L’unica ripresa, fatta dall’interno del piccolo incrociatore di Rackham, mostrava una nave nemica che esplodeva. Nelle bobine non c’era altro. Dozzine di filmati in cui i marines si aprivano la strada entro le buie astronavi nemiche, dozzine di riprese mostranti i corpi degli Scorpioni sparsi ovunque. Ma nulla in cui si vedesse uno Scorpione ucciso in combattimento, o comunque in atto di combattere, salvo in brani filmati chiaramente ripresi durante la Prima Invasione. Era frustrante scoprire che proprio la vittoria di Rackham fosse stata così censurata dalla F.I. Alla Scuola di Guerra gli studenti avrebbero avuto molto da imparare da Mazer Rackham, eppure le registrazioni di quella battaglia non c’erano. I servizi segreti non avevano certo fatto un favore a quei ragazzi che si accingevano a emulare le sue imprese belliche.
Come c’era da aspettarsi, appena si sparse la voce che Ender Wiggin studiava i filmati delle vecchie battaglie molti cominciarono a frequentare la videoteca. Per lo più erano i comandanti, e questi esaminavano le stesse registrazioni consultate da lui assumendo l’aria di chi ha capito cosa c’è di interessante e di cui prendere doverosamente nota. Ender li osservò darsi da fare senza dir parola. Anche quando un ragazzo, dopo aver proiettato alcuni video di diversa fattura, si volse a chiedergli: — Secondo te, questi riguardano tutti la stessa battaglia? — Lui si limitò a scrollare le spalle come se la cosa fosse irrilevante.
Fu durante l’ultima ora d’addestramento del settimo giorno, poche ore dopo che l’orda di Ender aveva vinto la sua settima battaglia, che il maggiore Anderson in persona entrò in videoteca. Consegnò un documento a uno dei comandanti seduti davanti agli schermi e poi si volse a Ender: — Il colonnello Graff vuole vederti subito nel suo ufficio.
Ender si alzò e tenne dietro ad Anderson lungo i corridoi. Il maggiore poggiò una mano sullo scanner della porta che separava i quartieri degli studenti da quelli degli ufficiali, e poco dopo furono davanti a Graff, che li attendeva seduto su una sedia girevole imbullonata al pavimento. Lo stomaco rigonfio metteva a dura prova le cuciture della sua uniforme, e Ender sbatté le palpebre nell’osservarlo. Graff non gli era parso particolarmente grasso la prima volta che l’aveva visto, appena quattro anni addietro. L’età e la tensione non erano state molto gentili con il direttore della Scuola di Guerra.
— Sono trascorsi sette giorni dalla tua prima battaglia, Ender — disse Graff.
Il ragazzo non fece commenti.
— E tu hai vinto sette battaglie, una al giorno.
Ender annuì.
— Inoltre, i tuoi punteggi sono insolitamente alti.
Lei sbatté appena le palpebre.
— Comandante, a cosa attribuisci i tuoi notevoli successi?
— Mi avete dato un’orda che riesce a fare qualunque cosa io pensi di farle fare.
— E cos’hai pensato di farle fare?
— Ci orientiamo come se la porta del nemico fosse in basso e usiamo le gambe come uno scudo. Evitiamo di manovrare in formazione e ci basiamo sulla mobilità. È stata d’aiuto anche la suddivisione in cinque branchi di otto elementi, invece che in quattro di dieci. Inoltre, i nostri avversari non hanno ancora avuto il tempo di adattarsi validamente alle nuove tecniche, e i primi li abbiamo sconfitti usando sempre gli stessi stratagemmi. Questa situazione perciò non ci aiuterà a lungo.
— Dunque non ti aspetti di continuare a vincere.
— Non con gli stessi metodi.
Graff annuì. — Siedi, Ender.
Lui e Anderson presero due poltroncine. Graff guardò il collega, e fu questi a fare la domanda successiva: — In che condizioni è la tua orda, dopo tutte queste battaglie consecutive?
— Oggi si possono considerare tutti veterani.
— Ma come reagiscono? Sono stanchi?
— Se lo sono, rifiutano di ammetterlo.
— Le loro capacità e i loro riflessi sono ancora al meglio?
— Siete voi a controllare i giochi che il computer gioca con la loro mente. Dovreste dirlo voi a me.
— Noi sappiamo già quello che sappiamo. Ciò che vogliamo sapere è quello che sai tu.
— Questi sono bravi soldati, maggiore Anderson. Sono certo che hanno dei limiti, ma ancora non li hanno raggiunti. Alcuni dei più giovani hanno ancora difficoltà a padroneggiare certe tecniche di base, ma lavorano sodo e migliorano. Cosa vuole che le dica, che hanno bisogno di riposo? È ovvio che un paio di settimane senza battaglie non gli farebbero male. I loro studi sono andati alla malora; nessuno di noi combina molto quando si va in aula. Ma questo voi lo sapete, e sembra chiaro che non v’importa, così perché dovrei preoccuparmene io?
Graff e Anderson si scambiarono un’occhiata. — Ender, perché ti sei messo a studiare i video delle guerre contro gli Scorpioni?
— Per aggiornarmi in strategia, naturalmente.
— Quei filmati sono stati fatti a scopi propagandistici. Tutta la nostra strategia ne è stata tagliata via.
— Lo so.
Graff e Anderson tornarono a guardarsi. Graff tambureggiò con le dita sulla scrivania. — Non giochi più la partita di fantasia — disse.
Ender non rispose.
— Dimmi perché hai smesso di giocarla.
— Perché ho vinto.
— Tu non hai vinto tutto in quella partita. C’è sempre dell’altro.
— Ho vinto tutto.
— Ender, noi vorremmo aiutarti a sentirti realizzato il più possibile, ma se tu…
— Voi volete fare di me il miglior soldato possibile. Andate giù a dare un’occhiata alle classifiche. Confrontatele con quelle di altri dalla fondazione della Scuola in poi. Non c’è dubbio che con me avete fatto un lavoro eccellente. Congratulazioni. Ora, quando intendete farmi combattere contro una buona orda?
Le labbra rigide di Graff si piegarono in un sorrisetto, e il suo stomaco sussultò un attimo a una risata silenziosa.
Anderson consegnò a Ender un foglio. — Adesso — lo informò.
— L’inizio è fra dieci minuti — disse Ender. — I miei soldati hanno appena finito l’addestramento; saranno tutti nelle docce.
Graff sorrise. — Allora meglio che ti sbrighi, ragazzo.
Cinque minuti più tardi piombò nella camerata dei Draghi. Quasi tutti si stavano vestendo dopo aver fatto la doccia, alcuni erano già andati in sala giochi o in videoteca ad aspettare l’ora del pranzo. Lui mandò tre dei più giovani a richiamarli, e fece indossare agli altri la tuta da battaglia il più in fretta possibile.
— Questo è uno scontro duro, e siamo a corto di tempo — disse. — Hanno mandato l’avviso a Bonzo almeno venti minuti fa, il che significa che quando arriveremo in sala di battaglia loro saranno dentro già da cinque minuti.
I ragazzi erano offesi, e se ne lamentarono ad alta voce nel linguaggio che solitamente in presenza del comandante evitavano. — Cosa Cristo li morde, quei figli di puttana? Vogliono vederci con culo in terra? O si sono fottuti il cervello tutti quanti?
— Lasciate perdere. Avremo tempo stasera per imprecare. Siete stanchi?
«Mosca» Molo fece una smorfia. — Abbiamo lavorato duro fin’adesso. Per non parlare della batosta che abbiamo dato ai Furetti stamattina.
— Nessuno ha mai fatto due battaglie nello stesso giorno — disse Tom il Matto.
Ender replicò nello stesso tono: — Nessuno ha mai sconfitto i Draghi, però. Questa è la vostra grossa occasione. Volete gettarla via? — La sua dura sfida era la risposta alle loro lamentele: prima vincere, e le recriminazioni farle in seguito.
Adesso in camerata c’erano tutti, e stavano finendo di vestirsi. — Muoversi, uomini! — gridò Ender, e i ragazzi lo seguirono di corsa nei corridoi che portavano alla sala di battaglia, chi allacciandosi la tuta e chi controllando la pistola. Molti di loro avevano il fiato grosso; brutto segno, l’orda era troppo stanca per quella battaglia. Trovarono la porta già aperta, e nell’interno non era visibile nessuna stella: uno spazio del tutto vuoto, e l’illuminazione della sala era abbagliante. Niente ripari e niente penombra per nascondersi.