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"Hai pensato" si disse "che rischi di ucciderlo, se riesci a spezzare questa roba?"

Colpì di nuovo. I passi si fermarono alla base della scala.

Brawne ansimava per lo sforzo. Dalla fronte e dalle guance il suo sudore sgocciolava sul petto del poeta dormiente.

"E non mi sei nemmeno simpatico" pensò ancora, rivolgendosi a Martin Sileno. Colpì di nuovo. Era come amputare la zampa di un elefante di metallo.

Lo Shrike cominciò a salire la scala.

Brawne si mise quasi in piedi e aggiunse tutta la forza del proprio peso in un colpo che quasi le slogò la spalla e le spezzò il polso e le fratturò altre piccole ossa nella mano.

E recise il cordone ombelicale.

Liquido rosso troppo poco viscoso per essere sangue schizzò le gambe di Brawne e la pietra bianca. Il cordone reciso ancora sporgente dalla parete si contrasse e frustò l'aria come un tentacolo, prima di giacere mollemente e poi ritrarsi, serpente sanguinante che scivolava in un buco che smise di esistere non appena il cordone ombelicale fu fuori vista. Il mozzicone ancora attaccato allo shunt neurale di Sileno appassì in cinque secondi, morì e si contrasse come una medusa fuor di acqua. Un liquido rosso spruzzò il viso e le spalle del poeta e si mutò in blu sotto gli occhi di Brawne.

Le palpebre di Martin Sileno si contrassero; gli occhi si spalancarono come quelli di un gufo.

— Ehi, Brawne — disse il poeta — quella merda di Shrike è proprio dietro di te!

Gladstone si teleportò nel suo alloggio privato ed entrò subito nello stanzino astrotel. Due messaggi l'attendevano.

Il primo proveniva dallo spazio di Hyperion. Gladstone batté le palpebre, quando la voce calma dell'ex governatore generale di Hyperion, il giovane Lane, riferì un breve riassunto dell'incontro con il Tribunale Ouster. Si appoggiò alla spalliera del sedile di pelle e si portò alle guance i pugni, mentre Lane ripeteva la smentita degli Ouster. Non erano loro, gli invasori. Lane completò il messaggio con una breve descrizione dello Sciame ed espresse il parere che gli Ouster dicessero la verità, ammise che la sorte del Console era ancora ignota e chiese disposizioni.

— Risposta? — domandò il computer astrotel.

— Messaggio ricevuto — disse Gladstone. — Trasmettere: "Tenersi pronti" in codice diplomatico monouso.

Passò al secondo messaggio.

L'ammiraglio William Ajunta Lee apparve in una frammentaria proiezione bi-di, ovviamente perché il trasmettitore astrotel della nave lavorava a energia ridotta. Gladstone vide dalle colonne dati periferiche che la raffica era stata incorporata fra le trasmissioni telemetriche standard della flotta: a lungo andare i tecnici della FORCE avrebbero notato la discrepanza nella somma di controllo, ma forse sarebbero passate ore o addirittura giorni.

Il viso di Lee era insanguinato e lo sfondo era scuro di fumo. Dalla confusa immagine in bianco e nero, Gladstone ritenne che l'ammiraglio trasmettesse da uno scomparto di attracco dell'incrociatore. Sul banco da lavoro metallico alle spalle di Lee giaceva un cadavere.

— …un effettivo di marines è riuscito ad abbordare uno dei loro cosiddetti lancer — ansimò Lee. — Hanno davvero equipaggio… cinque individui per nave… e sembrano davvero Ouster; ma guardi cosa succede quando cerchiamo di fare l'autopsia. — Il quadro cambiò e Gladstone capì che Lee adoperava un'olocamera portatile collegata al trasmettitore astrotel. Ora Lee era fuori quadro e lei vedeva il viso livido e martoriato di un cadavere Ouster. Dal sangue fuoruscito dagli occhi e dalle orecchie, Gladstone dedusse che l'Ouster era morto per decompressione esplosiva.

Comparve la mano di Lee, riconoscibile dalla treccia di ammiraglio sulla manica, con un bisturi laser. Il giovane comandante non si preoccupò di rimuovere l'abbigliamento: praticò al cadavere una incisione verticale dallo sterno in giù.

La mano col laser si ritrasse e l'olocamera si stabilizzò: nel cadavere dell'Ouster iniziò una reazione. Ampie chiazze cominciarono a bruciare senza fiamma sul petto, come se il laser avesse dato fuoco ai vestiti. Poi l'uniforme bruciò completamente e fu subito chiaro che il petto dell'uomo ardeva in fori irregolari sempre più larghi e da quei fori splendeva una luce così vivida che l'olocamera portatile fu costretta a mettere al minimo la ricettività. Ora bruciavano anche parti del cranio, lasciando immagini secondarie nello schermo astrotel e nella retina di Gladstone.

L'olocamera smise di riprendere prima che il cadavere si consumasse, come se il calore fosse troppo intenso. Il viso di Lee galleggiò a fuoco. — Ecco, signora. Con tutti i cadaveri si è verificata la stessa cosa. Non abbiamo catturato nessun nemico vivo. Ancora non abbiamo scoperto il centro dello Sciame, abbiamo trovato solo altre navi da guerra, e ritengo che…

L'immagine scomparve e le colonne dati dissero che la raffica si era interrotta a metà trasmissione.

— Risposta?

Gladstone scosse la testa e aprì lo stanzino. Tornata nello studio, guardò con desiderio il divano, ma si sedette alla scrivania, sapendo che se avesse chiuso gli occhi per un secondo si sarebbe addormentata. Sedeptra la chiamò sulla frequenza privata e disse che il generale Morpurgo aveva bisogno di parlare con il PFE di questioni urgenti.

Il lusiano entrò e cominciò ad andare avanti e indietro per l'agitazione. — Signora, capisco il suo ragionamento nell'autorizzare l'uso della neurobomba, ma devo protestare.

— Perché, Arthur? — domandò Gladstone, chiamandolo per nome per la prima volta in settimane.

— Perché, maledizione, non ne conosciamo i risultati. È troppo pericoloso. Ed è… è immorale.

Gladstone inarcò il sopracciglio. — Perdere miliardi di cittadini in una guerra di logorio sarebbe morale, ma usare quell'aggeggio per uccidere milioni di nemici sarebbe immorale? È questa, Arthur, la posizione della FORCE?

— È la mia posizione, signora.

Gladstone annuì. — Capisco e prendo nota, Arthur. Ma la decisione è stata presa e sarà attuata. — Vide il vecchio amico scattare sull'attenti e prima che il generale aprisse bocca per protestare o, più probabilmente, per presentare le dimissioni, Gladstone disse: — Faresti una passeggiata con me, Arthur?

Il generale della FORCE rimase sconcertato. — Una passeggiata? Perché?

— Abbiamo bisogno di aria fresca. — Senza attendere risposta, Gladstone andò al teleporter privato, azionò il diskey manuale e passò dall'altra parte.

Morpurgo varcò il portale opaco, fissò l'erba dorata che gli arrivava alle ginocchia e si estendeva fino all'orizzonte lontano, alzò il viso verso il cielo color giallo zafferano dove nubi cumuliformi color bronzo si levavano in guglie frastagliate. Alle sue spalle, il portale scomparve: ne segnò la posizione solo un diskey di controllo alto un metro, l'unica cosa fatta dall'uomo visibile nella distesa di erba dorata e di cielo pieno di nuvole. — Dove diavolo siamo? — domandò Morpurgo.

Gladstone aveva strappato un filo di erba e lo masticava. — Kastrop-Rauxel. Non ha sfera dati, marchingegni orbitanti, abitazioni umane o mecc di qualsiasi genere.

Morpurgo sbuffò. — Tanto non sarà più al sicuro dalla sorveglianza del Nucleo del posto in cui Byron Lamia soleva portarci, Meina.

— Forse no — convenne Gladstone. — Arthur, ascolta. — Mise in azione le registrazioni comlog delle due trasmissioni astrotel appena ricevute.

Al termine, quando il viso di Lee scomparve bruscamente, Morpurgo si allontanò nell'erba alta.

— Allora? — disse Gladstone, affrettandosi per stargli dietro.

— Così i corpi degli Ouster si autodistruggono nel modo tipico dei cadaveri cìbridi. E con ciò? Credi che il Senato o la Totalità l'accetteranno come prova del fatto che dietro l'invasione c'è il Nucleo?

Gladstone sospirò. L'erba aveva un aspetto morbido, invitante. Immaginò di distendersi e sprofondare in un sonno dal quale non dovesse mai fare ritorno. — È prova sufficiente, per noi. Per il gruppo. — Non era necessario precisare quale. Da quando era entrata al Senato, si erano tenuti in contatto scambiandosi i sospetti sul Nucleo, con la speranza di ottenere un giorno la vera libertà dal dominio delle IA. Sotto la guida del senatore Byron Lamia… Ma era accaduto tanto tempo prima.