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Ma Graff si limitò ad annuire; un cenno di saluto, non una promessa. E Anderson lo guardava come se non lo conoscesse affatto.

— Per favore, Ender, un po’ d’attenzione. Quello di oggi è l’esame, l’ultimo, con cui si conclude il tuo corso qui alla Scuola Ufficiali. Questi osservatori sono la commissione che valuterà il tuo grado di preparazione. Se preferisci che non stiano in sala, potranno esaminarti tramite un altro simulatore collegato.

— Restino pure, prego. — Esame finale. Dal giorno successivo forse si sarebbe goduto un po’ di riposo.

— Affinché questo sia un test probante, non come quelli che già conosci ma di un genere che sia una sfida alla tua abilità, la battaglia odierna introdurrà un nuovo elemento. Avverrà intorno a un pianeta. Questo influirà sulla strategia del nemico e ti costringerà a improvvisare. Sei pregato di concentrarti senza badare al pubblico.

Ender gli accennò di farsi più vicino e sottovoce chiese: — Sono il primo allievo arrivato a questo punto?

— Se oggi vinci, Ender, sarai il primo studente a superare questo tipo di esame. Più di così non sono autorizzato a dirti.

— Non pretendo che lo dica. Può anche rispondermi a cenni.

— Domani ti permetterò d’essere petulante e irrispettoso, ragazzo. Oggi, però, apprezzerei che tu badassi all’esame. Non gettare via tutto quello che hai fatto fin’ora. Dunque, come pensi di agire rispetto al pianeta?

— Dovrò considerarlo un elemento interno al campo di battaglia, non un obiettivo da raggiungere solo in caso di vittoria.

— Vero.

— Inoltre in un campo gravitazionale il consumo di carburante sarà maggiore, mentre si presume che il nemico potrà ottenere rifornimenti in orbita o soccorsi dal suolo.

— Già.

— Qual è l’effetto di Little Doc sulla massa di un pianeta?

Il volto di Mazer si fece rigido. — Ender, gli Scorpioni non hanno attaccato la popolazione terrestre nelle loro due Invasioni. Devi decidere fino a che punto è saggio adottare una strategia che provocherebbe ritorsioni della stessa entità.

— Il pianeta è l’unico elemento nuovo?

— Ricordi forse qualche battaglia in cui io ti abbia fornito un solo elemento nuovo? Dai pure per scontato che oggi non sarò affatto più leale con te. Ho delle responsabilità verso la Flotta, e non posso regalare la promozione ad allievi poco affidabili. Oggi farò del mio meglio per mandarti a sbattere col sedere in terra. Comunque, se terrai a mente le possibilità dei tuoi uomini e ciò che sai degli Scorpioni, potrai giocare al meglio le tue carte.

Mazer si volse e uscì dalla sala.

Ender inserì il microfono. — Siete ai vostri posti?

— Tutti in riga — confermò Bean. — È un po’ tardi per cominciare l’addestramento, stamattina, no?

Dunque non avevano detto niente ai suoi comandanti di squadrone. Ender si trastullò con l’idea di rivelare loro quanto fosse importante quella battaglia, ma decise che dar loro una preoccupazione in più non lo avrebbe favorito. — Spiacente — disse, — non ce la facevo a levarmi dal letto.

Gli giunsero alcune risatine. Nessuno ci credeva.

In attesa che giungessero le immagini li fece scaldare con alcune manovre in un campo olografico standardizzato. Gli occorse più tempo del solito per schiarirsi la mente e concentrarsi sulle attività dei subordinati, ma dopo un poco cominciò a sentirsi pronto di riflessi e lucido delle decisioni. O almeno, disse a se stesso, convinto d’essere lucido. E tanto dovrà bastarmi.

Il campo olografico del simulatore cancellò le immagini e si spense, poi ci furono delle scariche elettrostatiche. Ender attese che apparisse la zona prefissata per la battaglia. Cosa succederà se passo l’esame? Mi manderanno a un altro corso? Ancora un anno o due di addestramento massacrante? Ancora un anno di isolamento, di gente che mi torchi in questo o in quel modo, di assoluta mancanza di controllo sulla mia stessa vita? Cercò di ricordare quanti anni aveva. Undici, passati. Ma passati da quanti anni? O da quanti giorni? Da quanto tempo non si preoccupava più di conoscere la data? L’ultimo compleanno gli era sfuggito del tutto. Nessuno lo aveva certo ricordato, salvo Valentine.

E con gli occhi fissi nel campo ancora vuoto del simulatore desiderò semplicemente alzarsi e andarsene, uscire di sala così sfacciatamente da costringerli a sbatterlo fuori, come Bonzo, anche con disonore. Bonzo almeno aveva rivisto il cielo di Cartagena. Lui si sarebbe accontentato della polvere di Greensboro. Vincere significava continuare, andare avanti. Fallire significava un biglietto di ritorno per casa sua.

No, non è così, si disse. Loro hanno bisogno di me, e se fallisco non avrò più nessuna casa a cui tornare.

Ma non ne era convinto. Con la sua mente conscia lo sapeva, ma in altri posti più profondi, più oscuri, dubitava che quella gente avesse bisogno di lui. Tutta l’urgenza di Mazer, ad esempio, un altro trucco, un altro modo per spingermi a fare quello che vogliono. Un’altra catena per legarlo, per impedirgli di riposare, di vivere, implacabilmente e senza requie.

La formazione nemica apparve, e la stanca apatia di Ender si trasformò bruscamente in disperazione.

Il nemico era superiore alle sue forze per mille a uno; l’intero campo del simulatore brillava di puntolini verdi. Gli Scorpioni erano raggruppati in una dozzina di formazioni diverse che continuavano a spostarsi ed a cambiare aspetto, muovendosi in schemi apparentemente casuali entro un’enorme area di spazio. Non vide alcuna via possibile per oltrepassare quello schieramento: varchi che sembravano aperti si chiudevano d’improvviso e ne comparivano altri, mentre formazioni che apparivano deboli da lì a poco s’infittivano di panciute astronavi. Il pianeta si trovava sul lato opposto del campo, e per quel che Ender ne sapeva avrebbero potuto esserci altrettante navi al di fuori della zona inquadrata nel simulatore.

In quanto alla sua flotta, essa consisteva in venti vecchi incrociatori della classe «Icaro», ciascuno con appena quattro Angeli Neri nella stiva. Conosceva bene quel tipo di nave fornita di quattro astrocaccia. Erano incrociatori solidi, ma antiquati e poco agili, e il loro Little Doc aveva una portata non superiore alla metà della versione più moderna. Ottanta Angeli Neri, contro almeno cinquemila o forse anche diecimila navi da battaglia nemiche.

Sentì i suoi comandanti di squadrone respirare pesantemente; poté anche udire, fra le file degli osservatori alle sue spalle, un’imprecazione soffocata. Era consolante che almeno uno degli adulti notasse che non si trattava di un esame molto corretto. Non che questo facesse differenza. La correttezza non faceva parte del gioco, era ovvio. Nessuno si azzardava a dargli una sia pur remota possibilità di successo. Tutto quello che mi hanno fatto passare, e adesso farebbero carte false pur di non promuovermi.

Per un attimo rivide Bonzo e il suo perverso manipolo di amici, venuti a spaventarlo e a minacciarlo. Per convincere Bonzo a battersi da solo aveva fatto leva sulla sua vergogna. Ma adesso la psicologia non gli sarebbe servita a niente. E non poteva illudersi di sorprendere il nemico come aveva fatto con i ragazzi anziani, in sala di battaglia, perché Mazer conosceva le sue capacità dentro e fuori.

Gli osservatori alle sue spalle cominciarono a tossicchiare, a muoversi nervosamente. Qualcuno di loro doveva aver già capito che Ender non sapeva cosa fare.

Non è che me ne importi molto, pensò lui. Potete prendervi questa battaglia e ficcarvela dove dico io. Se non mi date neppure una sola misera possibilità, perché dovrei giocare?

Come l’ultima volta in sala di battaglia, alla Scuola di Guerra, quando avevano messo due orde contro di lui.

E mentre l’episodio gli tornava in mente anche Bean di certo pensò a qualcosa di simile, perché in cuffia la sua voce disse: — Ricordate, ragazzi, la porta nemica è in basso.