— D-direi che le normali pppp…

— …parole …

— …vanno bene — concesse magnanimo Simon.

— Ne sei assolutamente sicuro?

— È solo che le parole possono essere dotate di potere — rispose Simon e rinfilò il libro sullo scaffale, dove quello gli fece tintinnare contro le sue catene. — E dicono che la pp-penna sia più potente della sss…

— …spada — terminò per lui Esk. — Benissimo, ma con quale delle due preferiresti che ti colpissero?

— Uhm, cc-credo sia inutile cc-che ti dica che non dovresti essere qui, vero? — chiese il giovane mago.

Esk ci rifletté e quindi rispose: — Sì credo sia inutile.

— Potrei mandare a chiamare gli inss-servienti e farti pp-portare via.

— Sì, ma non lo farai.

— Solo che n-non vvv…

— …voglio…

— che ti fai male, capisci. D-davvero non voglio. Questo può esessere un pppericolo…

Esk percepì un leggero soffio d’aria sopra la sua testa. Per un momento le vide, le grandi forme grige dal luogo freddo. E nella calma della Biblioteca, quando il peso della magia assottigliava l’Universo, esse avevano deciso di Agire.

Intorno a lei il debole fruscio dei libri s’intensificò per lo sfogliarsi disperato delle pagine. Alcuni dei libri più potenti riuscirono a balzare giù dagli scaffali e ondeggiarono impazziti, penzolando dalle loro catene. Dallo scaffale più alto un tomo enorme precipitò, liberandosi così facendo dalla catena, e prese a muoversi, come una gallina spaventata, disseminando le pagine dietro di sé.

Un vento magico fece volare via dalla testa di Esk il fazzoletto e i capelli, non più trattenuti, le ondeggiarono sulle spalle. Vide Simon che cercava di tenersi a uno scaffale mentre i libri gli esplodevano intorno.

L’aria, spessa, con un sentore di stagno, ronzava.

— Stanno tentando di entrare! — gridò la bambina.

Il viso spaventato di Simon si volse verso di lei.

Un incunabolo, folle di paura, lo colpì pesantemente alla nuca e lo sbatté sul pavimento che si sollevava, prima di rimbalzare in alto al di sopra degli scaffali. Esk si buttò a terra per evitare un’intera fila di lessici che le sfrecciò accanto, trascinandosi dietro lo scaffale, e si diresse carponi verso Simon.

— È questo che spaventa così tanto i libri! — gli gridò nell’orecchio. — Tu non li vedi lassù?

Simon scosse la testa in silenzio. Sopra di loro un libro, esploso dalla sua rilegatura, li inondò con una pioggia di pagine.

L’orrore può insinuarsi nella mente attraverso tutti i sensi. Il suono di una risatina soffocata in una stanza buia chiusa a chiave, la vista di un mezzo lombrico nella forchettata d’insalata, il curioso odore proveniente dalla camera da letto del pensionante, un gusto di lumaca nel formaggio al cavolfiore. Normalmente il tatto ne resta fuori.

Ma qualcosa accadde al pavimento sotto le mani di Esk. Lei abbassò gli occhi, inorridita, perché d’improvviso le assi polverose si fecero granulose. E asciutte. E molto, molto fredde.

Tra le sue dita c’era una fine sabbia argentea.

Esk afferrò la verga e, riparandosi gli occhi dal vento, la agitò contro le figure che le torreggiavano sopra. Sarebbe bello riferire che un lampo di puro fuoco bianco ripulì l’aria oleosa. Ma non successe…

Nella sua mano la verga si torceva come un serpente e sferrò un colpo sulla tempia di Simon.

Gli Esseri grigi oscillarono e svanirono.

Tornò la realtà, che si sforzò di dare a intendere di non essersene mai andata. Ondata su ondata, il silenzio si ristabilì come uno spesso velluto. Un silenzio grave, riecheggiante. Qualche libro venne giù pesantemente, vergognandosi.

Sotto i piedi della bambina il pavimento era senza alcun dubbio di legno. Lei gli sferrò un calcio per accertarsene.

Per terra c’era una pozza di sangue e nel mezzo era steso immobile Simon. Esk prima abbassò gli occhi su di lui, poi li alzò verso l’aria immota, quindi li volse verso la verga. Che aveva un’aria compiaciuta.

La piccola sentì il suono di voci lontane e di passi rapidi che si avvicinavano.

Una mano simile a un guanto di morbida pelle s’insinuò piano nella sua e una voce disse con grande dolcezza: — Ook. — Lei si voltò e si trovò davanti la faccia gentile, a forma di cilindro, del bibliotecario. Che si portò un dito alle labbra in un gesto inconfondibile e la tirò piano per la mano.

— L’ho ucciso! — bisbigliò Esk.

Il bibliotecario scosse la testa e continuò a tirarla con insistenza.

— Ook — spiegò. — Ook.

La trascinò per una corsia laterale nel labirinto di antiche scaffalature, pochi secondi prima che un gruppo di maghi anziani, attirati dal rumore, girassero l’angolo.

— I libri hanno fatto di nuovo gazzarra…

— Oh, no! Ci vorrà un’eternità per ricatturare tutti gli incantesimi, sapete che se ne vanno a trovare dei posti dove nascondersi…

— Chi è quello sul pavimento?

Seguì una pausa.

— È privo di sensi. A giudicare dall’apparenza, deve essere stato colpito da uno scaffale.

— Chi è?

— Quel ragazzo nuovo. Sai, quello che dicono abbia un gran cervellone!

— Se lo scaffale fosse stato appena più vicino, saremmo in grado di vedere se avevano ragione.

— Voi due, portatelo all’infermeria. Voi altri rimettete a posto questi libri. Dov’è quel dannato bibliotecario? Dovrebbe sapere molto bene che non bisogna lasciare che si formi una Massa Critica.

Esk diede un’occhiata in tralice all’orangutan, che la ricambiò muovendo su e giù le sopracciglia. Tirò fuori dagli scaffali dietro di lui un polveroso volume di incantesimi sul giardinaggio, estrasse dallo spazio dietro una banana matura e se la mangiò con la tranquilla soddisfazione di uno il quale sa che, qualunque siano i problemi, essi riguardano essenzialmente gli esseri umani.

Esk rivolse lo sguardo alla verga che teneva in mano e serrò le labbra. Sapeva che la sua presa non aveva scivolato. La verga aveva tirato una stoccata a Simon, con l’intenzione omicida nel suo cuore di legno.

Il ragazzo era steso su un letto duro in una stanzetta, con un tovagliolo bagnato di acqua fredda sulla fronte. Treatle e Tagliangolo lo guardavano attenti.

— Da quanto tempo è così? — chiese Tagliangolo.

Treatle scrollò le spalle. — Tre giorni.

— E non si è svegliato nemmeno una volta?

— No.

Il grande mago si sedette pesantemente sul bordo del letto e si pizzicò l’attaccatura del naso. L’aspetto di Simon non era mai stato particolarmente florido, ma adesso il suo viso era incavato da far paura.

— Una mente brillante, la sua — osservò. — La sua spiegazione dei principi fondamentali della magia e della materia… stupefacente davvero.

Treatle annuì.

— Il modo in cui assorbe la conoscenza — seguitò l’altro. — Sono stato tutta la vita un mago attivo, ma posso dire di non avere mai veramente compreso la magia finché lui non l’ha spiegata. Così chiaro. Così, be’, ovvio.

— Dicono tutti lo stesso — osserva Treatle. — Dicono che è come togliersi una benda dagli occhi e vedere per la prima volta la luce del giorno.

— Esatto — convenne Tagliangolo. — Lui ha la stoffa dell’incantatore, questo è sicuro. Avevi ragione a portarlo qui.

Una pausa.

— Solo… — cominciò Treatle.

— Solo che? — lo incalzò Tagliangolo.

— Solo che cos’è che hai capito? E questo ciò che mi turba. Voglio dire, sei in grado di spiegarlo?

— Cosa intendi per spiegarlo? — domandò inquieto l’altro.

— Di che cosa lui continua a parlare. — C’era una nota di disperazione nella voce di Treatle. — Oh, è tutto vero, lo so. Ma che cosa è esattamente?

Tagliangolo lo guardò a bocca aperta. Alla fine rispose: — Oh, è facile. La magia riempie l’universo, capisci, e ogni volta l’universo cambia. No, cioè, ogni volta che si invoca la magia, l’universo cambia, solo che lo fa in tutte le direzioni contemporaneamente, capisci? e… — fece un gesto incerto con le mani, cercando di cogliere una scintilla di comprensione sul viso di Treatle. — Per metterla in un altro modo, ogni parte della materia, come un’arancia o il mondo o, o…