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— Andrews, è in linea? — gridò. — Non riesco a vederla.

— Il sistema telefonico è in sovraccarico — disse Montoya, — quindi hanno eliminato il video. Sono Lupe Montoya. Il Signor Basingame pesca salmone o trota?

— Cosa? — domandò Dunworthy, fissando con espressione accigliata lo schermo inattivo.

— Ho chiamato i centri di pesca scozzesi per tutta la mattina… quando sono riuscita ad avere la linea. Mi hanno detto che per sapere dove trovarlo bisogna prima sapere se pesca salmoni o trote. Cosa mi dice dei suoi amici? All'università non c'è qualcuno con cui lui va a pescare che possa esserne informato?

— Non ne ho idea, Signora Montoya — replicò Dunworthy. — Temo di essere in attesa di una chiamata importantissima…

— Ho tentato ogni altra strada… alberghi, locande, affittuari di barche, perfino il suo barbiere. Ho rintracciato sua moglie a Torquay, ma Basingame non le ha lasciato detto dove andava. Spero che non voglia dire che è da qualche parte con una donna e che in effetti non è affatto in Scozia.

— Non credo proprio che il Signor Basingame…

— Già, ma allora perché nessuno sa dove si trovi? E perché non ha chiamato nessuno adesso che la notizia dell'epidemia è su tutti i giornali e su tutti i notiziari?

— Signora Montoya, io…

— Suppongo che dovrò chiamare tanto i centri di pesca al salmone quanto quelli di pesca alla trota. Le farò sapere se riesco a rintracciarlo.

Infine si decise a riattaccare e Dunworthy posò il ricevitore, certo che Andrews avesse tentato di chiamare mentre lui era in linea con Montoya.

— Non mi ha detto lei che nel medioevo c'erano un sacco di epidemie? — chiese Colin, che era seduto sul divano sotto la finestra con il libro sul medioevo posato sulle ginocchia e stava continuando a mangiare dolcetti.

— Sì.

— Su questo libro non riesco a trovarle. Sotto che voce devo cercare?

— Prova con Morte Nera — suggerì Dunworthy.

Seguì un altro quarto d'ora di ansiosa attesa, al termine del quale Dunworthy cercò ancora una volta di chiamare Andrews, soltanto per scoprire che le linee erano sempre intasate.

— Lo sapeva che la Morte Nera è arrivata anche a Oxford? — commentò Colin, che aveva finito con i dolcetti ed era tornato alle finte tavolette di sapone. — È arrivata a Natale, proprio come sta succedendo adesso.

— L'influenza non può certo essere paragonata alla peste — ribatté Dunworthy, continuando a fissare il telefono come se la sua semplice forza di volontà potesse obbligarlo a suonare. — La Morte Nera ha ucciso da un terzo alla metà della popolazione europea.

— Lo so — annuì Colin. — La peste era molto più interessante dell'influenza. Era diffusa dai ratti e procurava questi enormi bobboni…

— Bubboni.

— Bubboni sotto le braccia, poi si diventava tutti neri e ci si gonfiava fino ad essere enormi e si moriva! L'influenza non ha niente del genere — commentò, in tono deluso.

— No.

— E poi l'influenza è una malattia sola, mentre c'erano tre tipi di peste. Bubbonica, quella con i bubboni, polmonare, che attaccava i polmoni e faceva sputare sangue, e set-ta-che-mica…

— Setticemica.

— Setticemica, che entrava nel flusso sanguigno e uccideva in tre ore, rendendo nero tutto il corpo! Non è apocalittico?

— Già — convenne Dunworthy.

Il telefono trillò appena dopo le undici e Dunworthy lo afferrò immediatamente, ma era di nuovo Mary, che annunciava che non sarebbe riuscita a venire per pranzo.

— Questa mattina abbiamo avuto cinque nuovi casi — spiegò.

— Verrò in Infermeria non appena avrò ricevuto la mia chiamata a lunga distanza — promise Dunworthy. — Sto aspettando che mi telefoni uno dei miei tecnici. Voglio che venga qui e mi decifri la verifica dei dati.

— Hai parlato della cosa con Gilchrist? — domandò Mary.

— Gilchrist! Sta già progettando di mandare Kivrin in piena Morte Nera!

— Comunque non credo che dovresti fare una cosa del genere senza avvertirlo. Lui è il Sostituto Preside, ed è inutile renderselo nemico. Se qualcosa è davvero andato storto e Andrews dovrà abortire la transizione, avrai bisogno della sua collaborazione — replicò Mary, con un sorriso. — Ne discuteremo quando verrai qui, e ne approfitterò per farti anche fare un'inoculazione.

— Credevo che steste aspettando l'analogo.

— Infatti, ma non sono soddisfatta del modo in cui i casi primari stanno reagendo alla cura consigliata da Atlanta. Alcuni di loro mostrano qualche lieve miglioramento ma Badri sta peggio, ammesso che sia possibile, quindi voglio che tutte le persone a rischio si sottopongano ad un'intensificazione dei linfociti T.

A mezzogiorno Andrews non aveva ancora telefonato. Dunworthy mandò Colin all'Infermeria perché si sottoponesse all'inoculazione e il ragazzo tornò con aria sofferente.

— È così sgradevole? — domandò Dunworthy.

— Peggio — replicò Colin, gettandosi sul divano sotto la finestra. — La Signora Gaddson mi ha sorpreso mentre stavo rientrando. Siccome mi massaggiavo il braccio ha preteso di sapere dove ero stato e perché avevo ricevuto l'inoculazione e William no. Questo sì che fa male! — aggiunse, fissando Dunworthy con aria di rimprovero. — Ha detto anche che se c'era qualcuno ad alto rischio quello era il suo povero Willy e che era un atto di assoluta necrofilia che io fossi stato sottoposto ad inoculazione e lui no.

— Nepotismo — corresse Dunworthy.

— Nepotismo. Spero che quel prete le trovi da fare un lavoro davvero orribile.

— Come stava la tua prozia?

— Non l'ho vista. Sono spaventosamente occupati, con i letti in mezzo ai corridoi e tutto il resto.

Colin e Dunworthy scesero a turno nella sala comune per il pranzo di Natale, e Colin tornò su in meno di un quarto d'ora.

— I suonatori di campane hanno cominciato a suonare — spiegò. — Il Signor Finch mi ha incaricato di dirle che zucchero e burro sono finiti e che non c'è quasi più panna per il caffè — aggiunse, tirando fuori di tasca una tartina. — Perché non restano mai a corto di cavoletti di Bruxelles?

Dunworthy gli ordinò di venire immediatamente a chiamarlo non appena Andrews avesse telefonato e di prendere nota di eventuali altri messaggi, poi scese a pranzo. I suonatori di campane erano in piena attività e stavano eseguendo un pezzo di Mozart.

Finch gli porse un piatto che sembrava composto prevalentemente da cavoletti di Bruxelles.

— Temo che il tacchino sia quasi finito, signore — si scusò. — Sono lieto che sia venuto, perché è quasi ora del discorso natalizio della regina.

I suonatori di campane conclusero il loro pezzo fra applausi entusiastici e la Signora Taylor si avvicinò con ancora indosso i guanti bianchi.

— Eccola qui, Signor Dunworthy — disse. — Ho sentito la sua mancanza a colazione, e poi il Signor Finch mi ha detto che è a lei che ci dobbiamo rivolgere. Ci serve una stanza dove esercitarci.

Dunworthy fu tentato di ribattere che non aveva idea che si esercitassero, e per non farlo si mise in bocca un cavoletto di Bruxelles.

— Una stanza per esercitarvi? — disse soltanto.

— Sì, in modo da poterci esercitare nella nostra Sorpresa di Chicago in chiave minore. Ho preso accordi con il decano della Chiesa del Cristo per suonarla là in occasione di Capodanno, ma ci serve un posto per esercitarci. Ho detto al Signor Finch che quella grande stanza a Beard sarebbe perfetta…

— La sala docenti.

— Però il Signor Finch ha risposto che viene usata come magazzino delle scorte.

Quali scorte? si chiese Dunworthy. Secondo Finch erano a corto di quasi tutto tranne i cavoletti di Bruxelles.

— Inoltre il Signor Finch ha detto che le sale conferenze dovevano essere tenute libere come infermeria d'emergenza. A noi serve un posto tranquillo dove poterci concentrare, perché la Sorpresa di Chicago in chiave minore è molto complicata, le variazioni e le alterazioni richiedono una concentrazione assoluta, e poi ci sono naturalmente i movimenti aggiunti.