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— Oh, non credo che lo farebbe, signore. Sua madre non lo permetterebbe mai — ribatté Finch, spiccando qualche passo di corsa nel tentativo di tenere la sua andatura. — Il Signor Chaudhuri sta esaminando le coordinate preliminari. E la Signora Montoya è qui.

— Montoya? — ripeté Dunworthy, fermandosi di colpo. — Come mai?

— Non lo so, signore. Ha detto che ha un'informazione per lei.

Non ora, pensò Dunworthy. Non adesso che siamo così vicini a farcela.

Entrò nel laboratorio. Badri era alla consolle e Montoya era china su di lui con indosso la giacca paramilitare e i jeans infangati, intenta a osservare lo schermo. Badri le disse qualcosa e lei scosse il capo, guardando l'orologio, poi sollevò lo sguardo e nel vedere Dunworthy sul volto le affiorò un'espressione compassionevole. Alzandosi, infilò una mano nella tasca della camicia.

No, pensò Dunworthy.

Montoya si diresse verso di lui.

— Non sapevo di questo tentativo che avevate in programma — disse, tirando fuori un pezzo di carta ripiegato e porgendolo a Dunworthy. — Voglio aiutarvi. Queste sono le informazioni che Kivrin aveva a disposizione al momento della transizione.

Dunworthy abbassò lo sguardo sul foglio che aveva in mano: si trattava di una mappa.

— Questo è il sito della transizione — spiegò Montoya, indicando una croce su linea nera, — e questo è Skendgate. Lo si riconosce dalla chiesa normanna e dai dipinti murali sopra la parete divisoria e da una statua di Sant'Antonio — aggiunse con un sorriso. — Il santo patrono degli oggetti perduti. Ho trovato la sua statua ieri.

'Se poi per caso non è andata a Skendgate — continuò, indicando altre croci, — i villaggi in cui è più probabile trovarla sono Esthcote, Henefelde e Shrivendun. Ho elencato gli elementi caratteristici di ciascuno sul retro del foglio.

Badri si alzò e si diresse verso di loro. Se possibile, appariva ancora più fragile di quanto fosse sembrato in ospedale e si muoveva lentamente, come il vecchio che era diventato.

— Indipendentemente dalle variabili che inserisco continuo ad ottenere uno slittamento minimo — disse, premendosi una mano contro il costato. — Ho inserito una sequenza intermittente, che apre la rete per cinque minuti a intervalli di due ore. In questo modo dovrei riuscire a tenerla aperta per ventiquattr'ore… trentasei se siamo fortunati.

Dunworthy si chiese per quanti di quegli intervalli di due ore Badri sarebbe riuscito a resistere. Aveva già l'aria spossata.

— Quando vede il tremolio dell'aria o l'inizio della condensa, si porti nell'area di recupero — aggiunse il tecnico.

— E se fosse buio? — intervenne Colin. Il ragazzo si era tolto il camice da laboratorio e Dunworthy si accorse che aveva ancora indosso il suo costume.

— Si dovrebbe comunque vedere il tremolio e noi vi chiameremo — replicò Badri, poi emise un sommesso grugnito e si premette ancora la mano contro il fianco. — È stato immunizzato?

— Sì.

— Bene. Allora tutto quello che ci manca è l'assistenza medica — commentò il tecnico. — È certo di stare abbastanza bene per tentare una cosa del genere? — chiese, fissando Dunworthy.

— E tu? — ritorse lui.

La porta si aprì e l'infermiera amica di William entrò con indosso un impermeabile; nel vedere Dunworthy, la ragazza arrossì.

— William ha detto che vi serve assistenza medica. Dove mi devo sistemare?

Devo proprio ricordarmi di mettere in guardia Kivrin da lui, si disse Dunworthy, mentre Badri mostrava all'infermiera dove si doveva mettere e Colin correva a prendere il suo equipaggiamento.

Montoya accompagnò Dunworthy fino ad un cerchio tracciato con il gesso all'interno degli schermi.

— Ha intenzione di tenere addosso i suoi occhiali? — domandò.

— Certamente — ribatté lui. — Potrà cercarli nel suo cimitero.

— Sono certa che non ci saranno — replicò Montoya, in tono solenne. — Vuole sedersi o sdraiarsi?

Dunworthy ripensò a Kivrin, che giaceva con un braccio gettato sulla faccia, impotente e cieca.

— Resterò in piedi — disse.

Colin tornò indietro con una voluminosa valigia di pronto soccorso e dopo averla posata accanto alla consolle si avvicinò alla rete.

— Non dovrebbe andare da solo — affermò.

— Devo farlo, Colin.

— Perché?

— È troppo pericoloso. Non hai idea di quale fosse la situazione, durante la Morte Nera.

— Invece sì. Ho letto il libro da cima a fondo due volte, e ho fatto… — S'interruppe. — So tutto sulla Morte Nera, e poi se la situazione è davvero tanto brutta non dovrebbe andare da solo. Prometto che non le sarò d'intralcio.

— Colin, sei una mia responsabilità — ribatté lui. — Non posso correre questo rischio.

Badri si avvicinò alla rete munito di un misuratore di luce.

— L'infermiera ha bisogno di aiuto con il resto della sua attrezzatura — osservò.

— Se non tornerà indietro non saprò mai cosa le è successo — esclamò Colin, poi si volse e corse fuori.

Badri girò intorno a Dunworthy effettuando delle misurazioni, si accigliò e gli sollevò un gomito, misurando ancora. Intanto l'infermiera si avvicinò a Dunworthy con una siringa e lui arrotolò la manica del giustacuore.

— Voglio che sappia che non approvo tutto questo — dichiarò la ragazza, passandogli del disinfettante sul braccio. — Entrambi dovreste essere in ospedale.

Praticò l'iniezione e tornò accanto al suo equipaggiamento.

Badri attese che Dunworthy si fosse riabbassato la manica, poi gli spostò il gomito ed effettuò altre misurazioni prima di spostarlo ancora. Colin entrò con un'unità radiografica portatile e tornò ad uscire senza neppure guardare Dunworthy.

Questi stava osservando il succedersi di cambiamenti sui monitor. Attraverso la porta chiusa poteva sentire l'esercitazione dei suonatori di campane, un suono quasi musicale se udito a distanza; Colin aprì il battente per portare dentro un'altra apparecchiatura e per un momento il rumore si fece intenso.

Il ragazzo trascinò l'apparecchiatura fin dove era seduta l'infermiera, poi si accostò alla consolle e si fermò accanto a Montoya, guardando gli schermi generare numeri su numeri. Dunworthy cominciò a desiderare di aver scelto di effettuare la transizione seduto, perché gli stivali gli facevano dolere i piedi e si sentiva stanco per lo sforzo di restare immobile.

Badri mormorò qualcosa nel microfono e gli schermi si abbassarono fino a toccare il pavimento e a drappeggiarsi un poco. Colin disse qualcosa a Montoya, che sollevò lo sguardo, si accigliò un poco e annuì, tornando a girarsi verso lo schermo. Colin invece si avvicinò alla rete.

— Cosa stai facendo? — chiese Dunworthy.

— Una delle tende si è impigliata — replicò Colin, portandosi verso l'angolo più lontano per raddrizzare una piega.

— Pronto? — domandò Badri.

— Sì — rispose Colin, indietreggiando verso la porta della stanza di preparazione. — No, un momento — aggiunse, tornando verso gli schermi. — Non si dovrebbe togliere gli occhiali, nel caso che qualcuno la veda comparire?

Dunworthy si tolse gli occhiali e li infilò nel giustacuore.

— Se non dovesse tornare indietro verrò a cercarla — dichiarò Colin, indietreggiando ancora. — Pronto — avvertì.

Dunworthy guardò gli schermi, che erano adesso macchie indistinte, come lo era anche Montoya, china sulla spalla di Badri. L'archeologa guardò l'orologio e Badri disse qualcosa nel microfono.

Dunworthy chiuse gli occhi… poteva sentire i suonatori di campana insistere nell'esecuzione di «Quando Infine Viene il Mio Salvatore». Risollevò le palpebre.

— Adesso — disse Badri, premendo un pulsante, e nello stesso momento Colin saettò verso gli schermi e sotto di essi, e dritto fra le braccia di Dunworthy.