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La torre campanaria era separata dall'edificio principale e sorgeva fra il cortile della chiesa e la piazza; ovviamente era stata costruita in un secondo momento rispetto alla chiesa perché questa era di pietra grigia e con le finestre ad arco tipiche dello stile normanno, mentre la torre campanaria era alta e rotonda e la pietra di cui era fatta era più gialla, quasi dorata.

Un sentiero non più largo della strada vicina al sito della transizione portava oltre il cortile e la torre campanaria per risalire poi la collina in direzione dei boschi.

È di lì che sono venuta, pensò Kivrin, avviandosi in direzione della piazza, ma non appena lasciò il riparo del granaio fu assalita dal vento, che le attraversò il mantello come se non fosse esistito e parve trapassarle il petto. Stringendosi maggiormente l'indumento intorno al collo, lo tenne chiuso sul petto con una mano e continuò a camminare.

La campana a sudovest riprese a suonare, e lei si chiese cosa significasse. Eliwys e Imeyne ne avevano parlato, ma prima che lei cominciasse a capire cosa stavano dicendo, e quando essa aveva ricominciato a suonare il giorno precedente, Eliwys si era comportata come se non l'avesse neppure sentita. Forse si trattava di qualcosa connesso all'Avvento. Lei sapeva che le campane avrebbero dovuto suonare al tramonto della Vigilia e poi per un'ora prima di mezzanotte, ma forse era previsto che lo facessero anche in altri momenti dell'Avvento.

Mentre percorreva il sentiero irregolare e fangoso il petto riprese a dolerle e premette maggiormente la mano contro di esso, cercando di affrettare il passo. Poteva vedere del movimento nei campi… di certo si trattava dei contadini di ritorno con il ceppo natalizio o intenti a riportare al chiuso gli animali, anche se non riusciva a vedere con chiarezza perché là fuori sembrava che stesse già nevicando. Doveva fare in fretta.

Il vento le agitò il mantello intorno al corpo e sollevò le foglie morte in un vortice davanti a lei. La mucca si allontanò dalla piazza a testa bassa per cercare il riparo offerto dalle capanne, che era pressoché inesistente in quanto esse apparivano poco più alte di Kivrin e davano l'impressione di essere state messe insieme come un fascio di stecchi appoggiati al terreno, il che voleva dire che non bloccavano per nulla il vento.

La campana continuò a far sentire i suoi rintocchi lenti e costanti, e Kivrin si rese conto di aver rallentato il proprio passo per adeguarlo al loro ritmo. Non doveva farlo, doveva affrettarsi perché poteva cominciare a nevicare da un momento all'altro… accelerare l'andatura le causò però una fitta di dolore così violenta che cominciò a tossire fino a piegarsi in due, e fu costretta a fermarsi.

Non ce l'avrebbe fatta.

Non essere sciocca, ingiunse a se stessa, devi trovare il sito.

Ma era malata, e doveva tornare a casa. Sarebbe arrivata fino alla chiesa, in modo da potersi riposare al suo interno per qualche minuto.

Riprese a camminare, sforzandosi di non tossire, ma non servì a nulla perché non riusciva a respirare. Non era in grado di arrivare alla chiesa, e tanto meno al sito.

Devi farcela! ingiunse a se stessa, respingendo il dolore. Devi costringerti a farcela.

Si fermò nuovamente, piegandosi su se stessa per un'altra fitta. Poco prima si era preoccupata al pensiero che qualche contadino potesse uscire da una delle capanne e vederla, ma adesso desiderava che qualcuno venisse per aiutarla a tornare alla casa. Però non sarebbe venuto nessuno, perché erano tutti fuori nonostante il vento gelido, intenti a riportare indietro il ceppo di Natale e a radunare gli animali. Guardò verso i campi, ma le sagome lontane che aveva scorto su di essi erano scomparse.

Adesso si trovava di fronte all'ultima capanna, al di là della quale c'era soltanto una manciata di baracche in cui sperava non vivesse nessuno e che di certo dovevano essere ripari per le mucche e depositi di viveri. Pensando che forse se avesse camminato piano ce l'avrebbe fatta, si avviò di nuovo verso la chiesa, ma ogni passo le provocò scosse in tutto il petto e ben presto si arrestò ondeggiando leggermente e pensando che non doveva svenire, perché nessuno sapeva dov'era.

Girandosi lanciò un'occhiata in direzione della dimora nobiliare, rendendosi conto che non sarebbe riuscita neppure a tornare nella sala. Aveva bisogno di sedersi, ma non c'era dove poterlo fare su quel sentiero fangoso. Lady Eliwys era andata a curare il contadino, Lady Imeyne, le bambine e il resto del villaggio erano a tagliare il ceppo natalizio e nessuno sapeva dove lei si trovasse.

Il vento stava aumentando d'intensità e soffiava adesso in maniera costante attraverso i campi. Kivrin pensò che doveva cercare di tornare in casa, ma si rese conto che non poteva farlo: anche soltanto stare in piedi stava diventando uno sforzo eccessivo. Se soltanto ci fosse stato dove sedersi… ma lo spazio fra le capanne e fino alla staccionata di ciascuna di esse era tutto un ammasso di fango. Sarebbe dovuta entrare nella capanna più vicina.

Essa era circondata da una pericolante graticciata, ottenuta forse intrecciando rami ancora verdi fra alcuni pali; la staccionata era alta al massimo fino al ginocchio e non sarebbe riuscita a tenere lontano un gatto, e tanto meno le pecore e le capre a causa delle quali era stata costruita. Soltanto il cancello aveva sostegni che arrivavano all'altezza della vita, e Kivrin si appoggiò con gratitudine contro uno di essi.

— Salve! — gridò, sovrastando il vento. — C'è nessuno in casa?

La porta della capanna era ad appena pochi passi dal cancello e la capanna non poteva essere isolata acusticamente, considerato che non era neppure isolata dal vento… Kivrin poteva vedere un buco nella parete là dove l'impasto di argilla e di paglia si era crepato e si era in parte staccato dal sottostante intreccio di rami… quindi di certo gli abitanti potevano sentirla. Sollevato il cappio di cuoio che teneva chiuso il cancello entrò e andò a bussare alla bassa porta di assi di legno. Non ci fu risposta, ma del resto lei non se n'era aspettata una.

— C'è nessuno in casa? — gridò ancora, senza neppure ascoltare in che modo il traduttore modificava le sue parole, e cercò di sollevare la sbarra di legno che bloccava il battente. Era troppo pesante, tanto che non riuscì neppure a farla scivolare fuori dalle tacche scavate negli stipiti sporgenti. Quella capanna dava l'impressione di poter essere spazzata via dal vento da un momento all'altro e tuttavia lei non riusciva ad aprirne la porta. Mentre si appoggiava al battente con le mani strette contro il petto, si disse che avrebbe dovuto riferire al Signor Dunworthy che le capanne medievali non erano fragili come sembravano.

Qualcosa produsse un rumore alle sue spalle e lei si girò cominciando già a pronunciare una frase di scuse per essersi introdotta nel giardino della capanna… però era soltanto la mucca, che si stava sporgendo oltre la staccionata e stava brucando fra le foglie marrone senza fare la minima fatica.

Sarebbe dovuta tornare al maniero. Si appoggiò al cancello per sorreggersi e badò di richiuderlo alle proprie spalle, passando il cappio di cuoio sul palo, poi si sostenne al dorso ossuto della mucca, che la seguì per qualche passo come se credesse di essere condotta alla mungitura prima di tornare a brucare l'erba del giardino.

La porta di una delle baracche in cui era impossibile che vivesse qualcuno si aprì e ne uscì un ragazzino scalzo che subito si bloccò con espressione spaventata.

— Per favore — ansimò Kivrin, cercando di raddrizzarsi, — posso riposare per un momento nella vostra casa?

Il ragazzo la fissò con espressione vacua e con la bocca aperta. Era spaventosamente magro, con le braccia e le gambe non più spesse dei bastoni della staccionata.

— Per favore, corri a dire a qualcuno di venire qui. Avverti che sto male.