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Il freddo era molto intenso, tanto che Roche e il castaldo esalarono ad ogni respiro grandi nuvole di vapore mentre calavano Agnes nella tomba, e la vista del loro respiro bianco ebbe l'effetto di infuriare Kivrin.

Lei non pesa nulla, pensò con amarezza. Potreste addirittura trasportarla con una sola mano.

Anche la vista di tutte quelle tombe destava la sua ira. Il cortile era pieno, e così anche quasi tutta la parte di piazza che Roche aveva consacrato. La tomba di Lady Imeyne era quasi sul sentiero che portava al cancello e il neonato del castoldo non aveva una sua tomba… Padre Roche aveva permesso che venisse sepolto ai piedi della madre anche se non era stato ancora battezzato… e nonostante questo il cortile era pieno.

Che ne farete del figlio minore del castaldo? si chiese con rabbia. E del segretario? Si suppone che la Morte Nera abbia ucciso da un terzo a metà della popolazione europea… non tutta quanta.

— Requiescat in pace. Amen — terminò Padre Roche, poi lui e il castaldo cominciarono a rovesciare palate di terra sul fagotto in fondo alla fossa.

Aveva ragione, Signor Dunworthy, pensò Kivrin, con rabbia crescente. Il bianco finisce per sporcarsi. Lei ha ragione su tutto, vero? Mi aveva detto di non venire, che sarebbero successe cose terribili. Ebbene, sono successe, e lei non vede l'ora di pronunciare il fatidico «te l'avevo detto». Però non avrà questa soddisfazione, perché non so dove si trovi il sito e la sola persona che lo sa è probabilmente morta.

Non attese che il castaldo finisse di coprire Agnes di terra o che Padre Roche portasse a termine la sua amichevole chiacchierata con Dio e s'incamminò attraverso la piazza sentendosi furente con tutti: con il castaldo che se ne stava là armato della sua pala e impaziente di scavare altre tombe, con Eliwys perché non era venuta al funerale e con Gawyn perché non era arrivato.

Non arriverà nessuno, pensò. Nessuno.

— Katherine — chiamò Roche.

Lei si girò e lui la raggiunse quasi correndo, con l'alito che gli creava intorno un alone bianco.

— Cosa c'è? — domandò Kivrin.

— Non dobbiamo rinunciare alla speranza — dichiarò il prete, fissandola con espressione solenne.

— Perché no? — esplose lei. — L'ottantacinque per cento degli abitanti è morto e non siamo neppure all'inizio. Il segretario sta morendo, Rosemund sta morendo e siete stati tutti esposti al contagio. Perché non dovrei rinunciare alla speranza?

— Dio non ci ha abbandonati del tutto — replicò lui. — Agnes è al sicuro fra le sue braccia.

Al sicuro, pensò amaramente Kivrin. Nel terreno. Al buio. Al freddo. Si nascose il volto fra le mani.

— Lei è in cielo, dove la peste non può raggiungerla, e l'amore di Dio è sempre con noi — affermò Roche, — e nulla ci può separare da esso, né la morte, né la vita, né gli angeli, né cose presenti…

— Né cose a venire — aggiunse Kivrin.

— Né altezze, né profondità, né altre creature — concluse lui, posandole una mano sulla spalla con gentilezza, come se la stesse benedicendo. — È stato il Suo amore che ti ha mandata ad aiutarci.

Kivrin sollevò la mano a coprire quella del prete e la strinse con forza.

— Ci dobbiamo aiutare a vicenda — replicò.

Rimasero fermi in quel modo per un lungo minuto, poi Roche si riscosse.

— Devo andare a suonare la campana per Agnes, perché la sua anima possa passare sicura — disse.

— E io andrò a controllare le condizioni di Rosemund e degli altri — annuì Kivrin, ritraendo la mano e rientrando nel cortile.

Eliwys aveva detto che voleva stare con Rosemund, ma quando tornò nel maniero Kivrin scoprì che si era raggomitolata sul pagliericcio di Agnes, avvolta nel proprio mantello, e stava sorvegliando la porta.

— Forse il suo cavallo è stato rubato da coloro che fuggivano la pestilenza ed è per questo che tarda tanto ad arrivare — disse.

— Agnes è sepolta — ribatté Kivrin, in tono freddo, e andò a controllare le condizioni di Rosemund.

La ragazza era sveglia, e quando Kivrin le si inginocchiò accanto sollevò su di lei lo sguardo con aria solenne e si protese per prenderle la mano.

— Oh, Rosemund — mormorò Kivrin, con le lacrime agli occhi. — Cara, come ti senti?

— Ho fame — rispose Rosemund. — Mio padre è arrivato?

— Non ancora — replicò Kivrin, pensando che pareva quasi possibile che potesse ancora giungere. — Vado a prenderti un po' di brodo, ma devi riposare finché non sarò di ritorno. Sei stata molto malata.

Obbediente, Rosemund chiuse gli occhi che apparivano meno infossati anche se erano ancora cerchiati di scuro.

— Dov'è Agnes? — chiese.

— Sta dormendo — rispose Kivrin, spingendole lontano dal volto gli arruffati capelli neri.

— Bene — annuì Rosemund. — Non vorrei proprio che si mettesse a giocare e a gridare. È troppo rumorosa.

— Vado a prenderti il brodo — ripeté Kivrin, poi si accostò ad Eliwys e la informò con entusiasmo: — Lady Eliwys, ho buone notizie. Rosemund si è svegliata.

Eliwys si sollevò su un gomito e lanciò un'occhiata in direzione di Rosemund ma rimase apatica, come se stesse pensando a qualcos'altro, e un momento più tardi tornò a sdraiarsi.

Allarmata, Kivrin le posò una mano sulla fronte: sembrava calda, ma lei aveva ancora le mani fredde per la permanenza all'esterno e non poteva esserne certa.

— Stai male? — chiese.

— No — replicò Eliwys, dando però ancora l'impressione di essere assorta in altri pensieri. — Cosa gli dirò?

— Puoi dirgli che Rosemund sta meglio — ribatté Kivrin, e questa volta Eliwys parve registrare il contenuto delle sue parole, perché si alzò e andò a sedersi accanto alla figlia. Quando però tornò dalla cucina con il brodo Kivrin scoprì che era già tornata sul pagliericcio di Agnes e si era raggomitolata nel mantello bordato di pelliccia.

Rosemund stava dormendo, ma non era più quello spaventoso sonno simile alla morte in cui era sprofondata in precedenza e il suo colorito era migliorato, anche se la pelle era ancora tesa sugli zigomi.

Eliwys stava dormendo a sua volta, o forse fingeva di essere addormentata, il che era lo stesso. Mentre Kivrin era in cucina il segretario era strisciato via dal suo pagliericcio ed era arrivato a metà strada dalla barricata, e quando Kivrin cercò di trascinarlo al suo posto prese a dibattersi selvaggiamente, tanto che lei dovette chiamare Padre Roche perché l'aiutasse a sottometterlo.

L'occhio destro dell'uomo si era ulcerato, perché la peste lo aveva divorato dall'interno, e lui cercava disperatamente di artigliarselo con le mani.

— Domine Jesu Christe — gridava, come se stesse imprecando, — fidelium defunctorium de poenis infernis. — Salva le anime dei fedeli defunti dalle pene dell'infermo.

, pregò Kivrin, lottando con quelle mani simili ad artigli, salvalo adesso.

Ancora una volta frugò nel cofanetto dei medicinali di Imeyne alla ricerca di qualcosa per attenuare il dolore. Non c'era polvere di oppio, e del resto non sapeva neppure se il papavero da oppio fosse stato introdotto in Inghilterra nel 1348. Trovò comunque alcuni fragili frammenti arancione che sembravano petali di papavero e li mise in infusione nell'acqua calda, ma il segretario non riuscì a bere perché la sua bocca era un orrore di piaghe, i denti e la lingua erano impastati di sangue secco.

Non merita questo, pensò Kivrin. Anche se ha portato qui la peste, non lo merita. Nessuno merita una cosa del genere.

— Per favore — pregò, senza neppure sapere con certezza per cosa stesse pregando.

Quale che fosse la sua natura, la sua preghiera non venne esaudita. Il segretario cominciò a vomitare una bile scura striata di sangue e nevicò per due giorni di fila e le condizioni di Eliwys peggiorarono sempre di più. Non sembrava che il suo fosse un caso di peste, perché non aveva bubboni e non tossiva né vomitava quindi Kivrin si chiese se la sua fosse una vera malattia o soltanto una reazione al dolore e al senso di colpa.