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Non può correre può di quanto possa farlo io, pensò nel momento stesso in cui proferiva quelle parole. Il ragazzo aveva infatti i piedi azzurrini per il freddo, la bocca piagata e le guance e il labbro superiore sporchi di sangue per un'emorragia dal naso… di certo aveva lo scorbuto e stava quindi peggio di lei, ma nonostante questa consapevolezza Kivrin tentò ancora.

— Corri al maniero e pregali di venire qui.

Il ragazzo si fece il segno della croce con una mano ossuta e screpolata.

— Bighaull emeurdroud ooghattund enblastbardey — replicò, indietreggiando verso la capanna.

Oh, no, pensò Kivrin, disperata. Non mi capisce, ed io non ho la forza di tentare di farmi comprendere.

— Per favore, aiutami — disse, e il ragazzo diede quasi l'impressione di aver capito perché mosse un passo verso di lei… ma poi saettò improvvisamente in direzione della chiesa.

— Aspetta! — gridò Kivrin.

Il ragazzo aggirò di corsa la mucca e lo steccato e scomparve dietro la capanna. Rimasta sola, Kivrin guardò la baracca, che non poteva quasi essere definita neppure tale. Sembrava più un covone di fieno… le pareti erano fatte di erba e di manciate di paglia impastati con l'argilla negli spazi fra i pali di sostegno, ma la porta era soltanto uno strato di stecchi tenuti insieme da una corda nerastra, il genere di porta che avrebbe potuto essere abbattuto con un soffio potente, e il ragazzo l'aveva lasciata aperta. Kivrin oltrepassò la soglia rialzata ed entrò.

L'interno era buio e così fumoso che non riusciva a veder nulla, e l'odore era spaventoso… come quello di una stalla o anche peggio, perché misti agli odori propri di una stalla c'erano anche il puzzo del fumo, della muffa e dei topi. Kivrin dovette quasi piegarsi in due per superare la soglia e quando si raddrizzò all'interno andò a sbattere con la testa contro i bastoni che servivano da travi di sostegno del tetto.

Nella capanna… ammesso che tale fosse davvero… non c'era dove sedersi: il pavimento era coperto da sacchi e da attrezzi come se dopo tutto si trattasse davvero di una baracca, e non c'erano arredi a parte un tavolo dalle rozze gambe che si allargavano dal centro in maniera irregolare, però sul tavolo c'erano una ciotola di legno e un pezzo di pane e al centro della capanna, nel solo punto sgombro, un piccolo fuoco ardeva in una buca poco profonda.

A quanto pareva era proprio quella la fonte del fumo, anche se c'era un buco nel soffitto per farlo defluire. Il fuoco era piccolo, appena pochi rami, ma altri buchi nelle pareti e nel tetto aspiravano a loro volta il fumo e il vento che penetrava da tutte le parti lo diffondeva per l'ambiente angusto. Kivrin cominciò a tossire, e quello fu un errore terribile perché il suo petto parve sul punto di spaccarsi ad ogni colpo di tosse.

Serrando i denti per impedirsi di tossire si adagiò su un sacco di cipolle, aggrappandosi al manico di una vanga appoggiata contro di esso e poi alla parete dall'aspetto così fragile. Non appena si fu seduta si sentì meglio, anche se il freddo era tale che poteva vedere il proprio alito condensato in nuvolette di vapore. Chiedendosi a che livelli arrivasse lì dentro il puzzo durante l'estate, si avvolse il mantello intorno al corpo, ripiegandone gli angoli sulle ginocchia come se fosse stato una coperta.

Lungo il pavimento c'era una corrente spaventosa, che dopo un momento la indusse a tirarsi il mantello anche sui piedi e a raccogliere una roncola per attizzare il piccolo fuoco. Esso si rianimò con scarso vigore, illuminando la capanna e facendola apparire più misera che mai. Lungo un lato era stata costruita una bassa tettoia che era probabilmente adibita a stalla, perché era separata dal resto da una staccionata ancora più bassa di quella che circondava l'altra capanna. Il fuoco non era abbastanza vivido da permetterle di vedere nell'angolo della tettoia, ma da esso giungeva un rumore strisciante.

Pensando che dovesse trattarsi di un maiale, anche se in quel periodo dell'anno i maiali dei contadini dovevano essere già stati tutti abbattuti, o forse di una capra da latte, Kivrin attizzò ancora il fuoco nel tentativo di gettare una luce maggiore in quell'angolo.

Il suono strisciante veniva da un punto antistante la patetica staccionata, e dall'interno di un'elaborata gabbia a forma di cupola che appariva fuori posto in quell'angolo sporco con la sua banda di metallo incurvato, la porta complicata e la maniglia decorata. Dentro la gabbia, con gli occhietti che scintillavano alla luce del fuoco attizzato da Kivrin, c'era un ratto.

Seduto sulle zampe posteriori, l'animale teneva fra quelle anteriori il pezzo di formaggio che lo aveva indotto in tentazione e condotto alla prigionia, e stava fissando Kivrin. Sul pavimento della gabbia si vedevano parecchi altri pezzi di formaggio sbriciolati e probabilmente ammuffiti… più cibo di quanto ce ne fosse in tutta la capanna, si disse Kivrin, sedendo perfettamente immobile contro il grosso sacco di cipolle. Come se quella gente avesse avuto qualcosa di valore da proteggere da un ratto.

Naturalmente lei aveva già visto dei topi durante il corso di Storia della Psicologia e quando avevano effettuato un controllo delle sue fobie, nel corso del primo anno di studi, ma non ne aveva mai visto uno del genere. Nessuno ne aveva più visto uno in Inghilterra da almeno cinquant'anni, e a dire il vero si trattava di un topo decisamente grazioso, con il pelo nero e setoso e non più grande dei topi bianchi usati nel laboratorio di Storia della Psicologia… decisamente molto meno grande del topo marrone che avevano utilizzato per controllare le sue reazioni fobiche.

E sembrava anche molto più pulito di quel topo marrone, che aveva dato l'impressione di avere come suo ambiente ideale le fognature e i canali di scolo da cui di certo proveniva, con il suo sporco pelo marrone e la lunga coda oscenamente lunga. Quando aveva iniziato a studiare il medioevo, lei inizialmente non era riuscita a capire come avesse fatto la gente dell'epoca a tollerare quelle disgustose creature nei granai e tanto meno nelle case, e anche adesso il pensiero di quello annidato nella parete vicino al suo letto l'aveva riempita di repulsione. Questo ratto aveva però un aspetto decisamente pulito, con i suoi occhi neri e il pelo lucido, di certo era più pulito di Maisry e probabilmente era anche più intelligente. E all'apparenza innocuo.

Quasi a volerlo dimostrare, il topo diede al pezzo di formaggio un altro piccolo morso elegante.

— Però non sei innocuo — disse Kivrin. — Sei il flagello del medioevo. Il topo lasciò cadere il formaggio e avanzò di un passo con i baffi

che si contraevano, poi afferrò due sbarre di metallo con le zampette rosate e lanciò al di là di esse uno sguardo supplichevole.

— Sai che non ti posso liberare — affermò Kivrin, e gli orecchi dell'animale si rizzarono come se lui la capisse. — Mangi grano prezioso, contamini il cibo e diffondi mosche, e fra altri ventotto anni tu e i tuoi compagni spazzerete via mezza Europa. Voi siete ciò di cui Lady Imeyne dovrebbe preoccuparsi, invece che delle spie francesi e dei preti illetterati.

Il topo continuò a fissarla.

— Mi piacerebbe farti uscire ma non posso. La Morte Nera è stata già di per sé un flagello terribile che ha ucciso mezza Europa, e se ti liberassi i tuoi discendenti potrebbero rendere le cose ancora peggiori.

Il ratto lasciò andare le sbarre e cominciò a correre in giro per la gabbia, sbattendo contro le pareti con movimenti circolari e scoordinati.

— Ti farei uscire, se potessi — disse ancora Kivrin. Il fuoco si era quasi spento e lei lo attizzò ancora, ma ormai esso era ridotto ad un mucchio di cenere. In quel momento la porta che aveva lasciato aperta nella speranza che il ragazzo tornasse con qualcuno si chiuse con un tonfo, facendo piombare la stanza nell'oscurità.

Non hanno idea di dove cercarmi, pensò Kivrin, e poi si rese conto che ancora non dovevano averci neppure pensato perché credevano che lei stesse dormendo nella stanza al piano di sopra. Lady Imeyne non sarebbe neppure venuta a controllare le sue condizioni fino a quando non le avesse portato la cena, quindi avrebbero cominciato le ricerche dopo i vespri, e per allora sarebbe stato ormai buio.