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Continuai a passeggiare, soffocando la forte tentazione di uscire dal personaggio mettendomi a correre. Mi occorreva un punto dove poter forare la barriera senza essere vista, anche se su entrambi i lati, per un raggio di una cinquantina di metri, era stata fatta terra bruciata. Dovevo accettare il fatto; quella che volevo era una zona di terra bruciata circondata da alberi, cespugli, siepi divisorie come in Normandia.

In Minnesota non ci sono le siepi divisorie della Normandia.

Il Minnesota del nord è quasi privo di alberi; o almeno lo è nella parte di confine in cui mi trovavo. Stavo scrutando la barriera, e cercavo di dirmi che un pezzo di terreno aperto senza anima viva nei paraggi è buono quanto un’area schermata da alberi, quando apparve un Vma della polizia. Era a ovest rispetto a me e seguiva lentamente la barriera. Salutai con un cenno allegro e continuai a dirigermi a est.

Invertirono la rotta, tornarono indietro, e si appostarono a una cinquantina di metri da me. Mi voltai e li raggiunsi. Arrivai all’auto mentre il capopattuglia scendeva, seguito dall’autista, e dalle loro uniformi vidi (inferno, dannazione e tenebre) che erano imperiali, non agenti della Polizia Provinciale del Minnesota.

Il capopattuglia mi dice: — Cosa ci fai qui a quest’ora?

Il tono era aggressivo; gli risposi sulla stessa lunghezza d’onda: — Stavo lavorando, prima che mi interrompeste.

— Un accidenti. Tu non entri in servizio fino alle otto.

Ribattei: — Ho una novità per te, grande capo. Quello era la settimana scorsa. Adesso ci sono due turni. Il primo monta appena può. Il cambio dei turni è a mezzogiorno; il secondo smonta quando non ne può più.

— Nessuno ci ha avvertiti.

— Vuoi che il sovrintendente ti scriva una lettera di persona? Dammi il numero del tuo distintivo e gli spiego tutto io.

— Datti una calmata, ganza. Forse dovrei portarti dentro e controllarti per benino.

— Fai pure. Una giornata di riposo per me… e intanto tu spiegherai perché non è stata fatta la manutenzione a questa parte di barriera.

— Vai a farti friggere. — Si avviarono per tornare a bordo.

— Uno di voi due maschiacci ha uno spino? — chiesi.

L’autista disse: — Non ci facciamo in servizio, e non dovresti farti nemmeno tu.

— Testa di cavolo — commentai, cortese.

L’autista fece per ribattere, ma il capopattuglia abbassò il tettuccio apribile, e decollarono; proprio sopra la mia testa, costringendomi a buttarmi giù. Credo di non essergli piaciuta.

Tornando alla barriera conclusi che Hannah Jensen non era una signora. Essere scortesi coi Verdi solo perché sono il massimo dello schifo umano è imperdonabile. Anche le vedove nere, i pidocchi e le iene hanno diritto di vivere, anche se non ho mai capito perché.

Decisi che i miei piani non erano ben meditati. Boss avrebbe disapprovato. Attaccare la barriera alla luce del giorno era troppo appariscente. Meglio scegliere un punto, nascondersi fino al buio, e poi tornarci. Oppure dedicare la notte al piano numero due: controllare di persona la possibilità di passare sotto la barriera nel Roseau River.

Non andavo pazza per il piano numero due. Le acque del Mississippi inferiore erano abbastanza tiepide, ma i fiumi lì a nord avrebbero congelato un cadavere. La sera di due giorni prima, avevo saggiato il Pembina. Brrr! Un’estrema risorsa, niente di più.

Quindi scegli un pezzo di barriera, decidi esattamente in che modo lo bucherai, poi cerca degli alberi, avvolgiti in un letto di foglie calde, e aspetta il buio. Rivedi mentalmente ogni tua mossa, all’infinito, così potrai sforacchiare la barriera come pipì che scende nella neve.

A quel punto superai un lieve pendio del terreno e mi trovai faccia a faccia con un altro addetto alla manutenzione, del tipo maschile.

Se sei in dubbio, attacca. — Che diavolo ci fai qui, amico?

— Seguo la barriera. La mia parte di barriera. Cosa ci fai tu, sorella?

— Oh, Cristo! Non sono tua sorella. E tu hai sbagliato zona, oppure turno. — Notai innervosita, che l’addetto alla manutenzione in perfetta uniforme porta un walkie-talkie. Be’, io ero alle prime armi; stavo ancora imparando il mestiere.

— Col cavolo — rispose lui. — Coi nuovi turni monto all’alba e mi danno il cambio a mezzogiorno. Magari devi darmelo tu, eh? Sì, probabile. Avrai letto male i turni di servizio. Sarà meglio che chiami.

— Fai pure — dissi, avvicinandomi.

Lui esitò. — D’altra parte, forse… — Io non esitai.

Non uccido tutti coloro con cui ho una divergenza d’opinioni, e non vorrei che chi legge queste mie memorie pensi che io sia un’assassina incallita. Non gli feci troppo male, e durò solo un attimo; mi limitai a metterlo a dormire di colpo.

Con un rotolo di nastro adesivo che avevo alla cintura gli legai le mani dietro la schiena, poi le caviglie. Avessi avuto un bel cerotto grosso così lo avrei imbavagliato, ma avevo solo del nastro a frizione meccanica largo due centimetri, ed ero molto più ansiosa di aprirmi un varco nella barriera che di impedirgli di strillare per chiedere aiuto a coyote e conigli.

Un saldatore buono per riparare è anche buono per bucare, ma il mio era ancora meglio del solito: lo avevo comperato passando dalla porta di servizio del maggior ricettatore di Fargo. Era un laser in grado di tagliare l’acciaio, non la baracca ossiacetilenica che sembrava. Qualche istante dopo avevo un buco grande, a stento quanto bastava per Friday. Mi chinai per volatilizzarmi.

— Ehi, portami con te!

Esitai. Quello continuava a ripetere, insistentemente, che era ansioso come me di fuggire i maledetti Verdi. Slegami!

Ciò che feci è una follia paragonabile solo a quella della moglie di Lot. Presi il coltello dalla cintura, gli tagliai il nastro alle mani e alle caviglie, mi infilai nel foro e cominciai a correre. Non mi fermai a vedere se anche lui si fosse ficcato o meno nel buco.

Circa mezzo chilometro a nord c’era uno dei rari gruppi d’alberi. Mi lanciai in quella direzione stabilendo un nuovo record di velocità. La pesante cintura porta-attrezzi mi rallentava; la gettai senza decelerare. Un attimo dopo mi tolsi il berretto, e Hannah Jensen tornò nel limbo eterno. Saldatore, guanti e pezzi di raccordo per la barriera erano ancora nell’Impero. Tutto ciò che restava di lei era un portafoglio di cui mi sarei sbarazzata in un momento più calmo.

Mi addentrai fra gli alberi, poi invertii la marcia e trovai un punto da cui osservare il percorso che avevo fatto, dolorosamente consapevole di essere seguita.

Il mio ex prigioniero era a metà strada fra barriera e alberi… e due Vma stavano convergendo su di lui. Quello più vicino all’uomo recava la grande Foglia d’Acero del Canada Britannico. Non vedevo l’insegna dell’altro perché puntava direttamente su me, attraverso il confine internazionale.

L’auto della polizia canadese atterrò. Il mio gentile ospite si arrese senza discussioni: ragionevole, visto che il Vma dell’Impero atterrò subito dopo, almeno duecento metri all’interno del Canada Britannico. E sì, era la Polizia Imperiale; forse lo stesso veicolo che aveva fermato me.

Non sono un’esperta di legge internazionale, ma ho la certezza che siano scoppiate guerre per molto meno. Trattenni il respiro, misi al massimo l’udito, e ascoltai.

Nemmeno fra quei poliziotti c’erano grandi giuristi internazionali; la discussione fu accesa, ma non coerente. Gli imperiali chiedevano la consegna del profugo in base ai privilegi concessi agli inseguitori, e un caporale canadese sosteneva (correttamente a mio giudizio) che l’inseguimento era lecito solo con criminali colti sul fatto, mentre in quel caso l’unico «crimine» consisteva nell’ingresso illegale nel Canada Britannico, atto che non ricadeva sotto la giurisdizione della Polizia Imperiale. — Adesso levate quel catorcio dal suolo del Canada Britannico!