Изменить стиль страницы

— Lo farò — annuì distrattamente Colin, che stava armeggiando con la chiusura della sua giacca verde. Infine essa si spalancò e il ragazzo se la sfilò chiedendo: — Allora? Che gliene pare?

Lui aveva fatto un lavoro decisamente migliore rispetto a Finch. Gli stivali erano sbagliati… sembravano un paio di Wellington da giardiniere… ma la casacca di tela marrone e gli informi calzoni fra il marrone e il grigio sembravano quelli indossati da un servo della gleba in un'illustrazione del suo libro.

— I calzoni si chiudono con una striscia adesiva — spiegò Colin, — ma la casacca impedisce che si noti. — Ho copiato ogni cosa dal libro. Si suppone che io sia il suo scudiero.

— Colin — disse Dunworthy, rendendosi conto che avrebbe dovuto prevedere una cosa del genere. — Non puoi venire con me.

— Perché no? — ritorse Colin. — Posso aiutarla a trovarla. Sono bravo a trovare le cose.

— È impossibile. Il…

— Oh, adesso sta per dirmi quanto sia pericoloso il medioevo, vero? Ebbene, è piuttosto pericoloso anche qui, giusto? Cosa mi dice della prozia Mary? Sarebbe stata più al sicuro nel medioevo, non crede? Ho fatto un sacco di cose pericolose, ho consegnato medicinali alla gente e ho applicato cartelli nelle corsie. Mentre era malato ho fatto un mucchio di cose pericolose che lei ignora…

— Colin…

— Lei è troppo vecchio per andare da solo, e la prozia Mary mi ha incaricato di avere cura di lei. Cosa farebbe se dovesse avere una ricaduta?

— Colin…

— A mia madre non importa se vengo con lei.

— Ma a me sì. Non posso portarti con me.

— Quindi me ne dovrò restare qui seduto ad aspettare — commentò il ragazzo, con amarezza, — e nessuno mi dirà niente e non saprò neppure se lei è vivo o morto. Non è giusto — concluse, raccogliendo la giacca.

— Lo so.

— Posso almeno venire al laboratorio?

— Sì.

— Penso ancora che dovrebbe permettermi di accompagnarla — insistette lui, piegando la calzamaglia. — Devo lasciare qui il suo costume?

— Meglio di no. La caposala potrebbe confiscarlo.

— Cosa significa tutto questo, Signor Dunworthy? — domandò la Signora Gaddson.

Sia Colin che Dunworthy sussultarono, mentre lei entrava nella stanza armata di Bibbia.

— Colin sta raccogliendo vestiario per gli ospiti forzati — spiegò poi Dunworthy, aiutando il ragazzo ad arrotolare gli indumenti in un fagotto.

— Passare abiti da una persona all'altra è un modo eccellente per diffondere un'infezione — osservò la Signora Gaddson.

Colin afferrò il fagotto e sgattaiolò fuori.

— E permettere a un bambino di venire qui e di correre il rischio di contrarre qualcosa è da incoscienti! La scorsa notte Colin si è offerto di accompagnarmi dall'Infermeria a casa, ma ho risposto che non volevo che rischiasse la sua salute per me.

'È pura negligenza permettere a quel ragazzo di farle visita — persistette, sedendo accanto al letto e aprendo la Bibbia. — Però suppongo che sia soltanto quello che mi devo aspettare sulla base del modo in cui gestisce il suo college. Il Signor Finch è diventato un vero tiranno in sua assenza… ieri mi ha addirittura inveito contro quando ho chiesto un altro rotolo di carta…

— Voglio vedere William — la interruppe Dunworthy.

— Qui? — esplose lei. — All'ospedale? Non intendo permetterlo — scandì, chiudendo la Bibbia con un gesto secco. — Ci sono ancora moltissimi casi infetti e il povero Willy…

È nel guardaroba con la mia infermiera, pensò Dunworthy.

— Gli dica che lo voglio vedere il più presto possibile — ribadì.

La Signora Gaddson brandì la Bibbia contro di lui come Mosè che stesse invocando le sette piaghe sull'Egitto.

— Ho intenzione di fare rapporto presso il Preside della Facoltà di Storia in merito alla sua insensibile indifferenza al benessere degli studenti — dichiarò, e uscì a passo di carica.

Dunworthy la sentì lamentarsi stentoreamente nel corridoio, probabilmente con l'infermiera perché William apparve quasi subito, assestandosi i capelli con le mani.

— Ho bisogno di iniezioni di streptomicina e di gammaglobuline — disse Dunworthy. — Ho anche bisogno di essere dimesso da questo ospedale, insieme a Badri Chaudhuri.

— Lo so… Colin mi ha detto che ha intenzione di salvare il suo storico — annuì lui, con aria pensosa. — Conosco questa infermiera…

— Un'infermiera non può praticare iniezioni senza l'autorizzazione del dottore, e anche per essere dimessi ci vuole l'autorizzazione.

— Conosco una ragazza all'Archivio. Per quando vuole tutto questo?

— Il più presto possibile.

— Mi metterò subito al lavoro, ma ci potrebbero volere due o tre giorni — replicò lui, accennando ad andarsene, poi aggiunse: — Una volta ho incontrato Kivrin… era venuta a Balliol per vederla. È graziosa, vero?

Mi devo ricordare di mettere in guardia Kivrin sul suo conto, si disse Dunworthy, e si rese conto che nonostante tutto stava cominciando a convincersi di poterla salvare. Tieni duro, pensò. Sto arrivando. Fra due o tre giorni al massimo.

Trascorse il pomeriggio passeggiando su e giù nel corridoio per recuperare le forze; la corsia di Badri aveva un cartello con la scritta «Sono Assolutamente Vietate le Visite» affisso su ogni porta, e la caposala lo fissò con i suoi acquosi occhi azzurri ogni volta che si avvicinò ad una di esse.

Bagnato e con il fiato corto, Colin venne a portargli un paio di stivali.

— Quella donna ha guardie dappertutto — ansimò. — Il Signor Finch mi incarica di riferirle che è tutto pronto tranne una cosa: non riusciamo a trovare qualcuno che fornisca assistenza medica.

— Avverti William di provvedere — replicò Dunworthy. — Si sta già occupando di farci dimettere e di procurarmi le iniezioni di streptomicina.

— Lo so. Devo consegnare un messaggio a Badri da parte sua. Tornerò.

Invece non lo fece, e neppure William venne a trovarlo. Quando cercò di arrivare al telefono per chiamare Balliol la caposala lo sorprese a mezza strada e lo scortò di nuovo nella sua stanza. Le sue maglie difensive dovevano essersi serrate al punto da includere la Signora Gaddson oppure lei era ancora infuriata a proposito di William, perché non si fece vedere per tutto il pomeriggio.

Appena dopo l'ora del tè una graziosa infermiera che lui non aveva mai visto prima arrivò con una siringa.

— La caposala è stata chiamata per un'emergenza — disse.

— Cos'è quella? — domandò Dunworthy, indicando la siringa.

La ragazza batté sulla tastiera della consolle con un dito della mano libera, guardò lo schermo e inserì qualche altro carattere prima di avvicinarsi per praticare l'iniezione.

— Streptomicina — rispose.

La ragazza non appariva nervosa o furtiva, il che significava che William doveva essere riuscito in qualche modo a ottenere l'autorizzazione. L'infermiera inserì il contenuto della grossa siringa nella cannula della flebo, sorrise e se ne andò lasciando la consolle attivata.

Alzatosi dal letto, Dunworthy si spostò in modo da poter leggere quello che c'era sullo schermo e vide che si trattava della sua cartella medica… la riconobbe perché somigliava a quella di Badri ed era altrettanto indecifrabile. L'ultima registrazione diceva: «ICU 15802691 14-1-55 1805 150/RPT 1800CRS IMSTMC 4ML/q h SSN40-211-7 M AHRENS».

Si lasciò cadere seduto sul letto. Oh, Mary.

William doveva aver ottenuto il suo codice d'accesso, forse da quell'amica che aveva all'Archivio, e l'aveva inserito nel computer. Senza dubbio all'Archivio erano molto in arretrato con il lavoro, sommersi sotto la marea di documenti provocata dall'epidemia e la morte di Mary non era ancora stata registrata. Un giorno l'errore sarebbe però stato individuato, anche se di certo l'ingegnoso William doveva aver provveduto alla sua cancellazione.

Fece scorrere la videata all'indietro, esaminando la sua scheda. Le registrazioni a nome di M AHRENS arrivavano fino alla data 8-1-55, il giorno in cui lei era morta. Doveva averlo assistito fino a quando non era più stata in grado di reggersi in piedi… non c'era da meravigliarsi che il suo cuore si fosse fermato.