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"No, certo" convenne Aenea. "Avrebbero dovuto chiedere il permesso. Tu cosa avresti risposto?"

"Che andassero a fottersi da soli" dissi, rendendomi conto, mentre parlavo, dell’assurdità di quel suggerimento applicato a intelligenze autonome.

Aenea sorrise di nuovo. "Di sicuro non ti sarà sfuggito che da più di mille anni usiamo per i nostri scopi il loro potere mentale! Non credo che qualcuno abbia chiesto il permesso ai loro antenati, quando abbiamo creato le prime IA di silicio o le prime entità a bolla magnetica e DNA, se è per questo."

Gesticolai con rabbia. "Non è la stessa cosa!"

"Certo. Il gruppo di IA dette Finali ha creato problemi alla specie umana in passato e li creerà in futuro, compresi i tentativi di uccidere te e me. Ma è solo una parte del Nucleo."

Scossi la testa. "Non capisco, ragazzina" dissi, in tono ora più calmo. "Sostieni davvero che esistono IA buone e IA cattive? Dimentichi che hanno preso realmente in esame la possibilità di distruggere la specie umana? E che possono ancora farlo, se ci considerano un ostacolo? Per me questo li rende nemici dell’uomo."

Aenea mi toccò di nuovo il ginocchio. Ora nei suoi occhi non c’era traccia di divertimento. "Non dimenticare, Raul, che anche l’uomo è andato molto vicino a distruggere la specie umana. Capitalisti e comunisti erano pronti a far saltare in aria la Terra, quando la Terra era l’unico pianeta da noi abitato. E per cosa?"

"Già" dissi debolmente "però…"

"E mentre parliamo, la Chiesa è pronta a distruggere gli Ouster. Genocidio… su una scala che la nostra specie non ha mai visto."

"La Chiesa, e un mucchio di altri, non considera esseri umani gli Ouster."

"Sciocchezze" ribatté Aenea, brusca. "Certo che sono esseri umani. Si sono evoluti dalle comuni origini umano-terrestri, proprio come le IA del TecnoNucleo. Tutt’e tre le specie sono orfani nella tempesta."

"Tutt’e tre le specie…" ripetei. "Cristo, Aenea, anche il Nucleo rientra nella tua definizione di specie umana?"

"L’abbiamo creato noi" disse lei, piano. "All’inizio abbiamo usato DNA umano per aumentare il potere di calcolo delle IA, la loro intelligenza. Avevamo i robot. Quelli hanno creato cìbridi dal DNA umano e da personalità IA. Proprio ora abbiamo al potere una istituzione umana che dà tutta la gloria e pretende tutto il potere per la sua lealtà e il suo legame verso Dio… l’Intelligenza Finale umana. Forse il Nucleo si trova in una simile situazione, con i Finali al comando."

Rimasi a guardarla come un allocco. Non capivo.

Aenea mi mise sul ginocchio anche l’altra mano: sentivo le forti dita, attraverso il tessuto di saia dei calzoni. "Raul, ricordi cosa disse Ummon al secondo cìbrido Keats? È riportato fedelmente nei Canti. Ummon parlava in una sorta di koan zen… o almeno è così che zio Martin l’ha trascritto."

Chiusi gli occhi per ricordare quella parte del poema epico. Era passato molto tempo da quando nonna e io facevamo a turno a recitarlo intorno al fuoco di bivacco del nostro carrozzone.

Mentre le parole mi si formavano nella memoria, Aenea mi anticipò: "Ummon disse al secondo cìbrido Keats:

"[Devi capire/

Keats/

la nostra sola possibilità

era di creare un ibrido

Figlio d’Uomo/

Figlio di Macchina\\

E rendere quel rifugio così allettante

che l’Empatia in fuga

non avrebbe considerato altra casa/\

Una coscienza già quasi divina

come l’umanità ha offerto in trenta

generazioni\

un’immaginazione che può attraversare

spazio e tempo\\

E così offrendo/

e unendosi/

forma un legame fra mondi

che forse permetterà

a quel mondo d’esistere

per entrambi]."

Mi lisciai la guancia e meditai. Il vento notturno faceva muovere le pieghe di tela dell’ingresso del riparo di Aenea e portava dal deserto piacevoli profumi. Insolite stelle pendevano sulle vecchie montagne della Terra stagliate all’orizzonte.

"L’Empatia era ritenuta il componente in fuga della Intelligenza Finale umana" dissi con lentezza, come se risolvessi una crittografia. "Parte della nostra coscienza umana evolutasi nel futuro, tornata indietro nel tempo."

Aenea mi guardò.

"L’ibrido era il cìbrido John Keats" continuai. "Figlio d’Uomo e di Macchina."

"No" disse Aenea, piano. "Questo è il secondo malinteso di zio Martin. I cìbridi Keats non furono creati per essere il rifugio dell’Empatia in questa epoca. Furono creati per essere lo strumento di quella fusione tra il Nucleo e la specie umana. Per fare un figlio, in altre parole."

Guardai le mani di quella ragazzina, posate sul mio ginocchio. "Allora tu sei la coscienza ’quasi divina come l’umanità ha offerto in trenta generazioni’?"

Aenea si strinse nelle spalle.

"E hai… ’un’immaginazione che può attraversare spazio e tempo’?"

"Tutti gli esseri umani ce l’hanno" disse Aenea. "Solo che io, quando sogno e immagino, riesco a vedere cose che accadranno davvero. Non ti ho già detto che ricordo il futuro?"

"Già."

"Bene, in questo stesso istante ricordo che fra alcuni mesi sognerai questa conversazione, disteso in un letto, in preda a terribili dolori purtroppo, su un pianeta dal nome complicato, in una casa dove tutte le persone vestono di azzurro."

"Dove?"

"Lascia perdere. Avrà un senso quando accadrà. Tutte le improbabilità hanno un senso, quando le onde di probabilità collassano nell’evento."

"Aenea" mi sentii dire, mentre volavo in cerchi ancora più alti sulla casa nel deserto, guardando me stesso e la ragazzina rimpicciolire "dimmi qual è il tuo segreto… il segreto che ti rende messia, legame fra mondi’."

"E va bene, Raul, amore mio" disse lei, comparendomi a un tratto come donna adulta, l’attimo prima che fossi troppo in alto per scorgere i particolari o udire le singole parole sopra il fruscio dell’aria contro le mie ali di sogno. "Te lo dirò. Ascolta."

9

Dopo quattro traslazioni nei sistemi Ouster, per la task force Gedeone il massacro era diventato una scienza.

Il padre capitano de Soya sapeva, dai corsi di storia militare alla Scuola di comando della Flotta della Pax, che quasi tutti gli scontri spaziali combattuti a più di una unità astronomica da un pianeta, luna, asteroide o punto strategico, avvenivano di comune accordo. Ricordava che la stessa cosa era valida per il primitivo naviglio oceanico sulla Vecchia Terra pre-Egira, dove la maggior parte delle grandi battaglie navali era stata combattuta in vista della terraferma sugli stessi fatali campi d’acqua; solo la tecnologia delle navi di superficie era lentamente cambiata, dalle triremi greche alle corazzate dallo scafo di ferro. Le portaerei, con i loro cacciabombardieri a lungo raggio, avevano cambiato per sempre lo stato di cose, consentendo alle armate navali di colpirsi a vicenda in mare aperto e da grande distanza; ma quelle battaglie erano molto diverse dai leggendari scontri navali dove le grosse navi da guerra si scambiavano cannonate in vista l’una dell’altra. Anche prima che missili Cruise, testate nucleari tattiche e rudimentali armi a particelle caricate ponessero per sempre fine all’era del naviglio combattente oceanico di superficie, le flotte della Vecchia Terra avevano nostalgia dei tempi delle bordate roventi e del mirino.

La guerra spaziale aveva riportato in auge gli scontri concordati. Le grandi battaglie ai tempi dell’Egemonia — riguardassero le antiche guerre intestine contro il generale Horace Glennon-Height e tipi della sua risma o i secoli di guerra fra i mondi della Rete e gli sciami Ouster — si erano svolte solitamente nelle vicinanze di un pianeta o di un teleporter situato nello spazio. E le distanze fra i contendenti, considerati gli anni luce e i parsec percorsi dalle flotte da guerra, erano assurdamente brevi, centinaia di migliaia di chilometri, a volte decine di migliaia, spesso ancora meno. Ma quell’avvicinarsi al nemico era necessario, dato il tempo occorrente a una lancia laser alimentata a energia di fusione, ai raggi d’energia CPB o ai comuni missili d’assalto per superare anche una sola unità astronomica — sette minuti, perché la luce percorresse la distanza tra l’ipotetico colpo mortale e il bersaglio, un tempo molto più lungo anche per il missile a più alta spinta — dove la caccia, l’inseguimento e la distruzione del bersaglio potevano richiedere giorni di ricerca e di contromisure, di attacchi e di parate. Navi con risorse C-più non avevano alcun incentivo a trattenersi nello spazio nemico in attesa di missili autocercanti e la restrizione sulle IA nelle testate, sostenuta dalla Chiesa, rendeva nel migliore dei casi problematica l’efficacia di quelle armi. Così la forma delle battaglie spaziali nel corso dei secoli dell’Egemonia era stata semplice: flotte che traslavano nello spazio controverso e che trovavano altre flotte traslate o difese planetarie più statiche; un rapido avvicinamento a distanze più micidiali; un breve ma terribile scambio di colpi a energia; l’inevitabile ritirata delle forze più danneggiate — o la distruzione totale, se le forze difensive non avevano dove ritirarsi — seguita dal consolidamento dello spazio conquistato da parte della flotta vittoriosa.