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— Ringraziala per la sciarpa e non le dire che farai quelle commissioni per il vicario — sussurrò Dunworthy, ma Colin gli stava già porgendo il ricevitore.

— Vuole parlare ancora con lei — disse.

— È chiaro che ti stai prendendo buona cura di lui — affermò Mary, — e te ne sono molto grata. Non sono ancora andata a casa e non avrei voluto saperlo solo il giorno di Natale. I regali promessi da sua madre non sono arrivati, vero?

— No — confermò Dunworthy in tono cauto, scoccando un'occhiata a Colin che era intento a guardare le immagini del libro sul medioevo.

— E non ha neppure telefonato — commentò in tono disgustato Mary. — Quella donna non ha una sola goccia di sangue materno in tutto il corpo. Per quel che ne sa lei, Colin potrebbe anche essere in ospedale con quaranta di febbre, non credi?

— Come sta Badri? — volle sapere Dunworthy.

— Questa mattina la febbre è un po' calata, ma le complicazioni polmonari sono ancora notevoli e lo stiamo curando con la sintamicina, un farmaco a cui i casi del Sud Carolina hanno risposto molto bene.

Mary promise quindi di venire da loro per il pranzo di Natale e chiuse la comunicazione.

— Lo sapeva che nel medioevo bruciavano la gente sul rogo? — chiese Colin, sollevando lo sguardo dal libro.

Mary non venne e neppure telefonò, e lo stesso fece Andrews. Dunworthy mandò Colin nella sala comune a fare colazione e cercò di contattare telefonicamente il tecnico, ma tutte le linee erano occupate… «a causa del sovraccarico dovuto alle feste» spiegò il computer, che evidentemente non era più stato programmato dall'inizio della quarantena, poi consigliò di rimandare tutte le chiamate non essenziali al mattino successivo. Dunworthy fece altri due tentativi, ma sempre con lo stesso risultato.

Finch venne da lui con un vassoio.

— Sta bene, signore? — domandò in tono ansioso. — Non si starà ammalando, vero?

— Non mi sto ammalando, sto aspettando che arrivi una chiamata a lunga distanza.

— Oh, grazie al cielo. Quando non è sceso a colazione ho temuto il peggio — replicò Finch, togliendo il coperchio dal vassoio. — Ho paura che questa sia una ben misera colazione di Natale, ma abbiamo quasi esaurito le uova e non so proprio che genere di pranzo di Natale riusciremo a mettere insieme. Non è rimasto un solo cappone in tutta Oxford.

In realtà quella appariva una colazione decisamente rispettabile, con un uovo sodo, aringhe affumicate e pasticcini con la marmellata.

— Ho cercato di ottenere un pudding di Natale, signore, ma non c'è quasi più brandy — si scusò Finch, estraendo una busta di plastica da sotto il vassoio e porgendola a Dunworthy.

Questi aprì la busta. La prima cosa che essa conteneva era una direttiva dell'SSN intitolata: «Primi Sintomi di Influenza: 1) Disorientamento; 2) Emicrania; 3)Dolori muscolari. Evitare di contraria. Indossare sempre la maschera regolamentare»

— Maschera? — domandò Dunworthy.

— L'SSN le ha consegnate questa mattina — spiegò Finch. — Non so come faremo a lavarle, però, visto che abbiamo quasi finito il sapone.

C'erano altre quattro direttive, tutte più o meno sullo stesso tono, e un messaggio di William Gaddson unito ad una stampata delle spese fatte da Badri lunedì mattina, il venti di dicembre. A quanto pareva Badri aveva impiegato il tempo fra mezzogiorno e le due e mezza per fare delle compere natalizie: quattro tascabili da Blackwell, una sciarpa rossa e un carillon digitale in miniatura da Debenham. Meraviglioso… questo significava dozzine e dozzine di nuovi contatti.

Colin arrivò portando con sé un tovagliolino pieno di dolcetti; il ragazzo aveva ancora in testa la sua corona di carta, a cui la pioggia aveva inflitto danni considerevoli.

— Signore — affermò Finch, — tutti si sentirebbero rassicurati se dopo aver ricevuto la sua chiamata lei venisse nella sala comune. La Signora Gaddson, in particolare, è convinta che lei abbia contratto il virus e sostiene che questo è dovuto alla scarsa ventilazione dei dormitori.

— Mi farò vedere — promise Dunworthy.

Finch accennò ad andarsene, ma poi si volse sulla soglia.

— A proposito della Signora Gaddson, signore… si sta comportando in maniera spaventosa, criticando il college e pretendendo di essere trasferita in camera con suo figlio. Sta minando il morale a tutti.

— Direi proprio di sì — confermò Colin. — Quell'Arpia mi ha detto che i dolci sono dannosi al mio sistema immunitario.

— Non c'è un lavoro volontario di qualche tipo che le si potrebbe assegnare all'Infermeria? — suggerì Finch. — Giusto per tenerla lontana dal college?

— Non possiamo certo infliggerla alle povere e impotenti vittime dell'infuenza, perché questo potrebbe ucciderle. Perché non si rivolge al vicario? So che ha bisogno di volontari che assolvano incarichi per lui.

— Al vicario? — protestò Colin. — Abbia cuore, Signor Dunworthy. Io sto già lavorando per il vicario.

— Al prete della Santa Chiesa Riformata, allora — replicò Dunworthy. — Adora recitare la Messa in Tempo di Pestilenza per tirare su il morale alla gente, quindi quei due dovrebbero andare meravigliosamente d'accordo.

— Gli telefonerò immediatamente — promise Finch, e se ne andò.

Dunworthy mangiò la colazione, con l'eccezione del dolcetto di cui si impossessò Colin, poi scese a portare giù il vassoio lasciando al ragazzo l'ordine di venire immediatamente a chiamarlo se il tecnico avesse telefonato. Fuori stava ancora piovendo, gli alberi erano neri e gocciolanti e le luci natalizie erano spruzzate di pioggia.

Tutti erano ancora a tavola, tranne i suonatori di campane che si erano ritirati da un lato con i guanti bianchi indosso e le campane a mano disposte su un tavolo davanti a loro. Finch stava dimostrando come indossare le maschere regolamentari dell'SSN, togliendo i nastri adesivi sui lati e premendosene una contro le guance.

— Non ha per nulla un buon aspetto, Signor Dunworthy — dichiarò la Signora Gaddson, — e questo non mi meraviglia. Le condizioni di questo college sono sconvolgenti e ciò che mi stupisce è che non sia scoppiata prima un'epidemia. La ventilazione è scarsa e il personale decisamente ostile. Il Signor Finch è stato molto scortese quando gli ho chiesto di potermi trasferire nella camera di mio figlio. Mi ha detto che ero stata io a scegliere di trovarmi ad Oxford durante la quarantena e che adesso dovevo accontentarmi dell'alloggio che mi era stato dato.

— C'è qualcuno al telefono per lei — avvertì Colin, arrivando di corsa.

Dunworthy accennò a oltrepassare la Gaddson, ma lei gli sbarrò il passo con il proprio corpo.

— Ho replicato al Signor Finch che lui poteva essere contento di restare a casa mentre suo figlio era in pericolo, ma non io.

— Temo che mi vogliano al telefono — le fece notare Dunworthy.

— Gli ho detto che una vera madre non poteva mancare di recarsi dove si trovava il suo bambino, solo e malato in un luogo lontano.

— Signor Dunworthy — chiamò ancora Colin. — Venga.

— Naturalmente è ovvio che lei non ha idea di cosa io stia parlando — Guardi questo bambino! — esclamò la Gaddson, afferrando Colin per un braccio. — Ha corso sotto la pioggia battente senza avere neppure il cappotto addosso.

Dunworthy approfittò del suo cambiamento di posizione per oltrepassarla.

— È ovvio che non le importa per nulla che questo ragazzo contragga l'influenza indiana — persistette la Gaddson, mentre Colin si liberava con uno strattone. — Lascia che si ingozzi di dolci e che vada in giro inzuppato fino all'osso.

Dunworthy attraversò di corsa il cortile con Colin che lo seguiva da presso.

— Non mi sorprenderò quando si scoprirà che il virus ha avuto origine qui a Balliol — gridò loro dietro la Gaddson. — Pura negligenza, ecco di cosa si tratta. Pura negligenza!

Dunworthy fece irruzione nella propria camera e afferrò il telefono, notando che sullo schermo non c'era immagine.