiamata Ummon l'ha ucciso… ha distrutto la sua personalità. Brawne era sulla via del ritorno. Non so se il suo corpo è ancora vivo.

Monsignor Edouard si sporse verso di me. — E cosa è accaduto al Console e al vecchio con la piccina?

— Il Console ha cercato di tornare nella capitale volando su di un tappeto Hawking, ma è precipitato parecchie miglia a nord della città. Non conosco la sua sorte.

— Miglia — ripeté Duré, come se la parola gli richiamasse dei ricordi.

— Mi spiace. — Indicai la basilica. — Questo luogo mi spinge a pensare nelle unità di misura della mia… vita precedente.

— Continui — disse monsignor Edouard. — Il vecchio e la piccina.

Sedetti sulla pietra fredda, esausto; braccia e mani mi tremavano per la stanchezza. — Nell'ultimo sogno, Sol ha offerto Rachel allo Shrike. È stata la richiesta di Rachel stessa. Non ho visto cos'è accaduto dopo. Le Tombe si aprivano.

— Tutte? — domandò Duré.

— Tutte quelle che vedevo.

I due uomini si scambiarono un'occhiata.

— C'è dell'altro — dissi; e raccontai il dialogo con Ummon. — È possibile che una divinità si… evolva in questo modo dalla consapevolezza umana, senza che l'umanità se ne renda conto?

I lampi erano cessati, ma ora la pioggia cadeva con tale intensità che la udivo tamburellare sull'altissima cupola. Da qualche parte, nel buio, una pesante porta cigolò e risuonò il rumore di passi che si allontanavano. Candele votive nei recessi in penombra della basilica mandarono guizzi di luce rossa contro pareti e tendaggi.

— Secondo San Teilhard, è possibile — disse stancamente Duré. — Ma se quel dio è un essere limitato che si evolve nella stessa maniera in cui si sono evoluti altri esseri limitati, allora, no., non è il Dio di Abramo e il Cristo.

Monsignor Edouard annuì. — C'è un'antica eresia…

— Sì — dissi. — L'eresia sociniana. Padre Duré l'ha spiegata a Sol Weintraub e al Console. Ma quale differenza fa il modo in cui questo… potere… si è evoluto, e se sia limitato o no? Se Ummon dice il vero, abbiamo a che fare con una forza che, come fonte di energia, usa le quasar. Questo, signori, è un Dio che può distruggere galassie intere!

— Sarebbe un dio che distrugge galassie — disse Duré. — Non Dio.

Notai chiaramente l'enfasi sull'ultima parola. — Ma se non è limitato — obiettai — se è il Punto Omega della consapevolezza totale, se è la stessa Trinità su cui la vostra Chiesa ha discusso e fatto teorie fin da prima di Tommaso d'Aquino… e se una parte di questa Trinità è fuggita all'indietro nel tempo fin qui… fino al momento attuale… allora cosa succede?

— Fuggita da cosa? — domandò piano Duré. — Il Dio di Teilhard… il Dio della Chiesa… il nostro Dio, sarebbe il Punto Omega in cui si congiungono perfettamente il Cristo dell'Evoluzione, il Personale e l'Universale… quel che Teilhard chiamò l'En haut e l'En avant. Non potrebbe esistere una minaccia tale da indurre alla fuga un elemento della personalità divina. Nessun Anticristo, nessun teorico potere satanico, nessun "anti-Dio" potrebbe in alcun modo minacciare una simile consapevolezza universale. Cosa sarebbe, quest'altro dio?

— Il Dio delle macchine? — dissi, con voce quasi impercettibile.

Monsignor Edouard congiunse le mani come se stesse per pregare, ma era solo un gesto di profonda riflessione e di imbarazzo ancora più intenso. — Però Cristo aveva dubbi — disse. — Cristo sudò sangue, nell'orto, e chiese che quel calice fosse allontanato da lui. Se era in atto un secondo sacrificio, un qualcosa di più terribile della crocifissione stessa… allora potrei immaginare l'entità-Cristo della Trinità passare attraverso il tempo, passeggiare in un quadrimensionale orto di Getsemani allo scopo di guadagnare qualche ora… o qualche anno… per riflettere.

— Qualcosa di più terribile della crocifissione — ripeté padre Paul Duré, in un bisbiglio rauco.

Monsignor Edouard e io fissammo il prete. Su Hyperion, Duré si era autocrocifisso a un albero tesla ad alto voltaggio, per sfuggire al parassita crucimorfo che continuava a risuscitarlo. E aveva patito innumerevoli volte le atroci sofferenze della crocifissione e della morte per scarica elettrica.

— Qualsiasi cosa la consapevolezza En haut fugga — mormorò Duré — è la più terribile.

Monsignor Edouard toccò la spalla dell'amico. — Paul, racconta a quest'uomo il tuo viaggio fin qui.

Duré tornò dal luogo remoto dove i ricordi l'avevano portato e mi fissò. — Lei conosce la storia di ciascuno di noi… e i particolari della nostra permanenza nella Valle delle Tombe?

— Credo di sì. Fino al momento in cui lei è scomparso.

Il prete sospirò, con dita tremanti si toccò la fronte. — Allora, forse lei può ricavare un senso dal modo in cui sono giunto qui… e da quel che ho visto lungo il percorso.

— Vidi una luce, nella terza Grotta — raccontò padre Duré. — Entrai. Pensieri di suicidio, lo confesso, mi avevano invaso la mente… quel che ne restava, dopo la brutale ricostruzione del crucimorfo… non voglio nobilitare la funzione di quel parassita usando la parola risurrezione.

"Vidi una luce e pensai che fosse lo Shrike. Avevo la sensazione che il mio secondo incontro con quella creatura… il primo era avvenuto anni addietro, nel labirinto sotto la Fenditura, quando lo Shrike mi unse con l'esecrando crucimorfo… che il mio secondo incontro fosse atteso da troppo tempo.

"Quando, il giorno precedente, avevamo cercato il colonnello Kassad, quella Grotta era poco profonda, anonima, con una parete di roccia nuda che ci aveva bloccati dopo trenta passi. Adesso la parete era scomparsa e al suo posto c'era una statua non dissimile dalla bocca dello Shrike, pietra sporgente in quella mistura di meccanico e di organico, stalattiti e stalagmiti acuminate come denti di carbonato di calcio.

"Dentro la bocca c'era una scala di pietra che portava in basso. Proprio da quell'abisso proveniva la luce, ora livida, ora rosso cupo. L'unico rumore era il sospiro del vento, come se la roccia stessa respirasse.

"Non sono Dante. Non cercavo Beatrice. Quel po' di coraggio… fatalismo è il termine più giusto… era evaporato con l'assenza della luce del sole. Mi girai e percorsi quasi di corsa i trenta passi fino all'ingresso della grotta.

"Non c'era ingresso. La grotta terminava bruscamente. Non avevo udito rumori di crollo, di valanga; inoltre la roccia al posto dell'ingresso sembrava antica e intatta come il resto della grotta. Cercai un'uscita per mezz'ora, ma non ne trovai; non volevo tornare alla scala, così alla fine mi sedetti per qualche ora dove una volta c'era l'ingresso. Un altro trucco dello Shrike. Un'altra misera messinscena di quel pianeta perverso. Lo scherzo secondo Hyperion. Che ridere!

"Rimasi alcune ore seduto nel buio a guardare la luce all'estremità opposta della grotta pulsare silenziosamente; poi mi resi conto che lo Shrike non sarebbe venuto a trovarmi lì, che l'ingresso non sarebbe riapparso per magia. Avevo la scelta tra restare lì seduto fino a morire di fame… o di sete, visto che ero già disidratato… oppure scendere quella maledetta scala.

"Scesi.

"Anni prima, letteralmente vite prima, quando avevo visitato i Bikura sull'altopiano Punta di Ala, il labirinto in cui avevo incontrato lo Shrike si trovava nella parete della Fenditura, tre chilometri sotto il bordo del canyon. Era vicino alla superficie del pianeta, mentre la maggior parte dei labirinti, sulla maggior parte dei mondi labirinto, si trova almeno dieci chilometri sotto la crosta planetaria. Ero sicuro che quella scala infinita… una ripida scala a chiocciola, di pietra, tanto ampia da permettere la discesa all'inferno di dieci preti gomito a gomito… sarebbe finita nel labirinto. Lì all'inizio lo Shrike mi aveva maledetto con l'immortalità. Se la creatura, o il potere che la spingeva, aveva un minimo senso dell'ironia, sarebbe stato appropriato che la mia immortalità e la mia vita mortale terminassero proprio lì.