Rachel fissò il giornalista negli occhi. «Ralph, o come diavolo si chiama, si ficchi bene in mente una cosa: non ho alcuna intenzione di lasciare il mio posto per lavorare per il senatore Sexton e, se scrive qualcosa di diverso, avrà bisogno di un calzascarpe per sfilarsi dal culo quel suo registratore di merda.»
Il reporter spalancò gli occhi. Spense l'apparecchio reprimendo un sorriso. «Grazie a tutti e due.» E scomparve.
Rachel si pentì immediatamente di quello scoppio d'ira. Aveva ereditato dal padre l'irruenza, e lo odiava per quello. "Calma, Rachel. Sta' calma."
Il padre la fissava con disapprovazione. «Faresti bene a imparare a controllarti.»
Rachel si preparò ad alzarsi. «La riunione è finita.»
Il senatore sembrava comunque avere concluso con lei. Tirò fuori il cellulare per fare una chiamata. «Arrivederci, cara. Passa a trovarmi in ufficio, uno di questi giorni. E sposati, per l'amor del cielo. Hai trentatré anni.»
«Trentaquattro» sbottò lei. «La tua segretaria mi ha mandato gli auguri.»
Lui abbozzò una risatina nervosa. «Trentaquattro, quasi una vecchia zitella. Sai, a trentaquattro anni io avevo già…»
«Sposato la mamma e scopato la vicina di casa?» Le parole le uscirono a voce più alta di quanto non intendesse e si librarono nitide una pausa della conversazione generale. Tutti i commensali agli altri tavoli si voltarono a guardarli.
Gli occhi del senatore Sexton, due penetranti cristalli di ghiaccio, ebbero un lampo. «Farai meglio a badare a come parli, signorina.»
Rachel si diresse alla porta. "No, bada tu a come parli, senatore."
2
I tre uomini sedevano in silenzio all'interno della tenda, una ThermaTech per climi estremi. Fuori, il vento gelido sferzava i teli, minacciando di strapparli dai picchetti. Nessuno ci faceva caso: si erano trovati in situazioni ben peggiori di quella.
La tenda, candida come la neve, era ben nascosta in un piccolo avvallamento. Gli strumenti di comunicazione, il mezzo di trasporto e le armi erano quanto di più avanzato ci fosse in campo tecnologico. Il leader del gruppo, nome in codice Delta-Uno, era un tipo agile e muscoloso, con occhi desolati come il posto in cui si trovava in quel momento.
Il cronografo militare al suo polso emise un acuto bip. Il suono coincise al secondo con i bip emessi dai cronografi indossati dagli altri due.
Altri trenta minuti appena trascorsi.
Era di nuovo ora.
Come per un riflesso automatico, Delta-Uno lasciò i compagni e uscì nel buio, investito da raffiche impetuose. Scrutò l'orizzonte illuminato dalla luna con un binocolo a infrarossi. Come sempre, mise a fuoco la struttura, a un migliaio di metri di distanza. Un'enorme, improbabile costruzione si innalzava sul terreno brullo. Lui e la sua squadra la osservavano ormai da dieci giorni, dal momento in cui era stata eretta. Delta-Uno era certo che le informazioni che venivano scambiate là dentro avrebbero cambiato il mondo. Alcuni erano già morti per proteggerle.
Al momento, tutto sembrava tranquillo fuori dalla struttura.
Rilevante, peraltro, era quanto avveniva al suo interno.
Delta-Uno rientrò nella tenda e si rivolse ai commilitoni. «È il momento di dare un'occhiata.»
Entrambi gli uomini annuirono. Il più alto, Delta-Due, aprì un computer portatile e lo accese. Prese posizione davanti allo schermo, impugnò il joystick e gli diede un breve strattone. A mille metri di distanza, nascosto nelle viscere della costruzione, un robot spia delle dimensioni di una zanzara ricevette l'impulso ed entrò in azione.
3
Rachel Sexton stava ancora fumando di rabbia mentre risaliva Leesburg Pike a bordo della sua Integra bianca. Gli aceri spogli delle colline intorno a Falls Church si stagliavano contro il limpido cielo di marzo, ma il panorama rasserenante aveva scarso effetto sul suo stato d'animo. Il recente recupero nei sondaggi avrebbe dovuto dare al padre un minimo di garbo e di ottimismo, e invece sembrava avere soltanto alimentato la sua arroganza.
La sua falsità era doppiamente penosa perché lui era l'unico parente stretto che le rimaneva. La madre di Rachel era mancata tre anni prima. Una perdita dolorosissima di cui portava ancora le cicatrici. La consolava soltanto il pensiero che la morte, con ironica compassione, aveva liberato sua madre dalla profonda disperazione per l'infelice matrimonio con il senatore.
Il pager ronzò di nuovo, riportando la sua attenzione sulla strada che si stendeva davanti a lei. Ancora lo stesso messaggio.
"Contattare il direttore del dipartimento di statistica dell'NRO." Sospirò. "Sto arrivando, Cristo!"
Con preoccupazione crescente, Rachel imboccò la solita uscita, svoltò nella strada privata di accesso per poi fermarsi davanti a una guardiola con una sentinella armata fino ai denti. Il civico 14225 di Leesburg Pike era uno degli indirizzi più segreti di tutto il paese.
Mentre la sentinella controllava l'auto in cerca di cimici, Rachel si trovò a fissare la gigantesca struttura che si profilava in lontananza. Il complesso, novantamila metri quadrati, si ergeva maestoso su un terreno boschivo di ventisette ettari a Fairfax, in Virginia, appena fuori dal District of Columbia. La facciata era costituita da un baluardo di vetro unidirezionale che rifletteva la selva di parabole satellitari, antenne e calotte di copertura dei radar, raddoppiandone il numero già imponente.
Due minuti più tardi Rachel parcheggiò e attraversò i giardini ben curati diretta verso l'ingresso principale, dove su una targa intagliata nel granito si leggeva:
I due marine armati a fianco della porta girevole antiproiettile guardavano fisso davanti a sé quando Rachel passò tra loro. Avvertì la stessa sensazione di sempre… le pareva di entrare nel ventre di un gigante addormentato.
Dentro l'atrio a volta percepì i deboli echi di conversazioni a bassa voce, come se le parole filtrassero dagli uffici ai piani superiori. Un enorme mosaico proclamava la missione dell'NRO:
Le pareti erano rivestite da enormi fotografie di lanci di missili, vari di sottomarini, strutture per l'intercettazione: eccezionali imprese che potevano essere celebrate soltanto dentro quelle mura.
In quel momento, come sempre, Rachel sentì di prendere le distanze dalla vita che scorreva al di fuori. Stava entrando nel mondo ombra, un mondo in cui i problemi arrivavano come treni merci e le soluzioni venivano elargite con appena un mormorio.
Mentre si avvicinava all'ultimo posto di controllo, si chiese che genere di questione avesse fatto suonare due volte il suo pager negli ultimi trenta minuti.
«Buongiorno, signora Sexton.» La guardia sorrise nel vederla avvicinarsi alla porta blindata.
Rachel ricambiò il sorriso, mentre la guardia le porgeva un minuscolo tampone.
«Conosce la procedura» disse l'uomo.
Rachel estrasse dalla plastica il tampone di cotone ermeticamente sigillato e se lo infilò in bocca come un termometro. Lo tenne sotto la lingua per due secondi, poi si sporse verso la guardia perché glielo togliesse. L'uomo inserì il tampone inumidito nella fessura di un dispositivo alle sue spalle, che impiegò soltanto quattro secondi per confermare la sequenza del DNA nella saliva di Rachel. A quel punto, un monitor lampeggiò, mostrando la foto di Rachel e l'autorizzazione all'ingresso.
La guardia ammiccò. «È sempre lei, a quanto pare.» Estrasse dal dispositivo il tampone usato e lo lasciò cadere in un'apertura, dove fu incenerito all'istante. «Buona giornata.» Premette un pulsante e le enormi porte di acciaio si spalancarono.