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L’orientamento ricevuto dalle stelle mi disse che l’ovest passava diritto in quel cespuglio fittissimo.

L’unica alternativa era tornare in acqua, seguire il fiume… e ritrovarmi l’indomani a Vicksburg.

No, grazie. Mi infilai nella macchia.

Sorvolerò sulle molte ore seguenti. Forse non sarà stata la notte più lunga della mia vita, ma di certo fu la più noiosa. Sono sicura che sulla Terra debbano esistere giungle più fitte e pericolose del continuum di arbusti che si trovano sulla riva del Mississippi inferiore. Però non desidero affrontarle, soprattutto senza un machete (senza nemmeno un coltello da scout!).

Passai la maggior parte del tempo a indietreggiare, dopo aver deciso «No, non di qui. Come posso aggirarlo? No, non sul lato sud! Come posso aggirarlo a nord?» Il mio percorso fu contorto quanto quello del fiume, e i miei progressi furono forse di un chilometro l’ora; o magari esagero, potrei anche aver fatto meno. Sprecai il grosso del tempo a riorientarmi, una necessità ogni pochi metri.

Mosche, zanzare, moscerini, cose che strisciavano e che non vidi mai, per due volte serpi sotto i piedi che forse erano bisce d’acqua (ma non mi fermai a scoprirlo), una serie infinita di uccelli disturbati con una dozzina di strilli diversi; uccelli che spesso mi sbattevano quasi direttamente in faccia, con loro e mio raccapriccio. Il terreno era generalmente fangoso e conteneva sempre qualcosa su cui inciampare, alto fino alle caviglie, fino ai fianchi, o tutt’e due.

Tre volte (o quattro volte?) raggiunsi il fiume aperto. Ogni volta mantenni la rotta a ovest, e quando l’acqua era abbastanza profonda, nuotai. Per la maggior parte piccoli corsi stagnanti, ma uno aveva la corrente, e poteva essere un ramo minore del Mississippi. Una volta, qualcosa di grosso nuotò al mio fianco. Un pesce gatto gigante? Ma non dovrebbe starsene sul fondo? Un alligatore? Ma non dovrebbero esserci alligatori. Forse era il mostro di Loch Ness in trasferta; non lo vidi mai, lo sentii solo, e uscii dall’acqua levitando per pura e semplice paura.

Circa ottocento anni dopo l’affondamento della Skip e della Myrtle giunse l’alba.

A ovest, a un chilometro da me, c’era il terreno sopraelevato della riva dell’Arkansas. Io ero trionfante.

Ero anche affamata, esausta, lurida, piena di morsi d’insetti, stracciata, e assetata in modo quasi insopportabile.

Cinque ore più tardi, ospite del signor Asa Hunter, facevo la passeggiata sul suo carro agricolo Studebaker tirato da una splendida pariglia di muli. Ci stavamo avvicinando a una piccola città di nome Eudora. Non avevo ancora dormito, ma a parte il sonno avevo avuto tutte le altre cose migliori della vita: acqua, cibo, un bagno. La signora Hunter aveva chiocciato al mio indirizzo, mi aveva prestato una spazzola e offerto la colazione: uova fritte, pancetta casalinga spessa e succulenta, pane di grano, burro, sorgo, latte, caffè fatto in un pentolino e lasciato a depositare con gusci d’uovo; e per apprezzare in pieno la cucina della signora Hunter raccomando di nuotare tutta notte, alternando il nuoto all’avanzata strisciante sul terreno lercio della riva dell’Old Man River. Ambrosia!

Mangiai col suo accappatoio, perché lei volle a tutti i costi lavarmi la tuta lacera. Al momento di partire, la tuta era asciutta e io avevo un aspetto quasi rispettabile.

Non mi offrii di pagare gli Hunter. Esistono esseri umani che posseggono molto poco ma sono ricchi in dignità e rispetto di sé. La loro ospitalità non è in vendita, e nemmeno la loro generosità. Lentamente, sto imparando a riconoscere questo tratto negli umani che lo posseggono. Negli Hunter era inconfondibile.

Traversammo Macon Bayou, poi la strada sfociò in un’altra un po’ più larga. Il signor Hunter fermò i muli, scese, si spostò dal mio lato. — Signorina, vi sarei molto grato se scendeste qui.

Accettai la sua mano, mi lasciai aiutare. — Qualcosa non va, signor Hunter? Vi ho offeso?

Lui rispose lentamente: — No, signorina. Per niente. — Esitò. — Ci avete detto che il fondo della vostra barca è stato forato da un ramo che sporgeva dall’acqua.

— Sì?

— I rami sporgenti sono un grosso rischio per chi pesca. — Una pausa. — Ieri sera al tramonto è successo qualcosa di brutto sul fiume. Due esplosioni, più o meno alla Kentucky Bend. Grosse. Le abbiamo viste e sentite da casa.

Fece un’altra pausa. Io non dissi niente. La spiegazione della mia presenza e delle mie (deplorevoli) condizioni era stata debole, a dir poco. Ma l’unica altra spiegazione possibile sarebbe stata un disco volante.

Il signor Hunter riprese: — La vecchia e io non abbiamo mai avuto da dire con la Polizia Imperiale. Non vorremmo cominciare adesso. Per cui, se non vi spiace fare a piedi un pezzo di questa strada a sinistra, arriverete a Eudora. E io girerò il carro e tornerò a casa mia.

— Vedo. Signor Hunter, mi piacerebbe poter ripagare in qualche modo voi e la signora Hunter.

— Potete farlo.

— Sì? — (Avrebbe chiesto soldi? No!)

— Un giorno incontrerete qualcuno che ha bisogno di una mano. Dategli una mano e pensate a noi.

— Oh! Lo farò! Lo farò senz’altro!

— Ma non prendetevi il fastidio di scriverci per raccontarlo. Chi riceve posta viene notato. Noi non moriamo dalla voglia di essere notati.

— Vedo. Però io lo farò e penserò a voi, e non una sola volta, ma molte volte.

— Meglio così. Il pane gettato sulle acque torna sempre indietro, signorina. La signora Hunter mi ha detto di dirvi che ha intenzione di pregare per voi.

I miei occhi si riempirono di lacrime così in fretta che non ci vedevo più. — Oh! Ditele per favore che la ricorderò nelle mie preghiere. Vi ricorderò tutti e due. — (Non avevo mai pregato in vita mia. Ma lo avrei fatto, per gli Hunter.)

— Grazie di cuore. Glielo dirò. Signorina, posso offrirvi una parola di consiglio senza essere frainteso?

— Ho bisogno di consigli.

— Non pensate di fermarvi a Eudora?

— No. Devo andare a nord.

— Così avete detto. Eudora è solo una stazione di polizia e qualche negozio. Lake Village è più lontano, però ci si ferma il Vma della Greyhound. Sono una ventina di chilometri di strada, tenendovi a destra. Se riuscite a coprire la distanza da adesso a mezzogiorno, arriverete in tempo per il bus. Però è un bel po’ di strada, e oggi fa un caldo del diavolo.

— Posso farcela. Ce la farò.

— Il Greyhound vi porterà a Pine Bluff, o addirittura a Little Rock. Uhm. Il bus costa denaro.

— Signor Hunter, siete stato più che gentile. Ho con me la mia carta di credito. Posso pagare il bus. — Non ero uscita in forma smagliante dall’acqua e dal fango, ma le carte di credito, la carta d’identità, il passaporto e i soldi erano al sicuro nella cintura impermeabile che Janet mi aveva dato anni luce prima; si era salvato tutto. Un giorno o l’altro glielo avrei detto.

— Bene. Ho pensato fosse meglio chiedere. Un’ultima cosa. Da queste parti, in genere la gente bada ai fatti propri. Se salite diritta sul Greyhound, i pochi impiccioni non avranno nessuna scusa per darvi fastidio. Meglio così, credo. Be’, arrivederci e buona fortuna.

Lo salutai e partii. Avrei voluto dargli il bacio dell’addio, ma una sconosciuta non si prende libertà con un uomo come il signor Hunter.

Presi il Vma di mezzogiorno e alle 12,52 ero a Little Rock. Una capsula espresso diretta a nord stava imbarcando quando raggiunsi la sotterranea. Ventun minuti più tardi ero a Saint Louis. Da una cabina della sotterranea feci il numero di contatto di Boss, per organizzare il trasferimento al quartier generale.

Una voce rispose: — Il numero che avete usato non è in servizio. Restate in linea e un centralinista… — Interruppi la comunicazione e scappai.

Restai nella città sotterranea diversi minuti, camminando a caso e fingendo di guardare le vetrine, ma in realtà allontanandomi sempre più dalla stazione.