— …un coccodrillo? — suggerì Treatle.

— Sì, un coccodrillo o… che altro, ha essenzialmente la forma di una carota.

— Questo pezzo non me lo ricordo — dichiarò Treatle.

— Sono sicuro che è quello che ha detto — disse Tagliangolo. Stava cominciando a sudare.

— No, io ricordo il pezzo in cui suggeriva, mi pare, che se uno procede abbastanza lontano in una direzione, vede la propria testa di dietro — insistette Treatle.

— Sei certo che non intendesse la testa di un altro?

Treatle ci pensò per un po’.

— No, sono sicurissimo che ha detto la propria testa di dietro. Credo che abbia detto di poterlo provare.

Rimasero in silenzio a riflettere.

Alla fine Tagliangolo parlò, molto lentamente e con grande cautela.

— Io la vedo così. Prima di sentirlo parlare, ero come tutti. Capisci che voglio dire? Ero confuso e incerto a proposito di tutti i piccoli dettagli della vita. Ma adesso — si rianimò — mentre sono ancora confuso e incerto, lo sono su un piano molto più alto, capisci? E almeno ho la consapevolezza che sono i fatti veramente fondamentali e importanti dell’universo a rendermi perplesso.

Treatle annuì. — Non avevo considerato la cosa da questo punto di vista, ma hai perfettamente ragione. Quel ragazzo ha davvero allargato i confini dell’ignoranza. C’è tanto nell’universo che noi non conosciamo.

Entrambi assaporarono la curiosa soddisfazione di essere molto più ignoranti della gente comune, che ignorava soltanto le cose ordinarie.

Poi Treatle osservò: — Spero che Simon stia bene. Non ha più febbre ma non pare che abbia voglia di svegliarsi.

Entrarono due inservienti con un catino d’acqua e tovaglioli puliti. Una delle due portava una scopa alquanto consumata. Si misero a cambiare le lenzuola fradicie di sudore sotto il corpo del ragazzo. I due maghi lasciarono la stanza, ancora discutendo i vasti orizzonti d’ignoranza rivelati al mondo dal genio di Simon.

La Nonnina aspettò che l’eco dei loro passi fosse svanito, prima di togliersi il fazzoletto che portava in testa.

— Non posso sopportare questo dannato affare — esclamò. — Esk, va ad ascoltare alla porta. — Tolse il tovagliolo dalla fronte del ragazzo e gli sentì la temperatura.

— Sei stata molto gentile a venire — le disse Esk. — Tu così presa dal tuo lavoro, e tutto.

La Nonnina spinse in fuori le labbra. — Uhmm. — Sollevò le palpebre di Simon e gli tastò il polso. Posò l’orecchio sul suo petto dove si contavano tutte le costole e ascoltò il battito del cuore. Poi sedette immobile per un bel pezzo a scandagliargli la mente.

— Sta bene? — domandò ansiosa Esk.

La vecchia guardò i muri di pietra.

— Accidenti a questo posto — imprecò. — Non è posto per malati.

— Sì, ma sta bene?

— Cosa? — La domanda l’aveva distolta dai suoi pensieri. — Oh! Sì. Probabilmente. Dovunque si trovi.

La bambina prima guardò la vecchia e poi il corpo di Simon.

— A casa non c’è nessuno — disse semplicemente.

— Che vuoi dire?

— Senti un po’ questa bambina! Da credere che non le ho insegnato niente. Voglio dire che la sua mente sta Vagando. Lui è Uscito dalla sua Testa.

Guardò quasi con ammirazione il corpo del ragazzo.

— Davvero sorprendente. Non ho mai conosciuto un mago capace del Prestito — aggiunse.

Si girò verso Esk, che la guardava a bocca spalancata.

— Ricordo che quando ero ragazza, la vecchia Nanny Annaple se ne andò Vagando. E si immedesimò troppo nell’essere una volpe, ricorda. Ci vollero due giorni prima che la trovassimo. E poi, anche tu. Non ti avrei mai trovata se non fosse stato per quella tua verga e… che cosa ne hai fatto, ragazza?

— È lei che lo ha colpito — borbottò la piccola. — Ha cercato di ucciderlo. L’ho buttata nel fiume.

— Non è stato carino da parte tua, dopo che ti aveva salvato.

— Mi ha salvato, colpendo lui?

— Non capisci? Lui stava evocando… quegli Esseri.

— Non è vero — protestò Esk.

La Nonnina la guardò negli occhi pieni di sfida e pensò: "L’ho perduta. Tre anni di lavoro buttati al vento. Non potrebbe essere un mago, ma sarebbe potuto essere una strega".

— Perché non è vero, signorina Sotutto? — disse ad alta voce.

— Lui non farebbe una cosa del genere. — Esk era vicina alle lacrime.

— L’ho sentito parlare, lui è… be’, non è cattivo, è una persona brillante. Capisce quasi come tutto funziona, lui è…

La Nonnina ribatté, acida: — Immagino che sia un bravissimo ragazzo. Non ho mai detto che fosse uno stregone, no?

— Sono Esseri orribili! — singhiozzò la bambina. — Lui non li avrebbe evocati, lui vuole tutto ciò che loro non sono, e tu sei una vecchia maligna…

Le arrivò uno schiaffo così sonoro da farla barcollare all’indietro, bianca dallo shock. La Nonnina era rimasta con la mano alzata, tremante.

Aveva colpito Esk soltanto una volta prima di allora. Lo schiaffo che si dà a un bambino per introdurlo nel mondo e dargli un’idea generale di ciò che lo aspetta nella vita. Ma quella era anche stata l’ultima volta. Nei tre anni vissuti sotto lo stesso tetto, si erano presentate diverse occasioni: il latte traboccato sul fornello o le capre lasciate sbadatamente senz’acqua. Ma una sgridata o un freddo silenzio erano stati molto più efficaci della forza e non lasciavano traccia.

Afferrò saldamente Esk per le spalle e la fissò negli occhi.

— Ascoltami — la scongiurò — non ti ho sempre detto che, se usi la magia, dovresti attraversare la vita come un coltello attraversa l’acqua? Non ti ho detto così?

Ipnotizzata come un coniglio senza scampo, Esk annuì.

— E tu pensavi che fossero solo storie della vecchia Nonnina, vero? Ma il fatto è che, se usi la magia, tu attiri l’attenzione su di te. La loro attenzione. Loro stanno sempre lì a osservare il mondo. Per loro le menti comuni restano vaghe, non se ne occupano, ma una mente che contiene in sé la magia, emette una luce, capisci, è un faro per loro. Non è il buio che Li chiama. È la luce, la luce che crea le ombre!

— Ma… ma… perché Loro sono interessati? Che cosa v-vogliono Loro?

— La vita e una forma — rispose la vecchia.

Si chinò e la lasciò andare.

— In realtà, sono patetici — continuò. — Non hanno una vita o una forma propria, ma solo quella che possono rubare. Non potrebbero sopravvivere in questo mondo più di quanto possa farlo un pesce nel fuoco, ma questo non Gli impedisce di provarci. E sono abbastanza svegli da odiarci perché noi siamo vivi.

La bambina rabbrividì. Ricordava la sensazione granulosa della fredda sabbia.

— Ma che cosa sono? Ha sempre creduto che fossero… una specie di demoni.

— No. Nessuno lo sa veramente. Sono gli Esseri delle Dimensioni Sotterranee fuori dall’universo. Ecco tutto. Creature d’ombra.

Si voltò verso la figura immota di Simon.

— Tu non avresti idea di dov’è, vero? — chiese a Esk, guardandola attentamente. — Non è che se ne sia andato a volare con i gabbiani, eh?

La piccola scosse la testa.

— No, non lo credo — disse la Nonnina. — Lo hanno preso, è così.

Non era una domanda la sua. Esk, con espressione desolata, fece cenno di sì.

— Non è colpa tua — la rassicurò la vecchia. — La sua mente gli ha aperto un varco e quando lui è stato messo fuori combattimento. Loro se la sono portata via. Solo…

Tamburellò con le dita sul bordo del letto e parve giungere a una decisione.

— Chi è il mago più importante in questo posto? — domandò.

— Uhm, il Lord Tagliangolo. È l’Arcicancelliere. È uno dei due che stava qui.

— Quello grasso o quello magro come un’acciuga?

Esk distolse la mente dall’immagine di Simon sul freddo deserto e rispose: — È un mago dell’Ottavo Livello, anzi uno a 33°.

— Vuoi dire che è curvo? Tutti questi maghi che gironzolano qui intorno ti hanno spinto a prenderli sul serio, ragazza mia. Si chiamano tutti Sommo Lord questo e Imperiale quello, fa tutto parte del gioco. Perfino gli illusionisti lo fanno, uno penserebbe che almeno fossero più ragionevoli. Ma no, si presentano dicendo di essere gli Straordinari-Bonko-e-Doris. A ogni modo, dov’è questo Sommo Vattelapesca?