Изменить стиль страницы

Un Templare si avvicinò, vide lo scintillio del bracciale d'accesso di Gladstone, quando lei mosse la mano, e si ritrasse: una figura alta, con una lunga veste, che si confuse di nuovo nel labirinto di verzura e di rampicanti.

I Templari costituivano una delle variabili più infide, nel gioco di Gladstone. Il sacrificio della loro nave-albero Yggdrasill era stato un atto unico, senza precedenti, inesplicabile e preoccupante. Di tutti i potenziali alleati di Gladstone nella guerra a venire, nessuno era più necessario e imperscrutabile dei Templari. Dedicata alla vita e devota al Muir, la Confraternita dell'Albero era una forza piccola ma potente, nella Rete: un simbolo di coscienza ecologica, in una società dedicata all'autodistruzione e allo spreco, ma incapace di ammetterlo.

"Dov'era, Het Masteen?" si domandò Gladstone. "Perché aveva lasciato agli altri pellegrini il cubo di Moebius?"

Guardò sorgere il sole. Il cielo si riempì di montgolfier salvati dal massacro su Whirl, dal corpo di svariate tonalità, che si librarono nel cielo come un banco di fisalie. Ragnatelidi luminosi spalancarono le ali solari, sottili come membrane, per catturare la luce del sole. Uno stormo di corvi uscì all'aperto e si alzò a spirale, con un gracchiare che faceva da stridulo contrappunto al mormorio della brezza e al sibilo della pioggia che giungeva da ovest. L'insistente picchiettio di gocce sulle foglie ricordò a Gladstone la casa nei delta di Patawpha e il Monsone di Cento Giorni che mandava nelle paludi lei e i fratelli, a caccia di rospi aviatori, di bendit e di serpi del muschio nero da portare a scuola in un barattolo di vetro.

Per la milionesima volta Gladstone si rese conto che c'era il tempo per fermare tutto. A quel punto la guerra totale non era inevitabile. Gli Ouster non avevano ancora contrattaccato in un modo che l'Egemonia non avrebbe potuto ignorare. Lo Shrike non era libero. Non ancora.

Per salvare cento miliardi di vite le bastava tornare al Senato, rivelare tre decenni d'inganno e di doppiezza, rivelare le proprie paure e incertezze…

"No. Tutto sarebbe andato secondo i piani… fin dove arrivavano i piani, e oltre. L'imprevisto. Le acque violente del caos, dove perfino i previsori del TecnoNucleo, coloro che tutto vedevano, sarebbero stati ciechi."

Gladstone percorse le piattaforme, le torri, le rampe, i ponti dondolanti della città albero dei Templari. Arboricoli provenienti da decine di mondi e scimpanzé ARNizzati la rimbrottarono e fuggirono dondolando graziosamente appesi a fragili liane trecento metri sopra il tappeto della foresta. Da zone chiuse ai turisti e ai visitatori privilegiati provennero l'aroma d'incenso e le salmodie simili a canti gregoriani delle funzioni mattutine. In basso, i livelli inferiori si riempivano di luce e di movimento. Il breve acquazzone era passato. Gladstone tornò ai livelli superiori, rallegrandosi del panorama, e attraversò il ponte sospeso di sessanta metri, in legno, che univa il suo albero a un altro anche più grande, al quale erano legati cinque o sei grossi palloni ad aria calda, unico mezzo di trasporto permesso dai Templari su Bosco Divino; i palloni, con le navicelle passeggeri che dondolavano come pesanti uova marrone, parevano impazienti di volare; il loro involucro era piacevolmente dipinto a disegni di creature dell'aria: montgolfier, farfalle imperatrici, tommifalchi, ragnatelidi radianti, gli ormai estinti zeplen, seppie celesti, falene lunari, aquile — così leggendarie da non essere mai state ricuperate e ARNizzate — e altre ancora.

"Tutto questo potrebbe essere distrutto, se procedo. Anzi, sarà certamente distrutto!"

Gladstone si soffermò sul bordo di una piattaforma circolare e strinse la ringhiera, con tanta forza che sulle mani le macchie dell'età risaltarono contro la pelle a un tratto sbiancata. Pensò ai libri antichi, pre-Egira, pre-volo spaziale, che aveva letto: gente di nazioni embrioniche del continente europeo aveva portato gente più scura, africani, lontano dalla propria casa, a una vita di schiavitù nell'Occidente coloniale. Avrebbero, questi schiavi incatenati e ammanettati, nudi e rannicchiati nel ventre puzzolente di una nave schiavista… avrebbero esitato a ribellarsi, ad abbattere chi li aveva catturati, se l'azione significava distruggere la bellezza della nave schiavista… dell'Europa stessa?

"Ma avevano l'Africa, in cui tornare."

Meina Gladstone emise un suono in parte gemito, in parte singhiozzo. Girò di scatto le spalle alla splendida aurora, alle salmodie che salutavano il nuovo giorno, all'ascesa delle mongolfiere viventi e artificiali, guardò il giorno appena sorto e scese nella relativa oscurità per chiamare il teleporter.

Non poté andare nel mondo di provenienza dell'ultimo pellegrino, Martin Sileno. Il poeta aveva solo centocinquanta anni, era mezzo azzurro a causa dei trattamenti Poulsen, le sue cellule ricordavano il gelo di decine di lunghi periodi di crio-fuga e di animazione sospesa ancora più gelida, ma il suo arco di vita comprendeva più di quattro secoli. Era nato sulla Vecchia Terra, durante gli ultimi giorni del pianeta; la madre proveniva da una delle famiglie più nobili; la sua giovinezza era stata un pastiche di decadenza e di eleganza, di bellezza e del dolce profumo della rovina. Mentre la madre restava sulla Terra morente, lui era stato inviato nello spazio in modo che qualcuno saldasse i debiti di famiglia, anche se questo significava, come significò, anni di servizio in veste di manovale in uno dei più infernali mondi periferici della Rete.

Gladstone non poté andare su Vecchia Terra, così andò su Porta del Paradiso.

Piana Fangosa era la capitale: Gladstone ne percorse le strade acciottolate, ammirò le case vecchie e spaziose sporgenti sugli stretti canali scavati nella pietra che s'intersecavano fino alla montagna artificiale, con un effetto simile a una stampa di Escher. Alberi maestosi e felci ancora più grandi incoronavano le alture, fiancheggiavano i viali ampi e bianchi, si estendevano fuori vista attorno all'elegante curva di candide spiagge. La pigra marea portava onde violacee che si scomponevano in decine di colori prima di morire sulla sabbia perfetta.

Gladstone si soffermò in un parco prospiciente la Passeggiata, dove decine di coppiette e di turisti ben vestiti prendevano l'aria della sera, sotto le lampade a gas e l'ombra delle foglie, e immaginò quel che Porta del Paradiso era stato più di tre secoli prima, quando era un rozzo mondo del Protettorato, non ancora del tutto terraformato, e il giovane Martin Sileno, ancora sofferente di dislocazione culturale, della perdita dei propri beni e dei danni cerebrali dovuti allo Choc da Animazione Sospesa del lungo viaggio interstellare, vi lavorava come schiavo.

La Stazione Generatrice d'Atmosfera a quel tempo aveva fornito alcune centinaia di chilometri cubici d'aria respirabile e di terra su cui era appena possibile vivere. Gli tsunami portavano via, con identica indifferenza, intere città, progetti di trasformazione territoriale e lavoratori. Operai sotto contratto, come Sileno, scavavano i canali di acido, grattavano batteri per riciclo-respirazione dal labirinto di polmotubature sotto il fango e dragavano scorie e cadaveri dai depositi fangosi lasciati dalle inondazioni.

"Abbiamo fatto progressi" pensò Gladstone "nonostante l'inerzia imposta dal Nucleo. Nonostante che la scienza sia quasi morta. Nonostante la nostra fatale dipendenza dai giocattoli concessici dalle nostre stesse creazioni."

Era insoddisfatta. Prima di terminare la passeggiata per i mondi, aveva voluto visitare la patria di ciascun pellegrino su Hyperion, per quanto convinta della futilità del gesto. Porta del Paradiso era il mondo dove Sileno aveva imparato a scrivere vera poesia, seppure con la mente temporaneamente danneggiata, ma non era la sua patria.