Van Atta sollevò lo sguardo imbronciato da dietro un ammasso di carte, mentre lo schermo del suo computer lampeggiava con diagrammi di ogni genere dell’Habitat. — Che cosa c’è, Leo? Sono occupato. Chi può, agisca, e chi non può, insegni.
E quelli che non sanno insegnare, terminò silenziosamente Leo, passino in amministrazione. Mantenne il solito sorriso neutro, evitando di far trasparire i suoi pensieri anche solo con uno scintillio degli occhi. — Ho pensato molto, Bruce — gli disse con voce mielata. — Voglio offrirmi volontario per il lavoro di smantellamento dell’Habitat.
— Davvero? — Van Atta sollevò un sopracciglio, sconcertato, e poi lo riabbassò, sospettoso. — Perché?
Se gli avesse detto che lo faceva per bontà di cuore, di certo non gli avrebbe creduto, ma Leo aveva una risposta pronta. — Perché, per quanto mi dispiaccia doverlo ammettere, ancora una volta aveva ragione lei. Ho pensato a quello che ricaverò da questo incarico: contando il tempo passato in viaggio, ho sprecato quattro mesi della mia vita, anzi, di più. Quando tutto sarà finito non mi resterà altro che qualche nota di demerito sul curriculum.
— Se le è volute lei — e al ricordo Van Atta si sfregò la guancia sulla quale l’ecchimosi stava assumendo una colorazione verdognola.
— Ho perduto un po’ il senso della prospettiva — ammise Leo. — Ma adesso l’ho riacquistato.
— Un po’ tardi — disse acido Van Atta.
— Ma potrei fare un buon lavoro — ribatté Leo, chiedendosi come si potesse ottenere, in assenza di peso, l’effetto di un cane che scondinzola. Meglio non esagerare. — Ho bisogno di una nota di merito, qualcosa che faccia da contrappeso a quelle note di biasimo. Ho avuto delle idee che potrebbero portare a un’alta percentuale di recupero materiali, riducendo di parecchio le perdite. Questo le toglierebbe dalle mani tutto il lavoro fastidioso, lasciandola libera di pensare ai problemi amministrativi.
— Uhm — disse Van Atta, visibilmente allettato dalla prospettiva di veder tornare il suo ufficio all’antica e incontaminata serenità. Studiò Leo, socchiudendo le palpebre. — Molto bene… lo prenda. Qui ci sono i miei appunti, sono tutti suoi. Ah, solo si ricordi di mandare i progetti e i rapporti tramite il mio ufficio, mi incaricherò io di inoltrarli. Dopo tutto, quello è il mio vero lavoro: amministrazione.
— Certamente — Leo raccolse il fascio di carte. Sì, inviarli tramite te… così potrai mettere il tuo nome al posto del mio. Leo riusciva quasi a vedere le rotelline che giravano, riflesse nello sguardo calcolatore di Van Atta. Leo fa tutto il lavoro e Van Atta gli soffia il merito. Oh, certo che ti prenderai il merito per come finirà questo progetto, piccolo Bruce, te lo prenderai tutto.
— Mi servirebbe qualche altra cosa — chiese in tono umile. — Vorrei che tutti gli equipaggi quad dei rimorchiatori che possono essere allontanati dai turni normali venissero aggiunti alle mie classi. Quegli inutili ragazzini impareranno a lavorare come non hanno mai fatto prima. Equipaggiamento, provviste, autorizzazione a richiedere rimorchiatori e carburante… devo iniziare dei controlli in loco… e devo poter essere in grado di reclutare altra mano d’opera quad all’occorrenza. D’accordo?
— Oh, sta offrendosi volontario anche per il lavoro manuale? — Il viso di Van Atta venne attraversato da una vendicativa cupidigia, seguita poi dal dubbio. — Ricordi che la cosa deve restare segreta fino all’ultimo istante.
— Posso far passare la programmazione preliminare come un compito in classe di teoria. Guadagneremo una settimana o due. Ma alla fine bisognerà dirglielo, lo sa.
— Non troppo presto. La responsabilità di tenere sotto controllo quelle scimmiette è sua, capito?
— Capito. Ho l’autorizzazione? Oh… ho anche bisogno di ottenere un rinvio della mia licenza sul pianeta.
— Il Quartier Generale non ama queste cose: responsabilità.
— Qui si tratta di lei o di me, Bruce.
— Vero… — Van Atta agitò una mano, già pronto a crogiolarsi nell’usuale languore dopo la frenetica attività — Va bene, avrà tutto ciò che chiede.
Un assegno in bianco. Leo mascherò un sogghigno da lupo con un sorriso servile. — Se ne ricorderà, vero Bruce… dopo?
Van Atta scoprì i denti. — Glielo garantisco, Leo. Io mi ricordo tutto.
Leo uscì inchinandosi, mormorando parole di gratitudine.
Silver infilò la testa dentro la porta del cubicolo privato della madre del nido: — Mamma Nilla?
— Ssst! — Mamma Nilla si mise un dito sulle labbra, accennando con il capo in direzione di Andy, addormentato nel sacco appeso alla parete, da cui spuntava solo il viso. Sussurrò: — Per amor del cielo, non svegliare il bambino. È stato così nervoso… credo che il latte artificiale non gli piaccia. Vorrei che tornasse il dottor Minchenko. Aspetta, esco io nel corridoio.
Le porte stagne si chiusero dietro di lei con un sibilo. Preparandosi per la notte, Mamma Nilla aveva sostituito la tuta rosa da lavoro con un pigiama a fiori che metteva in risalto l’ampio seno. Silver represse il desiderio di stringersi sul suo morbido petto come faceva da bambina nei momenti di disperazione; era troppo grande ora, per le coccole, si disse con decisione. — Come va Andy? — chiese invece, accennando verso le porte chiuse.
— Uhm, bene — disse Mamma Nilla. — Anche se spero di riuscire a risolvere presto questo problema del latte artificiale. E… be’… non mi azzarderei a chiamarla depressione, ma sembra che la sua capacità di attenzione sia diminuita, ed è agitato. Ma non dirlo a Claire, povera cara, ha già abbastanza guai. Dille che sta bene.
Silver annuì. — Capisco.
Mamma Nilla aggrottò la fronte, pensierosa. — Ho inoltrato una protesta scritta, ma il mio supervisore l’ha bloccata. Cattiva scelta di tempo, mi ha detto. Bah. È più probabile che il signor Van Atta le abbia messo paura. Potrei proprio… ehm. Comunque, ho continuato a presentare note di straordinari e ho anche richiesto l’assegnazione di un’assistente extra al mio nido. Forse, quando si renderanno conto che questa follia costa del denaro, la smetteranno. Credo che questo tu possa dirlo a Claire.
— Sì — rispose Silver, — ha bisogno di una speranza.
Mamma Nilla sospirò. — Tutta questa faccenda mi ha molto scossa. Ma cosa è venuto in mente a quei ragazzi di cercare di fuggire? Avrei voglia di dare una scrollata a Tony. E in quanto a quella stupida guardia di sicurezza, avrei voglia… be’… — scosse il capo.
— Hai qualche altra notizia di Tony che io possa riferire a Claire?
— Ah, sì. — Mamma Nilla guardò in su e in giù nel corridoio, per assicurarsi che nessuno le sentisse. — Il dottor Minchenko mi ha chiamata ieri sera sul canale riservato. Mi ha assicurato che Tony è fuori pericolo, sono riusciti a fermare l’infezione. Ma è ancora molto debole. Il dottor Minchenko pensa di riportarlo all’Habitat al suo rientro dalla licenza di gravità. Pensa che quassù Tony si riprenderà più in fretta. Ecco una buona notizia che puoi riferire a Claire.
Silver fece dei rapidi calcoli, contando sulle dita inferiori, fuori dalla portata visiva di Mamma Nilla, e respirò sollevata. Poteva riferire a Leo che uno dei loro grossi problemi era risolto. Tony sarebbe tornato prima dello scoppio della rivolta. E il suo ritorno poteva anche diventare il segnale dell’inizio della sommossa. Un sorriso le illuminò il volto. — Grazie, Mamma Nilla. Questa è una buona notizia.
Rivoluzione 101 per i Disorientati, decise cupo Leo, avrebbe dovuto essere il titolo del suo corso. O, peggio ancora, 050: Rivoluzione Correttiva.
Al cerchio di quad in attesa, che era sospeso attorno a lui nel modulo, si erano aggiunti gli equipaggi fuori servizio dei rimorchiatori e tutti i quad più grandi non di turno che Silver era riuscita a contattare di nascosto. Sessanta o settanta, in tutto. Il modulo dove si svolgeva la lezione era affollatissimo, e questo fece balzare la mente di Leo ai problemi di consumo di ossigeno e ai piani di riciclaggio per l’Habitat ristrutturato. L’aria era satura di tensione e ricca di anidride carbonica. Leo si rese conto che le voci si erano già sparse, e Dio solo sapeva in quale forma distorta. Era arrivato il momento di sostituire le voci con i fatti.