Accigliandosi, la ragazza manovrò la sedia in modo da accostarsi maggiormente al tavolo ed estrasse dalla giacca di seta verde un fascio di banconote planetarie assortite che posò davanti a Miles.

– Questo potrebbe alimentare il vostro coraggio? – chiese.

Thorne raccolse il fascio di banconote, esaminandolo: si trattava di una cifra che corrispondeva almeno a duemila dollari betani, per lo più banconote di taglio intermedio, anche se una banconota betana da un dollaro era in cima al mucchio, nascondendone l'effettivo ammontare ad uno sguardo casuale.

– Bene – commentò Bel, lanciando un'occhiata a Miles, – cosa ne pensiamo di questo noi mercenari?

Miles si appoggiò pensosamente allo schienale della sedia. Il segreto della sua effettiva identità non era il solo favore su cui Thorne avrebbe potuto far leva se avesse voluto… Miles ricordava ancora quando Bel aveva conquistato per lui un asteroide che ospitava una stazione mineraria e la corazzata Triumph avendo a disposizione soltanto sedici uomini in armatura da combattimento e un grande coraggio.

– Tendo ad incoraggiare il finanziamento creativo da parte dei miei comandanti – replicò infine – Proceda pure alle trattative, capitano.

Con un sorriso, Thorne prelevò il dollaro betano dal fascio di banconote.

– Ha avuto l'idea giusta – disse alla musicista, – ma è la cifra che è sbagliata.

Nicol si portò la mano alla giacca con un gesto incerto poi si arrestò nel vedere che Thorne stava spingendo verso di lei tutto il denaro tranne il dollaro betano.

– Cosa significa? – esclamò.

Thorne raccolse quel singolo dollaro e lo fece schioccare più volte.

– Questa è la cifra giusta… quanto basta per rendere ufficiale il contratto – dichiarò porgendo la mano, che la ragazza strinse dopo un momento di sconcerto. – Affare fatto.

– Bada, eroe – avvertì Miles, agitando un dito ammonitore, – che se non riuscirai a trovare un modo per concludere la cosa in assoluta segretezza incorrerai nel mio veto. Questa è la mia riduzione del prezzo.

– Sì, signore - rispose Thorne.

Parecchie ore più tardi Miles fu svegliato di scatto nella sua cabina a bordo dell'Ariel dall'insistente trillare della consolle di comunicazione. Quali che fossero stati i suoi sogni, essi si dissolsero in un istante, anche se gli rimase la spiacevole sensazione che si fosse trattato di qualcosa di sgradevole… di biologico e di sgradevole.

– Parla Naismith.

– Sono l'ufficiale di servizio alla Navigazione e Comunicazioni, signore. C'è una chiamata per lei che proviene dalla rete di comunicazione commerciale del pianeta. Chi chiama ha detto di riferirle che il suo nome è Vaughn.

Vaughn era il nome in codice prestabilito della persona che dovevano prelevare, che in effetti era il Dottor Canaba. Miles afferrò la giacca dell'uniforme e la infilò sulla maglietta nera d'ordinanza, passandosi invano le mani fra i capelli mentre sedeva davanti alla sua consolle.

– Mi passi la comunicazione – ordinò.

Sullo schermo visore si materializzò il volto di un uomo che mostrava di aver oltrepassato la mezz'età: lineamenti abbronzati di razza indefinibile, corti capelli ondulati che si stavano tingendo di grigio alle tempie e occhi castani accesi da una vivida intelligenza che traspariva anche da tutto l'insieme.

Sì, questo è il mio uomo, pensò Miles con soddisfazione. Adesso si comincia.

Il Dottor Canaba appariva però più che teso… sembrava decisamente angosciato.

– Ammiraglio Naismith?

– Sì. Lei è Vaughn?

Canaba annuì.

– Dove si trova? – chiese ancora Miles.

– Sul pianeta.

– Doveva incontrarsi con noi qui.

– Lo so, ma è successo qualcosa. Ho un problema.

– Che genere di problema? Un momento, il canale è sicuro?

– Su questo pianeta nulla è sicuro – rise amaramente Canaba, – ma non credo che mi stiano controllando. In ogni caso non posso ancora venire su. Mi serve… aiuto.

– Vaughn, non siamo equipaggiati in modo da poterla liberare contro forze superiori… se è stato fatto prigioniero…

– No, non si tratta di questo – replicò Canaba, scuotendo il capo. – Ho… perso qualcosa e mi serve il vostro aiuto per riaverlo.

– Mi era stato dato di capire che lei avrebbe lasciato qui ogni cosa, una perdita di cui sarebbe stato compensato in seguito.

– Non si tratta di un bene personale ma di qualcosa che chi vi ha assunti vuole ad ogni costo. Certi… campioni sono stati rimossi dalle mie mani, e chi vi ha mandati non mi accoglierà senza di essi.

A quanto pareva il Dottor Canaba era convinto che lui fosse un mercenario a cui i servizi di sicurezza barrayarani avevano rivelato soltanto il minimo indispensabile di quelle informazioni tanto segrete. Miles decise che sarebbe stato al gioco.

– Tutto quello che mi è stato chiesto è di trasportare lei e le sue capacità.

– Non le hanno detto tutto.

Eccome se mi hanno detto tutto. Barrayar ti accoglierebbe anche nudo come un verme e ne sarebbe grato, pensò Miles. Cosa stava succedendo?

Canaba rispose alla sua espressione accigliata serrando con durezza le labbra.

– Non me ne andrò senza quei campioni… se dovessi perderli l'affare è da considerarsi annullato e lei potrà dire addio alla sua paga, mercenario.

Accorgendosi che il suo interlocutore non stava scherzando, Miles socchiuse gli occhi con sospetto.

– Tutto questo è un po' misterioso – osservò.

– Mi dispiace – affermò Canaba, scrollando le spalle, – ma devo… S'incontri con me e le dirò il resto, oppure se ne vada. Non m'importa quello che farà, ma ci sono alcune cose che devono essere realizzate, ed… espiate.

Il dottore lasciò la frase in sospeso, in preda all'agitazione.

– Molto bene – decise Miles, traendo un profondo respiro. – Ogni complicazione accentua però i suoi rischi ed anche i miei, quindi è meglio che sia importante.

– Oh, ammiraglio – mormorò tristemente Canaba, – lo è per me. Lo è per me.

La neve cadeva farinosa sul piccolo parco dove Canaba aveva dato loro appuntamento, cosa che avrebbe fornito a Miles qualcosa di nuovo contro cui imprecare se non fosse stato per il fatto che aveva esaurito tutta la sua scorta d'invettive ormai da ore. Nonostante il parka regolamentare dendarii stava ormai tremando quando finalmente Canaba passò accanto al piccolo chiosco malconcio a cui lui e Bel erano seduti; subito entrambi si accodarono al genetista senza dire una sola parola.

I Laboratori Bharaputra si trovavano in una città del pianeta che Miles trovò decisamente preoccupante: l'astroporto per navette era sorvegliato, e così anche i palazzi del Sindacato, gli edifici municipali e le abitazioni residenziali cinte da mura; in mezzo a tutto questo si allargava poi un folle disordine di costruzioni fatiscenti e trascurate che non sembravano essere sorvegliate da nessuno e che erano occupate da gente che si muoveva in maniera furtiva, un insieme che indusse Miles a chiedersi se i due soldati dendarii a cui aveva dato l'incarico di coprire loro le spalle costituissero una protezione sufficiente. Quegli individui furtivi si tennero però alla larga da loro: a quanto pareva capivano cosa significasse la presenza di guardie del corpo… almeno finché era giorno.

Canaba li condusse in uno degli edifici vicini, con gli ascensori che non funzionavano e i corridoi privi di riscaldamento dove una sagoma vestita di scuro e forse femminile si ritrasse nell'ombra al loro passaggio con movimenti che ricordarono sgradevolmente a Miles quelli di un topo; lui e Bel seguirono Canaba su per la scala di sicurezza posta accanto all'ascensore guasto, lungo un altro corridoio e oltre una porta dalla serratura codificata guasta che dava accesso ad una stanza sporca e vuota, rischiarata dalla luce grigiastra che penetrava da una finestra non polarizzata ma intatta. Se non altro adesso erano al riparo dal vento.