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Mi immobilizzai e pensai. Janet mi aveva detto che l’interruttore che disarmava tutte le difese letali era nascosto a poca distanza dall’ingresso.

Quant’è «poca distanza»?

E nascosto fino a che punto?

Era nascosto piuttosto bene semplicemente perché lì era scuro come l’inchiostro, a parte quelle lettere mostruose. Che avrebbero anche potuto dire «Lasciate ogni speranza o voi ch’entrate».

Quindi tira fuori la tua torcia, Friday, alimentata dal suo piccolo Shipstone eterno, e cerca. Ma non puoi spingerti troppo avanti!

In effetti esisteva una torcia, chiusa in una sacca che mi ero lasciata alle spalle sulla Skip to M’Lou. Magari in quel momento era accesa e rallegrava i pesci sul fondo del Mississippi. E sapevo che altre torce erano immagazzinate in quel tunnel buio.

Non avevo nemmeno un fiammifero.

Avessi avuto un boyscout, avrei potuto ottenere il fuoco sfregando tra loro le sue gambe. Oh, piantala, Friday!

Crollai a terra e mi concessi di piangere un po’. Poi mi sdraiai su quel (duro, freddo) (caldo e morbido) pavimento di cemento e mi addormentai.

20

Mi svegliai molto tempo dopo, e il pavimento era davvero duro e freddo. Ma io mi sentivo così enormemente riposata che non mi importava. Mi alzai e mi schiarii la testa e mi resi conto di non essere più disperata; solo affamata.

Adesso il tunnel era ben illuminato.

L’insegna luminosa mi avvertiva ancora di non procedere oltre, ma il tunnel non era più scuro; la luce era più o meno quella standard di un soggiorno ben illuminato. Mi guardai attorno in cerca della sorgente di luce.

Poi il mio cervello riprese a funzionare. L’unica illuminazione veniva dall’insegna; i miei occhi si erano abituati alla luce mentre dormivo. So che anche gli esseri umani sperimentano questo fenomeno, ma forse in misura minore.

Cominciai a cercare l’interruttore.

Poi mi fermai e cominciai invece a usare il cervello. È un lavoro più duro che usare i muscoli, però più tranquillo, e brucia meno calorie. È l’unica cosa che ci distingua dalle scimmie, anche se solo di poco. Se io fossi stata un interruttore nascosto, in che punto mi sarei trovata?

I parametri significativi dell’interruttore dovevano essere: a) il fatto di essere nascosto quanto bastava per frustrare gli intrusi; b) la capacità di salvare la vita a Janet e ai suoi mariti. Questo cosa mi diceva?

Non doveva essere troppo alto, per Janet; quindi anch’io ero in grado di raggiungerlo, perché abbiamo più o meno la stessa altezza. Di conseguenza, potevo arrivarci senza ricorrere a uno sgabello.

L’insegna fluttuante era a circa tre metri dalla porta. L’interruttore non poteva essere molto più lontano, perché Janet mi aveva detto che il secondo avvertimento, quello che prometteva morte, entrava in azione non troppo addentro al tunnel. «Dopo pochi metri» aveva detto. In genere, pochi non sono più di dieci.

Janet non avrebbe nascosto l’interruttore in modo troppo meticoloso, costringendo uno dei suoi mariti che volesse salvare la pelle a ricordare esattamente dove si trovasse. Il semplice fatto di sapere che l’interruttore esisteva doveva essere un indizio sufficiente a permettergli di trovarlo. Ma un intruso che ne ignorasse la presenza non doveva notarlo.

Avanzai fino a trovarmi direttamente sotto l’insegna, guardai su. La luce delle lettere rischiarava tutto, a parte la minuscola porzione di soffitto appena sopra l’insegna. Quella zona era invisibile anche a me, nonostante i miei occhi super e il fatto di essermi abituata alla luce.

Alzai la mano e tastai il soffitto nel punto in cui non lo vedevo. Le mie dita incontrarono qualcosa che pareva un pulsante, forse l’estremità di un solenoide. Premetti.

L’insegna si spense; le luci si accesero, rischiarando tutto il tunnel.

Cibi surgelati e l’occorrente per cuocerli e grandi salviette e acqua calda e fredda e un terminale nel buco per avere le ultime notizie e il sunto delle penultime… Libri e musica e denaro in contanti immagazzinato nel buco per i casi d’emergenza e armi a Shipstone e munizioni e vestiti di ogni genere che mi andavano bene perché andavano bene a Janet e un calendario-orologio sul terminale che mi disse che avevo dormito tredici ore prima che il duro «letto» di cemento mi svegliasse e un comodo soffice letto che mi invitò a concludere la giornata dormendo ancora dopo essermi lavata e aver mangiato e avere soddisfatto la fame di notizie… Una sensazione di sicurezza totale che mi permise di calmarmi al punto di non dovere più usare il controllo mentale per soffocare le sensazioni per non smettere di funzionare…

I notiziari mi dissero che il Canada Britannico aveva declassato l’emergenza a «emergenza limitata». Il confine con l’Impero restava chiuso. Il confine col Québec era ancora strettamente sorvegliato, ma venivano concessi permessi a chiunque avesse validi motivi.

Le dispute che ancora proseguivano tra le due nazioni stavano tutte nell’entità dei danni che il Québec doveva pagare per quello che si ammetteva essere stato un attacco militare compiuto per errore e/o stupidità.

L’ordine di arresto era ancora valido, ma più del novanta per cento di abitanti del Québec arrestati erano stati rilasciati sulla parola… e circa il venti per cento di arrestati originari dell’Impero.

Quindi avevo fatto bene a tenermi nascosta, perché, senza dubbio, ero un tipo sospetto.

A quanto sembrava, però, Georges era liberissimo di tornare. Oppure c’erano particolari che mi sfuggivano?

Il Consiglio per la Sopravvivenza aveva promesso un terzo round di omicidi «educativi» entro dieci giorni, più o meno due, dall’ultima ondata.

Gli Stimolatori li avevano seguiti a ruota il giorno dopo con un annuncio analogo, condannando di nuovo il cosiddetto Consiglio per la Sopravvivenza. Questa volta gli Angeli del Signore non emanarono nessun proclama, o per lo meno le loro minacce non vennero trasmesse dalla Rete Dati canadese.

Giunsi di nuovo a dubbie conclusioni. Gli Stimolatori erano un’organizzazione di cartapesta, tutta propaganda e niente azione. Gli Angeli del Signore erano defunti e/o in fuga.

Il Consiglio per la Sopravvivenza aveva sostenitori estremamente ricchi, pronti a pagare per il sacrificio di altri dilettanti idioti in tentativi quasi del tutto inutili; ma questa era solo un’ipotesi, da abbandonare di corsa se il terzo round di attacchi si fosse dimostrato efficiente e professionale; cosa che non mi aspettavo, ma io ho un lungo passato di previsioni errate.

Ancora non riuscivo a decidere chi ci fosse dietro questo stupido regno del terrore.

Non poteva essere (ne ero certa) una nazione territoriale: poteva essere una multinazionale, o un consorzio, anche se non ci vedevo alcun senso. Poteva persino trattarsi di uno o più individui terribilmente ricchi, se avevano un buco in testa.

All’archivio dati chiesi anche di Impero, fiume Mississippi e Vicksburg, singolarmente, accoppiati a due a due, e infine tutti e tre. Negativo.

Aggiunsi i nomi dei due vascelli e provai tutte le combinazioni. Sempre negativo. A quanto sembrava, ciò che era accaduto a me e a diverse altre centinaia di persone era stato censurato. Oppure lo consideravano un fatto insignificante?

Prima di andarmene scrissi un biglietto per Janet. Le dissi quali vestiti avevo preso, quanti dollari canadesi (aggiungendo l’importo a quello che mi aveva già dato lei); e spiegai nei particolari cosa avessi pagato con la sua carta Visa: una capsula da Winnipeg a Vancouver, un biglietto di shuttle da Vancouver a Bellingham, e poi più nulla. (Oppure avevo pagato il biglietto per San José con la sua carta, o Georges aveva già cominciato a farmi da mecenate? Le mie ricevute erano sul fondo del Mississippi.)