Изменить стиль страницы

La Signora Piantini dava l'impressione di poter staccare con uno strattone Great Tom dai suoi ancoraggi, ed era evidente che negli ultimi tempi non aveva contratto nessun virus.

— Le potrei parlare in privato per un momento, Signora Taylor? — domandò Dunworthy, e la scortò nel corridoio mentre proseguiva: — Siete riusciti ad annullare il concerto ad Ely?

— Sì — rispose lei, — ed anche a Norwich. Sono stati davvero comprensivi. — Poi si protese in avanti con fare ansioso e chiese: — È vero che si tratta di colera?

— Colera? — ripeté Dunworthy, senza capire.

— Una delle donne che erano alla stazione della metropolitana ha detto che si tratta di colera, che qualcuno l'ha portato dall'India e che la gente sta morendo come mosche.

A quanto pareva, non era stata una buona nottata di sonno ma la paura a modificare l'atteggiamento della donna… se le avesse detto che in effetti c'erano stati soltanto quattro casi avrebbe preteso subito di essere portata ad Ely.

— A quanto pare la malattia è un myxovirus — spiegò quindi, soppesando le parole. — In che modo è arrivato in Inghilterra il suo gruppo?

— Pensa che siamo stati noi a portare il contagio? — domandò lei, sgranando gli occhi. — Ma non siamo stati in India.

— Esiste una possibilità che si tratti dello stesso myxovirus la cui presenza è stata registrata nel Sud Carolina. Qualcuno di voi proviene di là?

— No — rispose la Signora Taylor. — Siamo tutti del Colorado, tranne la Signora Piantini che viene dal Wyoming, e nessuno di noi è stato malato.

— Da quanto tempo siete in Inghilterra?

— Tre settimane. Abbiamo visitato tutti i capitoli dei Consigli Tradizionali e abbiamo effettuato concerti di campane a mano. Abbiamo suonato una Variazione Bostoniana in tono soprano a St. Katherine e a Post Office Caters insieme a tre suonatori del capitolo di Bury St. Edmund, ma naturalmente in nessuna delle due occasioni si è trattato di un pezzo nuovo. Abbiamo suonato una Sorpresa di Chicago in chiave minore…

— E siete arrivati ad Oxford soltanto ieri mattina?

— Sì.

— Nessuno di voi è venuto in anticipo, magari per fare un po' di turismo o vedere un amico?

— No — replicò la donna, in tono inorridito. — Siamo in tourné, Signor Dunworthy, non in vacanza.

— E ha detto che nessuno dei suoi compagni è stato malato.

— Siamo soltanto in sei, non possiamo permetterci di ammalarci — dichiarò la Signora Taylor, scuotendo il capo.

— La ringrazio per il suo aiuto — concluse Dunworthy, e la rimandò nella sala comune.

Provvide quindi a chiamare Mary, e siccome non la si trovava da nessuna parte le lasciò un messaggio, poi iniziò a smaltire le chiamate che Finch aveva contrassegnato con l'asterisco. Telefonò ad Andrews, al Jesus College, alla segretaria del Signor Basingame e a St. Mary senza riuscire ad avere la comunicazione e alla fine riattaccò il ricevitore, aspettò un intervallo di cinque minuti e tentò di nuovo. Durante uno degli intervalli fra i suoi tentativi Mary lo richiamò.

— Perché non sei ancora a letto? — volle sapere. — Avevi l'aria esausta.

— Ho interrogato i suonatori di campane — replicò lui. — Sono in Inghilterra da tre settimane, nessuno di loro è venuto ad Oxford prima di ieri pomeriggio e nessuno di loro è malato. Vuoi che torni lì per interrogare Badri?

— Temo che non servirebbe. Non è coerente.

— Sto cercando di chiamare Jesus per vedere se sanno qualcosa dei suoi movimenti.

— Bene — approvò Mary. — Chiedi anche alla sua padrona di casa, e cerca di dormire un poco perché non voglio che finisca per ammalarti. — Fece una pausa, poi aggiunse: — Abbiamo avuto altri sei casi.

— Nessuno del Sud Carolina?

— No — replicò Mary, — e nessuno che sia certo non abbia avuto contatti con Badri, quindi lui è ancora il nostro caso indice. Colin sta bene?

— Sta facendo colazione e sta bene — le assicurò Dunworthy. — Non ti preoccupare per lui.

Non riuscì ad arrivare a letto prima dell'una e mezza del pomeriggio perché gli ci vollero due ore per esaurire la lista di nomi con l'asterisco segnati da Finch e un'altra ora per scoprire dove vivesse Badri. La sua padrona di casa era assente e al suo ritorno a Balliol Dunworthy scoprì che Finch era deciso ad effettuare con lui un inventario completo delle scorte di viveri.

Alla fine riuscì a liberarsi di lui promettendo di telefonare al Servizio Sanitario Nazionale per esigere altre scorte di carta igienica e raggiunse il proprio alloggio.

Colin si era raggomitolato sul divano sotto la finestra, con la testa sulla borsa e una coperta da viaggio all'uncinetto buttata addosso. Dunworthy prelevò una coperta dai piedi del letto per coprirlo meglio e sedette sulla poltrona Chesterfield di fronte al divano per togliersi le scarpe.

Era quasi troppo stanco anche per fare questo, ma sapeva che se fosse andato a letto vestito l'indomani se ne sarebbe pentito perché quelle erano cose che potevano fare soltanto i giovani privi di artrite. Colin si sarebbe svegliato riposato nonostante i bottoni che gli affondavano nel corpo e le maniche che gli bloccavano i movimenti, Kivrin poteva anche avvolgersi nel suo mantello bianco troppo sottile e posare la testa su un ceppo d'albero senza risentirne, ma se lui avesse rinunciato a un cuscino o si fosse tenuto addosso la camicia il giorno dopo si sarebbe svegliato irrigidito e pieno di crampi. E se fosse rimasto lì seduto con le scarpe in mano non sarebbe neppure andato a letto.

Senza posare le scarpe si alzò in piedi a fatica e andò in bagno, poi si mise in pigiama e tirò indietro le coltri del letto, che appariva incredibilmente invitante.

Mi addormenterò non appena poserò la testa sul cuscino, pensò mentre si toglieva gli occhiali, si infilava nel letto e tirava su le coperte. Prima ancora di aver chiuso la luce si corresse mentalmente, e spense la luce.

Dalla finestra non entrava quasi il minimo chiarore, soltanto un accenno di un grigio opaco che trapelava attraverso il velo di viticci di un grigio più cupo, e la pioggia martellava costante sulle foglie. Dunworthy si disse che avrebbe dovuto tirare le tende, ma adesso era troppo sfinito per rialzarsi.

Se non altro Kivrin non avrebbe dovuto vedersela con la pioggia. Quella in cui si trovava era la Piccola Era Glaciale, e se ci fossero state delle precipitazioni si sarebbe trattato di neve. A quei tempi le persone dormivano raggomitolate le une contro le altre intorno al focolare, cosa che avevano continuato a fare finché a qualcuno non era venuto in mente di inventare il camino e la canna fumaria, cose che non erano esistite nei villaggi dell'Oxfordshire fin verso la metà del quindicesimo secolo. A Kivrin però non sarebbe importato: si sarebbe raggomitolata come Colin e sarebbe scivolata nel sonno tranquillo e immediato dei giovani.

Si chiese se avesse smesso di piovere, perché adesso non sentiva più il tamburellare delle gocce contro la finestra. Forse la pioggia si era trasformata in una lenta acquerugiola o stava per scoppiare un altro acquazzone… era così buio, e il pomeriggio non era ancora abbastanza avanzato perché fosse già prossimo il tramonto. Tirò fuori la mano da sotto le coperte e guardò i numeri illuminati dell'orologio digitale: erano soltanto le due, e dov'era Kivrin dovevano essere le sei di sera. Quando si fosse svegliato doveva telefonare ancora ad Andrews perché decifrasse i dati di verifica e permettesse loro di sapere con esattezza dove e quando era Kivrin.

Badri aveva detto a Gilchrist che lo slittamento era stato minimo e che per essere tranquillo aveva controllato due volte le coordinate dell'apprendista del primo anno, che erano risultate esatte. Gilchrist non aveva però preso nessuna precauzione, e le cose potevano andare storte anche con le dovute precauzioni, come aveva dimostrato la giornata di oggi.

Badri aveva fatto tutti i vaccini previsti, la madre di Colin aveva accompagnato il ragazzo alla metropolitana e gli aveva dato del denaro per le eventuali necessità. La prima volta che Dunworthy aveva effettuato una transizione nella Londra del passato c'era mancato poco che non tornasse indietro, e tuttavia erano state prese interminabili precauzioni.