Leo si sporse in avanti. — Le darò una cuccetta da pilota, Gulik — disse, scandendo le parole. — Sulla più grande astronave a balzo che abbia mai volato. — E rapidamente, prima che il pilota potesse interromperlo, gli raccontò la sua visione dell’Habitat trasformato in nave colonia. — È tutto là. Tutto quello che ci serve è un pilota. Un pilota che possa venir inserito nel sistema di guida della GalacTech. Tutto quello che ci serve… è lei.
Ti era assolutamente atterrito. — Non sta parlando di una grandiosa follia, sta parlando di un terribile crimine! Si rende conto di quale sarebbe il valore in contanti dell’intera struttura? Non la farebbero uscire di prigione prima del prossimo millennio.
— Ma io non andrò in prigione: andrò tra le stelle con i quad.
— La sua cella sarà imbottita.
— Questo non è un crimine. Questa è… una guerra o qualcosa di simile. Il crimine è lavarsene le mani e filarsela.
— Non secondo il codice legale di cui sono a conoscenza.
— Va bene, allora: un peccato.
— Oh, cielo! — Ti strabuzzò gli occhi. — Ecco che salta fuori. Lei è in missione per conto di Dio, giusto? Mi faccia scendere alla prossima fermata, per piacere.
Dio non è qui. Qualcuno deve prendere il suo posto. Leo accantonò in fretta quel tipo di pensieri. Celle imbottite, davvero. — Pensavo che fosse innamorato di Silver. Come può abbandonarla a una morte lenta?
— Ti non è innamorato di me — lo interruppe Silver sorpresa. — Come ti è venuta questa idea, Leo?
Ti le lanciò un’occhiata incerta. — No, certo che no — convenne debolmente. — Tu, ah… tu l’hai sempre saputo, giusto? Tra noi non c’era altro che un piccolo accordo per reciproco interesse.
— Esatto — confermò Silver. — Io ottenevo libri e video, mentre Ti scaricava la tensione psicologica. I maschi terricoli hanno bisogno di sesso per star bene, lo sai, non sono in grado di sopportare lo stress. Può avere un effetto dirompente. Geni sregolati, immagino.
— Chi ti ha raccontato queste stronzate?… — cominciò Leo e poi si interruppe. — Non importa — poteva arrivarci da solo. Chiuse gli occhi, premendovi sopra i polpastelli e cercò di riprendere l’argomento. — Bene. Quindi per lei Silver è solo… disponibile. Come un fazzoletto. Soffiaci il naso e buttalo via.
Ti sembrò ferito. — La smetta, Graf. Non sono peggiore di tanti altri.
— Ma io le sto offrendo la possibilità di migliorare, non capisce…
— Leo — lo interruppe di nuovo Silver, che adesso era distesa sul letto con la guancia appoggiata ad una delle mani superiori. — Quando saremo arrivati alla nostra cintura di asteroidi, dovunque sia, cosa ne faremo della supernave?
— La supernave?
— Staccheremo l’Habitat utilizzandolo in una nuova configurazione, e la supernave rimarrà lì in orbita di parcheggio. Non potremmo affidarla a Ti?
— Che cosa? — esclamarono all’unisono Ti e Leo.
— Come ricompensa. Ti ci fa compiere il balzo verso la nostra destinazione, e poi si tiene la supernave. Potrà diventare al tempo stesso pilota e proprietario, costituire una compagnia di trasporti, insomma, qualunque cosa preferisca.
— Con una nave rubata? — guaì Ti.
— Se saremo abbastanza lontani perché la GalacTech non possa raggiungerci, allora lo sarai anche tu — ragionò Silver. — Allora avrai una nave che si adatta al tuo impianto neurale e nessuno potrà più licenziarti, perché lavorerai in proprio.
Leo si morsicò la lingua. Aveva portato Silver con sé perché lo aiutasse a persuadere Ti: quale importanza poteva avere se la forma di persuasione non aveva assunto esattamente la forma che lui si era figurato? Dall’espressione rapita del volto del pilota, dovevano finalmente essere riusciti a trovare il suo punto debole. Leo socchiuse gli occhi e rivolse un sorriso incoraggiante a Silver.
— E poi — continuò lei, battendo le ciglia, — se riusciremo ad andarcene da qui, il signor Van Atta farà la figura del cretino totale. — Lasciò ricadere la testa sul letto e rivolse un sorriso a Ti.
— Oh! — esclamò Ti con il tono di chi abbia avuto un’improvvisa illuminazione. — Ah…
— Le sue valige sono pronte? — chiese sollecito Leo.
— Sono là — Ti indicò una pila di bagagli in un angolo. — Ma… ma… accidenti, se questa faccenda va a monte, mi crocifiggeranno!
— Ah! — disse Leo. — Ecco, guardi… — aprì la tuta rossa sul collo ed estrasse una saldatrice laser che aveva nascosto in una tasca interna. — Ho levato la sicura di quest’aggeggio; adesso spara un potente raggio ad una notevole distanza, di certo maggiore dell’ampiezza di questa stanza. — E la mosse con gesto noncurante. — Se saremo arrestati, lei potrà affermare in tutta sincerità di essere stato sequestrato, armi alla mano, da un ingegnere impazzito e dalla sua assistente mutante un po’ matta e costretto a collaborare dietro minacce di morte. Può diventare un eroe, in un modo o nell’altro.
L’assistente mutante un po’ matta rivolse a Ti un sorriso smagliante, con gli occhi che brillavano come stelle.
— Lei, ah… non ha davvero intenzione di sparare con quell’aggeggio, vero? — chiese Ti timoroso.
— No di certo — rispose allegramente Leo, scoprendo i denti in un sorriso e rimettendo via la saldatrice.
— Ah! — Ti piegò leggermente di lato la bocca, in parte rassicurato, ma i suoi occhi ritornarono spesso in seguito, al fagotto sotto la tuta di Leo.
Quando fecero ritorno al portello di attracco del rimorchiatore, Zara non c’era più.
— Oh, Dio — gemette Leo. Era andata a spasso? Si era persa? L’avevano portata via con la forza? Una frenetica ricerca non portò alla scoperta di nessun messaggio lasciato nella consolle di comunicazione, né biglietti di nessun tipo.
— Un pilota, lei è un pilota — ragionò Leo ad alta voce. — C’era qualcosa che può aver avuto bisogno di fare? Abbiamo carburante in abbondanza… le comunicazioni con il controllo del traffico vengono effettuate da qui… — Con un brivido si rese conto di non averle formalmente proibito di abbandonare la nave: era talmente ovvio che non dovesse farsi notare, restando in guardia. Ovvio per lui, si rese conto Leo. Ma chi poteva dire che cosa era ovvio per un quad?
— Sono in grado di pilotarlo, se è necessario — disse Ti in tono rilassato. — È completamente manuale.
— Non è questo il punto — disse Leo. — Non possiamo andarcene senza di lei. I quad non dovrebbero affatto trovarsi qui. Se si fa prendere dalle autorità della Stazione e quelli cominciano a fare domande… sempre ammettendo che non si sia fatta prendere da qualcosa di peggio…
— In che senso?
— Non lo so, questo è il guaio.
Nel frattempo, Silver era rotolata giù dalla cuccetta di accelerazione, scivolando sul pavimento. Dopo qualche istante di cauti tentativi, raggiunse una posizione a quattro mani e cominciò a strisciare, passando accanto alle ginocchia di Leo, trascinando sul pavimento le estremità afflosciate delle gambe dei pantaloni.
— Dove stai andando?
— A cercare Zara.
— Silver, resta sulla nave. Non abbiamo certo bisogno di altri dispersi, per l’amor del cielo — le ordinò brusco Leo. — Ti ed io ci muoviamo molto più in fretta: la troveremo.
— Non credo — mormorò Silver con aria assorta. Raggiunse il tubo flessibile, guardò su e giù lungo il corridoio che curvava a destra e a sinistra, girando intorno al raggio. — Vedi, non credo che sia andata lontano.
— Se è salita sull’ascensore, a quest’ora potrebbe essere in qualunque parte della Stazione.
Silver indietreggiò sulle braccia posteriori, sollevò quelle anteriori sopra la testa e strizzò gli occhi per guardare in direzione dell’ascensore alla sua sinistra. — I pulsanti sarebbero difficili da raggiungere per un quad. E inoltre sapeva che lì avrebbe avuto più possibilità di imbattersi nei terricoli. Credo che sia andata di qua. — Sollevò la testa e strisciò decisa verso destra su tutte e quattro le mani. Dopo qualche istante, aumentò la velocità cambiando passo e lanciandosi in una serie di balzi da gazzella con tutte e quattro le mani nella bassa gravità del raggio. Leo e Ti furono costretti a seguirla con la massima rapidità. Leo ebbe l’assurda sensazione di trovarsi a dare la caccia a un animale domestico in fuga. Era un’illusione ottica causata da quel movimento a quattro mani… i quad sembravano persino più umani in caduta libera.