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— Agnus dei qui tollis peccata mundi, miserere nobis — recitò Padre Roche, con lo stesso tono pieno di conforto che aveva usato con lei quando era malata, e Kivrin si rese conto che la sua era una vana speranza, perché non avrebbe mai lasciato i suoi parrocchiani.

La storia della Morte Nera era piena di aneddoti di preti che avevano abbandonato i loro fedeli, che si erano rifiutati di eseguire le sepolture, che si erano rinchiusi nelle chiese o nei monasteri o che erano fuggiti, ma adesso Kivrin cominciò a chiedersi se anche quelle statistiche non fossero inesatte.

Ed Eliwys, che anche nel confessarsi non staccava neppure per un momento lo sguardo dalla porta, avrebbe insistito per aspettare l'arrivo di Gawyn o di suo marito, che era certa sarebbero giunti ora che aveva smesso di nevicare.

— Padre Roche gli è andato incontro? — chiese la donna a Kivrin quando il prete andò a riportare i sacramenti in chiesa. — Lui sarà presto qui, Senza dubbio è andato prima a Courcy per avvertirli della peste, e da lì c'è soltanto mezza giornata di viaggio.

E insistette perché Kivrin spostasse il suo pagliericcio davanti alla porta.

Mentre Kivrin era impegnata a ridisporre la barricata in modo da impedire che lo spiffero dell'ingresso arrivasse addosso ad Eliwys, il segretario lanciò un urlo improvviso e fu assalito dalle convulsioni. Il suo corpo si contrasse tutto come se avesse ricevuto una scarica elettrica e il suo volto s'immobilizzò in un'espressione contorta e spaventosa, con l'occhio ulcerato fisso verso l'alto.

— Non gli fare questo — inveì Kivrin, cercando di infilare il cucchiaio di legno di Rosemund fra i denti dell'uomo. — Non ha già patito abbastanza?

Il corpo del segretario ebbe un sussulto.

— Basta! — singhiozzò Kivrin. — Basta!

Il segretario si accasciò improvvisamente e lei gli infilò il cucchiaio fra i denti, mentre un rivoletto di bava scura gli colava da un angolo della bocca.

È morto, pensò, e non riuscì a crederci. Abbassò lo sguardo su di lui, fissando l'occhio ulcerato semiaperto, la faccia gonfia e annerita sotto la barba ispida, i pugni serrati lungo i fianchi. Non sembrava neppure più umano, steso lì in quelle condizioni, e Kivrin gli gettò sulla faccia una rozza coperta, timorosa che Rosemund potesse vederlo.

— È morto? — domandò la ragazza in tono curioso, sollevandosi a sedere.

— Grazie a Dio sì — annuì Kivrin. — Devo andare ad avvertire Padre Roche.

— Non vorrei che mi lasciassi sola — protestò Rosemund.

— Tua madre è qui — obiettò Kivrin, — e anche il figlio del castaldo, ed io starò via soltanto pochi minuti.

— Ho paura — insistette Rosemund.

Ne ho anch'io, pensò Kivrin, abbassando lo sguardo sulla rozza coperta. Il segretario era morto, ma neppure questo aveva dato sollievo alle sue sofferenze, perché lui sembrava ancora in angoscia, ancora terrorizzato, anche se il suo volto non aveva più nulla di umano. I patimenti dell'inferno.

— Per favore, non mi lasciare — insistette Rosemund.

— Devo avvertire Padre Roche — ribadì Kivrin, ma sedette lo stesso fra Rosemund e il segretario e aspettò che lei si fosse addormentata prima di andare a cercare il prete.

Roche non era in cortile e neppure nelle cucine. La mucca del castaldo era nel passaggio dietro la stalla intenta a mangiare il fieno in fondo al recinto dei maiali, e quando lei uscì sulla piazza le venne dietro.

Il castaldo era nel cortile della chiesa, intento a scavare una fossa, con il petto al livello del terreno innevato.

Lo sa già, pensò Kivrin. Però questo era impossibile e il cuore prese a martellarle in petto.

— Dov'è Padre Roche? — gli gridò, ma il castaldo non rispose e non sollevò lo sguardo. La mucca venne a fermarsi accanto a Kivrin e si mise a muggire piano.

— Vattene — disse lei, e si mise a correre verso il castaldo.

Si accorse allora che la tomba non era nel cortile ma sulla piazza, oltre il cancello, e che accanto ad essa ce n'erano in fila altre due, con la terra indurita ammucchiata sulla neve accanto a ciascuna di esse.

— Cosa stai facendo? — domandò. — Per chi sono queste tombe?

Il castaldo gettò una badilata di terra sul mucchio più vicino e le zolle indurite dal gelo emisero un suono simile all'acciottolio dei sassi.

— Perché hai scavato tre tombe? — insistette Kivrin. — Chi è morto? La mucca le pungolò una spalla con il corno e lei si contorse per allontanarsi dall'animale.

— Chi è morto? — ripeté.

Il castaldo piantò la pala nel terreno e vi premette sopra un piede, gravandovi con tutto il suo peso.

— Sono gli ultimi giorni, ragazzo — replicò, e Kivrin si rese conto che non l'aveva riconosciuta a causa dei suoi abiti maschili.

— Sono io, Katherine — disse.

— È la fine del tempo — annuì l'uomo, sollevando lo sguardo. — Coloro che ancora non sono morti moriranno.

E riprese a scavare.

La mucca cercò di infilare la testa sotto il braccio di Kivrin.

— Vattene! — ripeté lei, colpendola sul muso; l'animale si ritrasse aggirando le tombe, e Kivrin si accorse che non erano tutte delle stesse dimensioni.

La prima era grande, mentre la seconda non era molto più lunga di quella in cui giaceva Agnes e la terza era di dimensioni appena maggiori.

— Non hai il diritto di fare questo — inveì. — Tuo figlio e Rosemund stanno migliorando e Lady Eliwys è soltanto stanca e provata dal dolore. Non moriranno.

Il castaldo sollevò su di lei lo stesso sguardo inespressivo che aveva avuto quando aveva sostato presso la barricata squadrando Rosemund per prendere le misure per la sua tomba.

— Padre Roche dice che sei stata mandata per aiutarci, ma di che utilità può essere una persona di fronte alla fine del mondo? — ribatté, tornando a gravare sulla pala. — Ti serviranno tutte queste tombe, perché moriremo tutti.

La mucca trottò sul lato opposto della fossa, portando il muso all'altezza della testa del castaldo e muggendogli in faccia, ma lui non parve notarlo.

— Non devi scavare altre fosse — insistette Kivrin. — Lo proibisco.

Lui continuò a lavorare come se non avesse parlato.

— Non moriranno — disse ancora Kivrin. — La Morte Nera ha ucciso soltanto da un terzo alla metà della popolazione e noi abbiamo già raggiunto la nostra quota.

Il castaldo continuò a scavare.

Eliwys morì durante la notte e fu necessario allungare per lei la fossa di Rosemund. Quando la seppellirono, Kivrin vide che il castaldo aveva già cominciato una nuova fossa per la ragazza.

Li devo portare via di qui, si disse ancora una volta, guardandolo. L'uomo aveva assistito al rito funebre con la pala appoggiata alla spalla, e non appena aveva finito di riempire la fossa di Eliwys si era messo a lavorare di nuovo a quella di Rosemund. Devo portarli via prima che prendano il contagio.

Perché lo avrebbero preso. Esso giaceva in agguato annidato nei bacilli presenti nei loro vestiti, nelle coltri, nell'aria stessa che respiravano. E se anche per qualche miracolo non l'avessero contratto in quel modo, a primavera la peste si sarebbe sparsa per tutto l'Oxfordshire, portata da messaggeri, contadini e inviati vescovili. Non potevano restare qui.

Dobbiamo andare in Scozia, pensò, mentre si avviava verso il maniero. Li potrei portare nella Scozia settentrionale, dato che la peste non è arrivata così lontano. Il figlio del castaldo potrebbe cavalcare l'asino e potremmo costruire una lettiga per Rosemund.

Trovò la ragazza seduta sul pagliericcio.

— Il figlio del castaldo ti stava chiamando — disse, non appena lei entrò.

Il ragazzo aveva vomitato muco insanguinato: il suo pagliericcio ne era intriso e quando infine Kivrin lo ebbe pulito lui era troppo debole perfino per sollevare la testa.

Anche se Rosemund potesse cavalcare, lui non ne sarà mai in grado, pensò Kivrin, disperata. Non andremo da nessuna parte.