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— Non saltare alle conclusioni. Sì, certo… tu lo sai, c’è la possibilità di non riuscire a portarlo qui, va bene… l’ho detto ad alta voce. Ma per favore, renditi conto che un piano alternativo richiede che Ti piloti una navetta per noi, e dovrà aspettare finché non sarà tornata la squadra dei sequestratori. A quel punto avremo catturato una supernave e comincerò a credere che tutto sia possibile. — Inarcò le sopracciglia e poi le distese. — E se è possibile, ci proveremo, te lo prometto.

C’era una freddezza crescente nell’atteggiamento di Claire. Strinse le labbra perché non tremassero. — Non puoi rischiare tutto per una sola persona. Non è giusto.

— Be’… ci sono un migliaio di cose che possono andare male a partire da adesso fino a un… punto di non ritorno per Tony. Potrebbe rivelarsi una faccenda del tutto accademica. So perfettamente che dividere le nostre energie tra un migliaio di «se», invece di concentrarle tutte su un passo successivo sicuro, è una specie di autosabotaggio. Non è quello che faremo la settimana prossima che conta, ma quello che faremo come mossa seguente. Che cosa devi fare tu, adesso?

Claire deglutì, cercando di ricomporsi. — Tornare al lavoro… fingendo che non stia succedendo niente. Continuare l’inventario segreto di tutte le riserve di semi. Uh, terminare il progetto per mantenere le luci di crescita delle piante mentre l’Habitat si allontana dal sole. E appena l’Habitat sarà in mano nostra, iniziare le nuove talee e mettere in funzione i tubi di riserva, per provvedere alla crescita di scorte di cibo extra per i casi di emergenza. E, uh, preparare campioni criogenici di ogni variante genetica che abbiamo a bordo, per poter rifornire le scorte in caso di disastro…

— Basta così! — Leo sorrise incoraggiante. — Solo il prossimo passo! E tu sai che puoi farlo.

Lei annuì.

— Abbiamo bisogno di te, Claire — aggiunse. — Tutti noi, non solo Andy. La produzione di cibo è una delle cose fondamentali per la nostra sopravvivenza. Anche un solo paio… ehm, serie di braccia in più può essere prezioso. E dovrete cominciare a istruire i più giovani, impartendo loro quelle conoscenze che la biblioteca, per quanto completa tecnicamente, non è in grado di duplicare.

— Non cederò — ripeté Claire a denti stretti, rispondendo alla domanda implicita nel suo discorso.

— Mi hai spaventato a morte, quel giorno nel portello stagno — si scusò lui imbarazzato.

— Mi sono spaventata anch’io — ammise lei.

— Avevi il diritto di essere arrabbiata. Ricorda solo che il tuo vero bersaglio non è qui — e le sfiorò la maglietta, all’altezza del cuore, — è là fuori.

Così lui aveva capito che era stata la rabbia, una rabbia compressa e rivolta all’interno, non la disperazione, che l’aveva spinta nel portello stagno, quel giorno. In un certo senso, era un sollievo poter dare il nome giusto alla sua emozione. E in un altro senso non lo era.

— Leo… là fuori spaventa anche me.

Egli fece un sorriso enigmatico. — Benvenuta nel club degli esseri umani.

— Il prossimo passo — mormorò Claire; — giusto, la prossima meta. - Agitò la mano e si avviò nel corridoio.

Con un sospiro, Leo riportò lo sguardo verso la stiva merci. Parlare del prossimo passo era una bella cosa, tranne che quando la gente e il mutare delle condizioni non facevano altro che spostarti il sentiero nel momento in cui avevi un piede a mezz’aria. Il suo sguardo indugiò sulla squadra di quad della stiva, che aveva collegato il tubo flessibile al grande portello della navetta e stava ora sistemando il carico nella stiva con i sollevatori elettrici. Il carico consisteva in una serie di cilindri grigi alti quanto un uomo, che Leo a tutta prima non riconobbe.

Ma avrebbe dovuto invece essere riconoscibile, trattandosi di un ingente numero di barre di carburante per rimorchiatori. — Per smantellare l’Habitat — aveva detto Leo a Van Atta in tono mellifluo quando aveva inoltrato l’ordine. — Così non dovrò riordinarli. E se anche ce ne restano, potranno andare alla Stazione di Trasferimento con i rimorchiatori quando questi verranno nuovamente smistati. Li faremo passare come parte del recupero.

Innervosito, Leo si diresse verso la squadra di scarico. — Cos’è questo, ragazzi?

— Oh, signor Graf, salve. Be’, non lo so con precisione — disse il quad con la maglietta e i pantaloncini color giallo canarino della divisione Manutenzione Sistemi di Aerazione, di cui Stive e Portelli era una sottodivisione. — Non credo di averli mai visti prima. Comunque ce ne sono tanti. — Si interruppe per sganciare dal sollevatore un pannello di registrazione, che tese a Leo. — Ecco la bolla di carico.

— Avrebbero dovuto essere barre di carburante per rimorchiatori da carico… — I cilindri avevano quasi le dimensioni giuste, ma certo non potevano averli ridisegnati. Leo batté il codice della bolla… tipo di merce, una serie di numeri di codice, quantità, dati astronomici.

— Sento un gorgoglio all’interno — aggiunse il ragazzo con la maglietta gialla, per rendersi utile.

— Un gorgoglio? — Leo guardò più attentamente il numero di codice sul pannello di registrazione, guardò i cilindri grigi… combaciava. Il codice era quello delle barre per i rimorchiatori… o no? Inserì «Barre Carburante, rimorchiatori orbitali da carico Tipo II, riferimento incrociato, codice d’inventario». Il pannello ammiccò e comparve un numero. Sì, era lo stesso… no, per Dio! G77618PD contro il G77681PD stampato sui cilindri. Rapidamente batté G77681PD. Seguì una lunga pausa, non del pannello di registrazione, ma del cervello di Leo.

— Benzina? — gracchiò incredulo. — Benzina. Quegli imbecilli hanno spedito cento tonnellate di benzina su una stazione spaziale?…

— Che cos’è? — chiese il quad.

— Benzina. È un idrocarburo usato sui pianeti come carburante per i fuoristrada. È un sottoprodotto gratuito della pirolisi petrolchimica. L’ossigeno dell’atmosfera fornisce l’ossidante. E un liquido voluminoso, tossico, volatile, infiammabile… esplosivo!… a temperatura ambiente. Per l’amor del cielo, fate in modo che nessuno di quei barili si apra.

— Sissignore — promise il quad chiaramente impressionato dalla lista di rischi enunciata da Leo.

Il supervisore delle squadre di rimorchiatori orbitali entrò in quel momento nella stiva, seguito da una squadra di quad del suo dipartimento.

— Oh, salve, Graf. Senta, penso che sia stato un errore lasciarmi convincere da lei a ordinare questo carico… avremo dei problemi di immagazzinamento…

— Lei ha ordinato questo?

— Che cosa? — il supervisore ammiccò, poi i suoi occhi registrarono la scena. — Che… dove sono le mie barre di carburante? Mi hanno detto che erano qui.

— Voglio dire se l’ordine lo ha fatto lei personalmente, con i suoi ditini?

— Sì, me lo ha chiesto lei, ricorda?

— Be’ — Leo trasse un lungo respiro e gli tese il pannello di registrazione, — ha commesso un errore di battitura.

Il supervisore guardò il pannello e impallidì. — Oh, Dio.

— E loro hanno eseguito l’ordine alla lettera — balbettò Leo passandosi una mano fra i pochi capelli che gli restavano, — hanno spedito il carico… non riesco a crederci. Hanno riempito la navetta di tutta questa roba senza nemmeno porsi delle domande, hanno spedito un centinaio di tonnellate di benzina ad una stazione spaziale, senza che nessuno si fermasse a pensare che era completamente assurdo…

— Non riesco a crederci — sospirò il supervisore. — Oh, Dio. Oh, be’, non ci resta che rispedirlo indietro e rifare l’ordine. Ci vorrà una settimana, probabilmente. Le nostre scorte di barre non sono così basse, nonostante il ritmo con cui le usa per quel suo «progetto speciale» sul quale sta tanto abbottonato.

Io non ho una settimana pensò freneticamente Leo. Ho ventiquattr’ore al massimo.

— Non ho una settimana — si trovò ad esclamare infuriato. — Le voglio ora. Faccia un’ordinazione urgente. — Abbassò la voce, accorgendosi di attirare un po’ troppo l’attenzione su di sé.