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Da Vicksburg a Winnipeg non avevo provato desideri sessuali. Ma dopo una nottata doppia di sonno, un bagno caldissimo con un quintale di sapone e la pancia piena di cibo, il mio corpo era tornato al suo stato normale. Allora perché stavo raccontando bugie a questo innocuo sconosciuto? «Innocuo»? Da un punto di vista razionale, sì. Finché non interverrà la chirurgia correttiva, io sarò sterile. Non sono incline a prendermi nemmeno un raffreddore e sono immunizzata contro le quattro malattie veneree più comuni. Al laboratorio mi hanno insegnato a giudicare il coito alla stregua del mangiare, del bere, del respirare, del dormire, del giocare, del parlare, del rannicchiarsi vicino a qualcuno; cioè delle piacevoli necessità che rendono la vita una gioia anziché un peso morto.

Gli dissi una bugia perché le regole umane, a quel punto del ballo, esigono una bugia; e io mi fingevo umana, e non osavo essere me stessa in tutta onestà.

Lui strizzò le palpebre. — Pensi che sprecherei il mio investimento.

— Temo di sì. Mi spiace.

— Ti sbagli. Io non cerco mai di portare a letto una donna. Se lei mi vuole nel suo letto, troverà il modo per farmelo sapere. Se non mi ci vuole, non mi piacerebbe esserci. Però tu forse non ti rendi conto che il semplice fatto di sederti davanti e guardarti vale il costo di un pranzo. A patto di ignorare le stupidaggini che escono dalla tua bocca, ovviamente.

— Stupidaggini! Meglio per te che il ristorante sia ottimo. Prendiamo lo shuttle.

Temevo di dover uscire dalla stazione a furia di discussioni, all’arrivo.

Invece l’impiegato della Dsi studiò con estrema cura i documenti di Trevor prima di stampigliare la sua carta turistica, poi si limitò a dare un’occhiata alla mia MasterCard di San José e a farmi cenno di passare. Aspettai Trevor appena oltre la barriera Dsi e fissai l’insegna THE BREAKFAST BAR con la sensazione di un doppio déjà vu.

Trevor mi raggiunse. — Se avessi visto — disse cupo — la carta di credito dorata che hai appena sventolato, non mi sarei offerto di pagarti il pranzo. Sei un’ereditiera.

— Senti, amico — ribattei — un affare è un affare. Mi hai detto che solo guardarmi e sognarmi vale il prezzo. Nonostante le mie stupidaggini, sono pronta a collaborare fino al punto di ampliare un po’ la scollatura. Un bottone, magari due. Ma non ti lascerò battere in ritirata. Anche a un’ereditiera piace guadagnare qualcosa, di tanto in tanto.

— Oh, orrore e vergogna!

— Piantala di lamentarti. Dov’è il tuo grande ristorante?

— Be’… Marjorie, sono costretto ad ammettere che non conosco i ristoranti di questa smagliante metropoli. Vuoi dirmi tu quale preferisci?

— Trevor, le tue tecniche di seduzione sono atroci.

— Così dice mia moglie.

— Mi pareva che avessi l’aria dell’uomo schiavizzato. Tira fuori la sua foto. Io torno fra un momento. Vado a scoprire dove mangeremo.

Beccai l’impiegato della Dsi fra uno shuttle e l’altro, gli chiesi il nome del miglior ristorante. Lui divenne pensoso.

— Non siamo mica a Parigi, sapete.

— Me n’ero accorta.

— O nemmeno a New Orleans. Fossi in voi, andrei all’Hilton.

Lo ringraziai, tornai da Trevor. — Mangiamo nel salone qui sopra, due piani più su. A meno che tu non voglia sguinzagliare le tue spie. Adesso vediamo la foto.

Mi mostrò la foto tolta dal portafoglio. La guardai attentamente, poi emisi un fischio rispettoso. Le bionde mi intimidiscono. Da piccola credevo di poter ottenere quel colore, se avessi sfregato abbastanza forte. — Trevor, con questo bendidio a casa perché raccogli per strada donne smarrite?

— Sei smarrita?

— Smettila di cambiare argomento.

— Marjorie, non mi crederesti e diresti sciocchezze. Andiamo in sala da pranzo prima che evaporino tutti i martini.

Il pranzo fu okay, ma Trevor non possedeva l’immaginazione, le conoscenze culinarie e la capacità di intimidire un maître di Georges. Senza i guizzi di Georges i piatti furono la buona cucina media del Nord America; la stessa cosa sia a Bellingham che a Vicksburg.

Io ero preoccupata. Scoprire che la carta di credito di Janet era stata annullata mi aveva turbata quasi più dell’orrida delusione di non trovare Ian e Janet a casa. Janet era nei guai? Era morta?

E Trevor aveva perso un po’ dell’allegro entusiasmo che un uomo in fregola dovrebbe mostrare mentre conduce la partita. Anziché fissarmi con occhi libidinosi, sembrava preoccupato anche lui. Perché quel cambiamento? Perché gli avevo chiesto di vedere la foto della moglie? Gli avevo creato complessi di colpa? Secondo me un maschio non dovrebbe mettersi in caccia se fra lui e la moglie (le mogli) non esiste complicità, se non può tornare a casa e raccontare i dettagli più sporchi e riderne con lei (con loro). Come Ian. Non mi aspetto che un uomo voglia «proteggere la mia reputazione» perché, da quanto mi risulta e credo, nessuno lo fa mai. Se voglio che un maschio non parli della mia goffaggine e della mia sudorazione a letto, l’unica soluzione è non andarci a letto assieme.

D’altronde era stato Trevor a parlare per primo della moglie, no? Ripassai mentalmente la scena; sì, esatto.

Dopo pranzo ritrovò un pizzico di buonumore. Gli stavo dicendo di tornare lì dopo il suo appuntamento di lavoro, perché intendevo fermarmi all’Hilton per stare comoda e poter fare in santa pace chiamate via satellite (vero), e che forse avrei passato lì la notte (sempre vero), per cui torna e chiamami e scenderò a prenderti nell’atrio (forse vero; mi sentivo così sola e preoccupata che probabilmente gli avrei detto di salire subito in camera).

Lui rispose: — Chiamerò prima così potrai buttare fuori quell’uomo, ma salirò direttamente. Inutile fare il viaggio due volte! Comunque farò portare su lo champagne, non lo terrò fra le braccia.

— Fermo un attimo — dissi. — Tu non mi hai ancora spiegato i tuoi criminosi scopi. Io ti ho promesso solo un’occasione equa per cercare di vendermi la tua merce. Nell’atrio. Non nella mia camera da letto.

— Marjorie, sei una donna difficile.

— No, tu sei un uomo difficile. Io so cosa faccio. — Un satori improvviso mi disse che lo sapevo sul serio. — Cosa ne pensi delle persone artificiali? Ti piacerebbe che tua sorella ne sposasse una?

— Ne conosci una che accetterebbe? Mia sorella sta crescendo coi denti un po’ lunghi. Non potrà permettersi di essere schizzinosa.

— Non cercare di svicolare. Tu ne sposeresti una?

— Cosa penserebbero i vicini? Marjorie, come sai che non lo abbia già fatto? Hai visto la foto di mia moglie. Le creature sintetiche sono le mogli migliori, in orizzontale o in verticale.

— Concubine, vuoi dire. Non è necessario sposarle. Trevor, tu non sei sposato a una Pa e non sai niente di loro, se non i miti popolari… Se no non parleresti di creature sintetiche quando l’argomento sono le persone artificiali.

— Sono lurido, strisciante e infido. Ho usato il termine a sproposito, per non farti sospettare che sono un Pa.

— Idiozie! Non lo sei, o me ne sarei accorta. E tu probabilmente andresti a letto con una persona artificiale, ma non ti sogneresti mai di sposarla. Ma questa è una discussione inutile. Aggiorniamola. Mi occorrono un paio di ore. Non sorprenderti se il terminale della mia stanza sarà occupato. Registra un messaggio e consolati con un buon drink. Io scenderò appena possibile.

Mi registrai alla reception e salii; non all’appartamento nuziale (in assenza di Georges, quella deliziosa stravaganza mi avrebbe resa triste) ma a una stanza estremamente graziosa con un letto soffice ed enorme: un lusso che avevo ordinato spinta dal profondo sospetto che le smorzate (quasi inesistenti) doti di Trevor come propagandista di se stesso lo avrebbero comunque fatto finire lì. Quel porco difficile.

Scacciai il pensiero e mi misi all’opera.