Изменить стиль страницы

— Dominus vobiscum et cum spiritu tuo — disse. — Requiescat in pace. Amen.

E si avviò per suonare la campana.

Non c'è tempo per questo, si disse Kivrin, poi si diresse verso il maniero, pensando che avrebbe potuto approntare buona parte dei bagagli mentre Roche suonava la campana a morto e poi esporgli il suo piano in modo che sellasse l'asino e che potessero andare. Attraversò di corsa il cortile ed entrò nel maniero. Avrebbero dovuto prendere anche dei carboni ardenti con cui avviare il fuoco, e il cofanetto dei medicinali di Imeyne.

— Mi sono svegliata e non c'eri — disse Rosemund, sollevandosi a sedere sul suo pagliericcio. — Ho avuto paura che te ne fossi andata.

— Ce ne andiamo tutti — annunciò Kivrin. — Andremo in Scozia — aggiunse, chinandosi su di lei. — Devi riposare in previsione del viaggio. Io tornerò fra poco.

— Dove vai? — volle sapere Rosemund.

— Soltanto in cucina. Hai fame? Ti porterò un po' di porridge. Ora sdraiati e riposa.

— Non mi piace stare sola — insistette Rosemund. — Non puoi fermarti un po' con me?

Non ho tempo per questo, fremette Kivrin.

— Vado soltanto in cucina, e poi padre Roche è qui… non lo senti? Sta suonando la campana. Ci metterò appena pochi minuti, d'accordo? — affermò con un allegro sorriso, e Rosemund annuì con riluttanza. — Tornerò presto.

Uscì quasi correndo. Roche stava ancora suonando la campana a morto con rintocchi lenti e solenni. Spicciati, lo incitò mentalmente. Non abbiamo molto tempo. Frugò nella cucina e posò il cibo sul tavolo: una forma di formaggio e una quantità di sfoglie di pane… le accumulò come se fossero state dei piatti e le mise in un sacco di tela insieme al formaggio, poi uscì e portò tutto al pozzo.

Rosemund era in piedi accanto alla porta del maniero, e si stava reggendo allo stipite.

— Non posso sedere in cucina con te? — chiese. Si era messa il vestito e le scarpe ma stava già tremando a causa dell'aria gelida.

— Fa troppo freddo — ammonì Kivrin, affrettandosi verso di lei, — e poi devi riposare.

— Quando te ne vai temo sempre che non tornerai.

— Sono qui — replicò Kivrin, ma andò lo stesso dentro a prendere il mantello di Rosemund e una bracciata di pellicce.

— Puoi sederti sulla soglia e guardare mentre faccio i bagagli — suggerì, avvolgendo il mantello intorno alle spalle della ragazza e facendola sedere prima di ammucchiarle le pellicce tutt'intorno come una specie di nido. — Va bene?

La spilla che Sir Bloet le aveva dato era ancora fissata al colletto del suo mantello e lei annaspò con il fermaglio con mani che tremavano un poco.

— Andiamo a Courcy? — chiese.

— No — rispose Kivrin, aiutandola a fissare la spilla. Io suiicien lui dami amo. Sei qui al posto dell'amico che amo. — Andremo in Scozia, dove saremo al sicuro dalla peste.

— Pensi che mio padre sia morto di peste?

Kivrin esitò.

— Mia madre ha detto che aveva soltanto subito dei ritardi o che era impossibilitato a venire, ha detto che forse i miei fratelli erano malati e che lui sarebbe venuto quando fossero guariti.

— È possibile — convenne Kivrin, rimboccando le coltri intorno ai piedi della ragazza. — Gli lasceremo una lettera in modo che sappia dove siamo andati.

— Se fosse vivo sarebbe venuto da me — replicò Rosemund, scuotendo il capo.

— Devo prendere il cibo da portare con noi — affermò Kivrin, sistemandole un copriletto intorno alle spalle sottili.

Rosemund annuì e lei tornò in cucina. Contro la parete c'erano un sacco di cipolle e uno di mele… erano secche e per la maggior parte avevano la pelle segnata da chiazze marrone, ma Kivrin trasportò lo stesso fuori il sacco, perché le mele non dovevano essere cucinate e perché tutti loro avrebbero avuto bisogno di vitamine prima che arrivasse la primavera.

— Ti andrebbe una mela? — chiese a Rosemund.

— Sì — rispose lei, e Kivrin frugò nel sacco cercando di trovarne una che fosse ancora dura e liscia. Infine ne scovò una di colore fra il rosso e il verde, la lucidò sui propri calzoni di cuoio e la portò alla ragazza, sorridendo al ricordo di quanto le fossero parse buone le mele quando era malata.

Dopo il primo morso Rosemund parve però perdere interesse nel frutto e si appoggiò contro lo stipite della porta, fissando in silenzio il cielo e ascoltando il costante rintoccare della campana di Padre Roche.

Kivrin riprese a vagliare le mele per scegliere quelle che valeva la pena di prendere e chiedendosi quanto peso l'asino fosse in grado di reggere. Avrebbero dovuto prendere anche l'avena per nutrirlo perché non ci sarebbe stata erba lungo il tragitto, anche se una volta arrivati in Scozia l'animale avrebbe avuto a disposizione erica in abbondanza. L'acqua non sarebbe stata necessaria perché c'erano ruscelli in quantità, ma sarebbe servita una pentola per farla bollire.

— La tua gente non è venuta a cercarti — osservò Rosemund.

Kivrin sollevò lo sguardo sulla ragazza, che sedeva ancora sulla soglia con la mela in mano. Sono venuti, pensò, ma io non c'ero.

— No — rispose soltanto.

— Pensi che la peste l'abbia uccisa?

— No — ripeté Kivrin, dicendosi che se non altro non doveva pensare che i suoi cari fossero morti o malati da qualche parte, almeno lei sapeva che stavano bene.

— Quando andrò da Sir Bloet gli dirò quanto ci hai aiutati — affermò Rosemund. — Gli chiederò di poter tenere te e Padre Roche presso di me. Ho diritto alle mie dame di compagnia e al mio cappellano — aggiunse, sollevando la testa con fare orgoglioso.

— Ti ringrazio — replicò Kivrin, in tono solenne.

Posò quindi il sacco delle mele sane accanto a quello con il formaggio e il pane, e in quel momento la campana smise di suonare, mentre le sue vibrazioni solcavano ancora l'aria fredda. Raccolto il secchio lo calò nel pozzo pensando che poteva preparare un po' di porridge e mescolarvi le parti buone delle mele ammaccate. Sarebbe stato un cibo sostanzioso da consumare in viaggio.

La mela di Rosemund rotolò oltre i suoi piedi e si andò a fermare contro la base del pozzo. Chinandosi per raccoglierla, Kivrin vide che soltanto un piccolo morso spiccava candido contro la pelle rossa, e pulì di nuovo il frutto sul giustacuore.

— Hai lasciato cadere la mela — disse, girandosi per restituirla a Rosemund.

La mano della ragazza era ancora aperta, come se lei si fosse protesa in avanti per trattenere il frutto, quando era caduto.

— Oh, Rosemund — mormorò Kivrin.

ESTRATTO DAL DOMESDAY BOOK
(064996-065537)

Padre Roche e io andremo in Scozia, ma suppongo che sia inutile dirlo dato che nessuno di voi sentirà mai il contenuto di questo registratore; forse un giorno vi imbatterete però in esso in qualche brughiera o la Signora Montoya andrà a fare qualche scavo nella Scozia moderna dopo aver finito a Skendgate, e nel caso che questo succeda voglio che sappiate che ne è stato di noi.

So che fuggire è probabilmente la cosa peggiore da fare, ma devo portare Padre Roche lontano da qui, perché l'intero maniero è contaminato dalla peste… le coltri, i vestiti, l'aria stessa… e i topi sono dovunque: ne ho visto uno in chiesa quando sono andata a prendere l'alba e la stola di Roche per il funerale di Rosemund. Anche ammesso che lui non la contragga dai topi, comunque, la peste è tutt'intorno a noi e del resto non riuscirò mai a convincerlo a restare qui, perché vuole andare altrove ed essere d'aiuto.

Ci terremo lontano dalle strade e dai villaggi, abbiamo cibo a sufficienza per una settimana e per allora saremo abbastanza a nord da poterci permettere di comprare dell'altro cibo in qualche città, grazie al sacco d'argento che il segretario aveva con sé. Non si preoccupi, Signor Dunworthy, ce la caveremo. Come dice il Signor Gilchrist, «ho preso ogni possibile precauzione».